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ANTONIO DA CAPRACOTTA

(Capracotta, 1582 - Foggia, 1632)

Predicatore cappuccino

Dopo una lodevole vita, colla quale illustrò la sua Provincia di Sant'Angelo, ottenne di terminare in quest'anno i suoi giorni con una felicissima morte il Padre Frate Antonio da Capracotta Predicatore. Aveva egli sortita un'indole assai inclinata alla pietà; onde coll'ottimo indirizzo de' Genitori insin dalle stesse culle incominciò a temere, ed amar Dio; e crescendo col crescere degli anni questi primi semi di Cristiana pietà, ancor essendo trasportato a Napoli per attendere di grado in grado alle belle lettere, poi alla Filosofia, indi alle Giureprudenza, sempre si mantenne costante nello stesso esemplare tenor di vivere. In fine, sentendosi chiamato internamente all'abbandono del secolo, elesse di servire a Dio tra i Cappuccini della Provincia di Sant'Angelo, e nel giorno consecrato alle glorie di sant'Antonio da Padova col nome del Santo vestì ancora il Serafico Abito. Terminato l'anno della probazione, ed ammesso alla professione de' voti, parvegli, che non fosse sufficiente bersaglio alle mosse del suo fervido desiderio il trattenerli nell'esercizio delle sole comuni asprezze dell'Ordine nostro; ed aspirando a maggiori accrescimenti, intimò colle guide della santa ubbidienza una tal aspra guerra alla propria carne; che parve insino, che la volesse con tutti li suoi sensi, non solo assoggettata, ma quasi annientata sotto il dominio dello spirito. Stendeva i digiuni di solo pane, ed acqua, quasi al giro di tutto l'anno; e se in qualche particolare giorno di Festa doveva per ordine de' Superiori alquanto rallentare il rigore, ed usar qualche indulgenza al suo corpo, credeva di concedergli molto coll'ammettere una sola insipida minestra. Portò sempre in tutte le stagioni dell'anno un solo rappezzato, asprissimo, e logoro Abito, con al di dentro l'intreccio di molte nodose funicelle, per essere in questa guisa insiememente coverto, e del continuo tormentato. Ricusò sempre l'uso de' sandali, ed insinché visse, camminò a piedi affatto ignudi, ancora trattandosi di andar per le nevi, per i ghiacci, per i sassi, e per le spine, e lasciandovi spessissimamente impresse le vestigia del sangue sparso. Frequentissime dippiù, ed insino al sangue erano le sue flagellazioni, non mai dandosi pago d'infierire con nuove fogge di asprissimi patimenti contro del proprio corpo, da lui sempre considerato, e trattato, come suo giuratissimo nemico. Dal perpetuo silenzio, del qual era Osservator tenacissimo, sarebbesi quasi creduto un Uomo senza lingua; perché, sebbene spinto dalla carità, facilissimamente, e spontaneamente si affaccendasse a tutta sua possa nel servigio d'ogni Religioso; ad ogni modo non mai per questo rompeva il suo inviolabile silenzio, ma, impiegato nell'eterne faccende, portava sempre internamente rappresentato Dio alla sua mente, avendo in pronto un qualche celeste mistero, o della passione di Gesucristo, per oggetto continuo delle sue meditazioni. Eseguito quello, che far doveva per le indigenze de' Religiosi, e non essendo in altre cose occupato da i Superiori, ritiravasi a far Orazione nel Coro, ed ivi a molte ore perseverava con estremo contento del suo spirito inebbriato delle celesti dolcezze. Per godere più abbondantemente di queste divine delizie nell'orare, non concedeva alle stanche sue membra, se non un riposo brevissimo; e scendendo nella Chiesa pria del suonare del Mattutino, ed ivi durandola fino al tempo delle prime ore diurne del seguente giorno, se ne stava del tutto immobile, e come affatto privo di senso, non ascoltando quello, che gli si diceva, o faceva d'intorno, ancora con molto strepito. Abitava una volta nel Convento del Vasto; e dopo l'aver celebrata la Messa, facendo il solito suo rendimento di grazie con un lungo esercizio di Orazione mentale, fu rapito in una dolcissima estasi; il che avvertito da un Religioso, che abbisognava dell'opera del Padre Antonio, gli si accostò, lo chiamò ad alta voce, lo scosse ancora con violenza, ma senza che mai l'Estatico ritornasse in se medesimo, né di certo sarebbe stato prestamente restituito all'uso de i sensi, se non fosse sopravvenuto il suo Confessore, alla voce del quale subitamente ubbidì. Questi rapimenti succedevano di frequente al Servo di Cristo tralle sue continue meditazioni, e presso la sua Provincia era in un gran credito di santità; e però il Padre Guardiano dello stesso Convento del Vasto, intendendo un giorno dal Cercatore, che non vi era pane sufficiente per due soli Religiosi, non avendolo potuto trovare dopo le più diligenti sollecitudini nel farne l'accatto, ordinò al Padre Antonio di chiederlo, ed ottenerlo da Dio colle sue Orazioni. Fu eseguito subito il comando dall'ubbidientissimo Padre; ed appena terminata una breve Orazione, ricercata nuovamente quell'arca, nella quale conservavasi il pane, ed era poco dinanzi stata veduta del tutto vuota, fu ritrovata ripiena fino alla sommità di fresco, e bianco piane, provveduto da Dio con evidente miracolo, ed in questo modo fu rimediato, non solo bastevolmente, ma con tutta l'abbondanza alle indigenze de' Frati.

