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LA DISMISURA

di Luca Canali (1925-2014)

Nel rapporto domanda-offerta attorno al quale ruota l'intera nostra società, questa è - e non può essere altra - la condizione delle patrie lettere e dei letterati: pena l'emarginazione, il danno e talvolta anche le beffe.

Non sono più i tempi, del resto, nei quali, alle feste Dionisie, Euripide risultò due volte vincitore da vivo e tre da morto con opere postume; e neanche quelli di Petrarca premiato due volte con la corona poetica, da Parigi e da Roma, ma prima esaminato severamente per tre giorni consecutivi da Roberto d'Angiò in Campidoglio.

Fuori d'Italia, le cose non vanno molto diversamente. Il Premio Nobel per esempio. Moravia è morto senza riceverlo, e lo avevano avuto Mahfuz, poi Cela, due dignitosi narratori a lui di gran lunga inferiori. Anche Luzi, Giudici e Zanzotto lo avrebbero meritato, forse più del cecoslovacco Seifert o del russo Brodskij: ma - ragion di Stato - essi non erano nella primavera di Praga né nel lungo elenco degli esuli dall'inferno staliniano.

Ma allora non scandalizziamoci neanche per lo Strega e il Viareggio, e tanto meno per il Roccasecca o il Capracotta.

Un discorso a parte meriterebbero il Fiuggi e il Fregene o il Tevere: ma sarebbe troppo lungo e deprimente farlo qui e ora.

  • L. Canali, La dismisura: strafare, malfare, divagazioni, antidoti, Bompiani, Milano 1992, pp. 65-66.

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