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ESTRATTO DELLO STATO CIVILE

di Matilde Serao (1856-1927)

I gusti sono differenti. Vi è chi, leggendo il giornale, si diletta nei brillanti paradossi dell'articolo di fondo, seguendone mentalmente le evoluzioni: molti frequentano l'appendice, pianterreno lugubre e sanguinoso, dove si commettono, sera per sera, i più atroci delitti: alcuni scelgono la cronaca interna dove leggono importantissimi fatti avvenuti nell'Uraguay, a Capracotta o a Roccacannuccia; altri prediligono i telegrammi particolari, tanto particolari che talvolta i fili del telegrafo non ne hanno saputo nulla: non mancano, infine, gli amatori della quarta pagina. Ma vi è una rubrichetta modesta, non molto lunga, a caratteri piccini, ficcata come per misericordia in un angolo qualunque del giornale, spesso scorretta, spesso dissestata; ebbene, questa qui è letta da tutti, giovanotti, vecchi, fanciulle, spose, madri, insomma tutti. Persino gli uomini serii, quelli che vorrebbero far credere di non patire alcuna debolezza comune agli altri mortali, persino quelli vi danno un sbirciatina di nascosto, scorrendola in un battibaleno o fingendo di leggere gli Stefani. E mentre tutto il resto del giornale può forse riuscire indifferente, quell'angolo lì, nella sua umiltà e brevità, fa sempre una impressione: lascia un sorriso sulle labbra o una oscurità negli occhi. È l'estratto dello Stato Civile.

Sì, voi lo leggete assiduamente, o pallide zitellone dalle labbra sottili, provando un amaro piacere a dilatare la ferita nascosta del vostro cuore; ci è della gente che crede ancora alla vecchia istituzione del matrimonio e che intanto dimentica voi, che vi credereste tanto volentieri: voi volete sapere il nome e l'età di questa gente. Quando è molta, ci è il compenso che è di bassa qualità e potete fare un moto di sprezzo; quando è poca, avete la consolazione di dar la stura ai vostri commenti: qui è una coppia che potrebbe esser felice, diciotto e ventidue anni: sono troppo giovani per aver testa! Altrove la sposa si chiama Leonilda, nome capriccioso, sarà certo una civetta: compiangiamo il marito, poveretto! Questo qui è medico, professione che non corre più con le capsule Guyot ed il ferro dializzato Bravais: la moglie soffrirà gli stenti. – Guarda, guarda, la tale è giunta finalmente a gabbarne uno; sa il cielo con quali mezzi! E come, ha fatto scrivere solo trent'anni! Ma se ha avuto sempre cinque anni più di me, che ne ho... ventotto! E chi sarà lo sposo? Povero imbecille, avrà la vita tribolata, è degno di compassione.

  • M. Serao, Dal vero, Perussia e Quadrio, Milano 1879, pp. 177-178.

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