  • S. da Milano, Annali dell'Ordine de' frati minori cappuccini, vol. III, libro II, Frigerio, Milano 1749, pp. 359-360.

La fede umana che, in ossequio al pensiero della Chiesa, attribuiamo alla vita e ai gesti riferiti a p. Antonio da Capracotta, come si leggono nel documento di cui diremo, è una doverosa professione, che suffraga liberamente la presente iniziativa. Venimmo a conoscenza del religioso cappuccino quando, durante un'omelia, padre Celestino Ciricillo, cappuccino anche lui, fece un opportuno riferimento alla vita penitente di Antonio. Sconosciuto al sottoscritto e ai fedeli capracottesi che gremivano la Chiesa, quel solo accenno sollecitò il nostro personale spontaneo interesse, quasi si trattasse di una provvidenziale scoperta. Bastò che ci recassimo presso il Convento dei padri Francescani di Agnone, per avere, insospettatamente, la conferma del riferimento, allorché, p. Andrea De Rosa, superiore di quella Comunità, mise a nostra disposizione il documento storico che, da pagina 587, faceva il profilo del buon religioso. Desunto dall'Archivio storico dei frati minori cappuccini di Foggia (vol. 1), il breve scritto ci offriva di rilevare vita e gesti di p. Antonio, predicatore cappuccino, celebrato ai suoi tempi, e ridotto a un secolare silenzio, nella memoria storica del suo paese d'origine, per quanto ci riguarda direttamente. Là dove il documento propone una rassegna agiografica, cioè dei Santi dell'Ordine, meritevoli degli onori degli altari, la nostra riflessione cadeva di conseguenza su coloro che, pur senza altare - al dire di P. Cipriano De Meo -, coronarono la loro vita in concetto o in odore di santità. Concetto e odore che, in p. Antonio da Capracotta, risulteranno giustificati quando la sola lettura del testo che racconta la terrena vicenda del frate ci porterà dall'ammirazione alla scoperta di un degno figlio di S. Francesco, rivelandosi modello di preghiera, di penitenza e di silenzio, vissuti come vita, come cibo e come estasi. Con fedeltà al documento, la nostra narrazione, necessariamente libera in versione dalla retorica letteraria consentita al biografo, riferisce storicamente integra l'immagine del buon religioso che, come in filigrana, s'indovina nella reale trasparenza della sua illuminata sofferta esistenza. Dal rigore essenziale e lineare del testo originale, alternato da precise citazioni e da nostri frammentari commenti, alla fine, la personalità del frate capracottese riemerge autentica, con quel suo dinamismo di asceta penitente e di esperto maestro di spirito, come l'incarnazione del carismo dell'Ordine. Se questi non è un santo!..., ci è toccato di riflettere, in conclusione, se tutta la storia narrata non fa altro che offrircene un sicuro suggerimento.

  • G. Carugno, Un "santo" per paese. Padre Antonio da Capracotta: 1582-1632, Litterio, Agnone 1996, pp. 5-6.

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