Su eBay ho trovato una lettera tassata che il 3 ottobre 1862, da Capracotta, è stata spedita «all'Egregia Signora Baronessa Donna Maddalena Carosi Manieri», in quel di Castel di Sangro, provincia d'Aquila. Il contenuto della lettera è il seguente:
Stimatissima Signora Baronessa, con questa mia vengo a dirvi quanto siegue, passai i docati 36.00 al fattore Vincenzo Ardenti, in tutto avete in mane docati 224.00, per il resto spero che mi farà il favore un mio amico di Torricella chiamato Angelo Piccone di Camillo, che tiene sezzioni in cotesta città, e io ce li passerò qui che ne abbiamo fatto un appuntamento, perciò vi prevengo che qualunque persona si presentasse sotto il nome di Angelo Piccone, e vi consegnerà summe Vostra Eccellenza ve le riceverete e gli rilascerete il ricevo, mi dovete perdonare a non avervi adempiuto, secondo i dati della scrittura ma dovete rimettervi alle circostanze dei tempi correnti, che non mi ò potuto mettere in rischio né con lettere affrancate, né poter venire io costà, e credo che ne siete persuasa, e Iddio sa quanti guai ò sofferto, uccisione di pecora, e ricatti, che il padrone quasi deciso vendersi il rimanente delle industrie. Io, dimani a Dio piacente vado a partire per Campomarino colle industrie perché [...] dalla forza e ò dovuto lasciare le cacerie in abbandono, e se questo tempo perseguita così tempestoso facile che l'anno ventura resterà in tutto in abbandono. Disposto sempre ai venerati comandi di Vostra Eccellenza, e con rispetto vengo a baciarvi la mano. Capracotta, li 2 Ottobre 1862 Vostro servo vero Giovanni Di Tella
Innanzitutto vediamo chi è la destinataria della lettera. Maddalena Carosi Amorosi Manieri, infatti, era una nobildonna di Sulmona a cui era spettato, per successione, il feudo dei Pizzi, situato tra Colledimacine, il torrente Luparello e un «altro territorio denominato Pietrabbondante». Quel territorio era conosciuto anche col nome di Cascerie, un toponimo che certamente si rifà alla produzione di formaggio e, dunque, all'attività transumante. La baronessa Maddalena, dunque, era probabilmente una ricca proprietaria di armenti.
È lecito presumere, allora, che il capracottese Giovanni Di Tella fosse il suo massaro, il quale si premura di inviare l'ultima parte del ricavato (36 ducati su 260 totali, circa 13.000 € attuali) alla titolare dell'azienda o, per meglio dire, dell'«industrie», come allora venivano definite le pecore, dimostrando che quella armentizia fu la maggiore e più fiorente industria del Meridione.
Ma perché il Di Tella non si è «potuto mettere in rischio né con lettere affrancate, né poter venire io costà, [...] e Iddio sa quanti guai ò sofferto, uccisione di pecora, e ricatti»? D'altronde, Giovanni Di Tella confessa alla baronessa di aver «dovuto lasciare le cacerie in abbandono», come se fosse stato costretto a fuggire. Aggiunge infine che «se questo tempo perseguita così tempestoso facile che l'anno ventura resterà in tutto in abbandono».
Siamo nell'ottobre 1862 e, molto probabilmente, nelle campagne abruzzesi imperversano i briganti. Si pensi che ancora nell'ottobre 1864, capitanata da Giovanni Wolff, «una comitiva di briganti si trovava a saccheggiare una masseria, in quel di Capracotta», oppure si pensi al brigante Primiano, anch'egli attivissimo in Abruzzo tra il 1862 e il 1864. O ancora il temibile Chiavone, denunciato dal capracottese Felice Mosca nell'aprile 1863, per non parlare dei briganti Croce di Tola e Cuzzitto. Il 15 febbraio 1862, inoltre, era stata finalmente decapitata la banda brigantesca di Giuseppe Marinucci, provocando forti reazioni in città dopo l'uccisione del fratello Felice, poiché «la mattina del giorno dopo gli abitanti furono costretti ad assistere ad un macabro rituale. Il corpo dell'ucciso fu posto sulla scalinata dell'Annunziata, monumento simbolo della città, e sulle gambe un cartello a monito contro i briganti».
A ciò si aggiunga che il visconte francese Oscar De Poli pubblicò un dossier sui «misfatti che portarono alla violenta annessione del Regno delle Due Sicilie, in particolare sugli accadimenti luttuosi dell'anno 1862». De Poli era infatti di estrazione liberale e, nel suo viaggio al Sud, rimase impressionato dalla congerie di reati perpetrati, soprattutto dai sabaudi, a danno delle popolazioni locali, analizzando giorno per giorno gli eventi e restituendo alla memoria nomi e fatti.
L'autunno del 1862, insomma, dovette rappresentare un coacervo di avversità per il povero Giovanni Di Tella, coi briganti liberi di taglieggiare i proprietari di pecore mentre i sabaudi mettevano in campo azioni al limite della legalità, il tutto sotto condizioni meteorologiche proibitive, forse un inverno anticipato, di quelli che il popolo capracottese conosce fin troppo bene.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
M. Battaglini, Il brigantaggio fra il 1799 e il 1865. Movimento criminale, politico o rivolta sociale? Storia di fatti briganteschi fra l'Arianese, l'Irpinia, il Vallo di Bovino, Melfi nel Vulture e la Calabria, Procaccini, Civitella S. Paolo 2000;
B. Costantini, Azione e reazione. Notizie storico-politiche degli Abruzzi, specialmente di quello chietino, dal 1848 al 1870, Di Sciullo, Chieti 1902;
O De Poli, Viaggio nel Regno di Napoli nel'anno 1862. Le drammatiche verità sull'unificazione italiana nella inedita traduzione delle memorie di un osservatore francese del tempo, a cura di G. De Crescenzo, Stamp. del Valentino, Napoli 2019;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
N. Mezzanotte, Briganti della Maiella. Personaggi, luoghi ed avventure, Parco Naz. Maiella, Guardiagrele 2019;
G. Tabassi, I Tabassi: una famiglia nel mito e nel tempo, Sulmona 2022.