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PASSEGGIATE CAMPANE

di Amedeo Maiuri (1886-1963)

Alla prima radura presso la segheria, i tronchi lisci e decorticati, allineati o incastellati, sembrano gli stessi di rami anni fa. Alle case dei boscaioli c'è oggi ozio beato al sole. Oh potessi rifare con uno di loro il cammino di questi anni a colpi di ascia o di piccone con qualche ora di ozio beato al sole!

Ma ecco, tra il bosco, la vetta a cupola del Monte Caraceno, selvosa dal lato di nord, pelata dal lato di mezzodì; ed ecco il paese con i suoi tre picchi di roccia e le case serrate a catena come entro una mascella robusta.

All'ingresso dell'arce un guerriero sannita in armi e in vedetta, si staglia contro le nevi dei monti e pare gigante tra quell'orizzonte e quegli umili tetti stillanti di sgelo, vado alla chiesa attanagliata all'estremo picco di roccia: stanno riparando il tetto scoperchiato dall'ultima bufera e il muro volto a settentrione, tutto intessuto di pietre antiche squadrate, ha preso il freddo e grigio colore del sasso. È la più aerea vetta del Molise: l'occhio scorre dai monti di Capracotta sulle nevi di Monte Campo e di Monte S. Nicola, giù per la lunga fila delle case di Agnone, per risalire a Belmonte, Castiglione Messer Marino e Schiavi di Abruzzo e ridiscendere a Casal Verrino e Bagnoli del Trigno. Ed era la più forte posizione di vedetta e di difesa del Sannio. La cima del monte è ancora incastellata con le sue massicce mura poligonali; il più antico nucleo dell'abitato era ridossato alla meglio, come oggi, a questo costone; il quartiere delle pubbliche e sacre riunioni federali, più in basso, al riparo della gran vetta del Caraceno e su meno aspro pendio.

Scendiamo dunque per la mulattiera al tempio e al teatro della città antica: da poco più a poco meno di mille metri.

  • A. Maiuri, Passeggiate campane, Sansoni, Firenze 1950, p. 292.

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