VIRGILIO JUAN
CASTIGLIONE
GARE DI SCI A CAPRACOTTA
Istituto Nazionae Luce (1929)
"Gare di sci a Capracotta"
GARE DI SCI A CAPRACOTTA
Istituto Nazionae Luce (1929)
"Gare di sci a Capracotta"
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
VIRGILIO JUAN
CASTIGLIONE
Le arie popolari musicate da artisti capracottesi
NUNZIO
BACCARI
(1666-1738)
ALFONSO
FALCONI
ALFONSO
FALCONI
ALFONSO
FALCONI
NUNZIO
BACCARI
(1666-1738)
DOMENICO DI NUCCI
(Capracotta, 22 maggio 1942 - Campobasso, 17 marzo 2021)
Insegnante e scrittore
Il terzo autore è Domenico Di Nucci (1942), ex professore di matematica e oggi presidente dell'associazione culturale "Amici di Capracotta". Nel 2005 ha pubblicato "I fiori del paradiso", un volume in cui vengono narrati tanti ricordi dell'infanzia che, nolens volens, riguardano l'intera comunità capracottese. Ne abbiamo scelto uno relativo agli antichissimi mestieri montani del taglialegna e del carbonaio:
«Il Comune di Capracotta aveva diviso i suoi boschi in 18 sezioni e ogni anno tagliava una sezione di bosco per gli usi civici e dunque il ciclo di rotazione era di 18 anni; ogni famiglia aveva diritto ad un certo quantitativo di legna da ardere a prezzo agevolato. Venivano assunte squadre di tagliaboschi che lavoravano a cottimo: per ogni giornata di lavoro occorreva comporre due cataste di tronchi tagliati tutti alla stessa misura che formavano due mezze canne. [...] Ad ogni squadra veniva assegnata una particella della sezione; i componenti della squadra lavoravano quasi sempre ognuno per conto proprio e così ognuno ricavava il frutto del proprio lavoro. Abbattere gli alberi, tagliare i rami, segare i tronchi a misura e comporre il tutto: era questo il lavoro quotidiano per guadagnare la giornata. Se il bosco era pieno di rovi i boscaioli si proteggevano le gambe con re ammiale. Gli attrezzi in uso erano prima di tutto l'accétta, poi re stuócche, la rónga e le zéppe; ma non bastava tenere gli attrezzi ben affilati ed efficienti, occorreva saper lavorare. Mio padre aveva un'accétta più piccola di quella usata da tutti gli altri tagliaboschi; sembrava un giocattolino e tagliava come un rasoio: per verificare che fosse affilata alla perfezione inumidiva con la saliva i peli sull'avambraccio e vi passava sopra l'accétta; solo se i peli venivano tagliati era soddisfatto; logicamente la maneggiava con tanta abilità. Un colpetto dopo l'altro sempre nello stesso punto faceva schizzare le schiappe con il minimo sforzo».
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F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017, pp. 251-252.