top of page

Abetina di Rosello e cascate del Verde


Abetina Rosello

Diciamocelo, Rosello e Borrello, comuni della Provincia di Chieti a pochi chilometri di distanza tra loro, non sono proprio dietro l'angolo. Anche partendo da molte località in Abruzzo, un'ora e mezza o due di auto e curve vanno messe in conto. Lasciate le autostrade e le superstrade, però, non si guarda più il contachilometri e gli occhi vengono rapiti dal paesaggio incredibile che si svela davanti. Un antico mosaico ambientale, commoventi borghetti medievali abbarbicati sulle alture, Madama Majella a chiudere l'orizzonte: la valle del Sangro è davvero lo Shangri-La d'Abruzzo.

Sono venuto sin qui per fotografare due piccole, ma importanti riserve naturali: l'oasi delle Cascate del Verde di Borrello e l'Abetina di Rosello, parte delle ultime foreste di Abete Bianco dell'Appennino Centrale, che caratterizzano quest'area di confine tra Abruzzo e Molise.

Con tre salti che insieme superano i 200 metri, quelle del Verde sono le cascate naturali più alte d'Italia. A ragione attirano quindi ogni anno migliaia di turisti e una cooperativa di giovani locali si occupa della gestione e dell'accoglienza dell'oasi.

Ho dato appuntamento qui anche al regista de "L'Altro Versante TV" Marco Rossitti e alla sua troupe che arrivano dal lontanissimo Friuli per filmarmi in azione in questi luoghi. Ad attenderci e guidarci, l'amico Giuseppe Di Renzo della cooperativa "Rio Verde Ambiente e Turismo", profondo conoscitore della zona nonché appassionato fotografo.

Ci avviciniamo lentamente ai salti d'acqua, saltellando su massi e graffiandoci tra i cespugli, carichi di attrezzatura come muli. Il rumore dell'acqua si fa sempre più forte. La cascata si rivela, con la sua acqua pulitissima. Foglie morte che danzano nei gorghi come poesie haiku e bellissimi aceri ed ornielli che crescono sui massi scolpiti delle rive, quasi consapevoli delle regole della composizione fotografica... E io ho nemmeno due giorni per fotografare 'sta meraviglia!

Tempi lunghi o brevi? Inquadrature larghe o dettagli? Classiche o creative? Il cervello fa automaticamente le sue scelte e alla fine la virtù come sempre, sta nel mezzo. Decentrabile e 50 mm la faranno da padrone. Alla fine, tutto sommato, sono soddisfatto. Peccato, una puntina di colori nel bosco in più non avrebbe guastato: ma con quest'autunno pazzo, non mi posso lamentare. Le foglie sarebbero potute già essere a terra!

Ci avviciniamo a Rosello e ammiriamo i crinali boscosi che vanno da Castiglione Messer Marino fin verso Pescopennataro e Capracotta, il Molise. I boschi di faggio, acero e altre caducifoglie stranamente ancora verdi in alcune parti e rossi in altre, sono tutti punteggiati dal verde scuro degli abeti bianchi. Abies alba, che in queste zone raggiunge altezze ragguardevoli, è un albero bellissimo, che mette soggezione e tranquillità al suo cospetto.

Per esplorare da vicino la Riserva Naturale dell'Abetina di Rosello e avventurarci nei suoi angoli più nascosti, non potevamo non farci condurre da una guida d'eccezione, il grande Mario Pellegrini, profondo conoscitore della natura appenninica e vero e proprio genius loci di queste zone. A lui va il merito della creazione di questa bellissima area protetta quasi vent'anni fa e della conoscenza del suo complesso ecosistema. Mentre camminiamo verso la forra del torrente Turcano, Mario snocciola dei numeri: 450 specie di funghi, 600 di coleotteri, una marea di specie vegetali, tra cui il bellissimo acero di Lobel. E poi anfibi, rettili, uccelli e mammiferi: una fauna d'eccezione, che vanta l'orso bruno marsicano, il lupo, l'astore, il picchio nero, quello mezzano e il dorsobianco. Troviamo tante tracce delle presenze faunistiche, ma l'unico incontro ravvicinato è con una microscopica Salamandrina di Savi, anfibio urodelo che si trova solo in Italia peninsulare e piuttosto raro nel versante Adriatico. Qui, nel regno dei muschi e del legno morto, abbondantissima.

Entriamo nella forra, passando accanto a enormi tronchi di abete che sembrano zampe di elefante. Alcuni alberi, ci rivela Mario, superano i cinquanta metri di altezza e un paio, sembra, superano addirittura i 56 metri. Guadagnando così il titolo di alberi più alti d'Italia e rivaleggiando con simili in Croazia per quello di alberi più alti d'Europa.

Non è facile fotografare questo bosco. È tutto un intrico di alberi morti, rami, foglie e ostacoli. Ma questa è natura selvatica e quindi bisogna farsene una ragione. Come non concentrarsi sulle foglie morte in una pozza o sui funghi giganti che crescono sui tronchi? E i licheni su quel rametto? Mamma mia, quanto è alto quell'albero!

Dovrò tornare diverse volte nella riserva per portare a casa delle immagini che mi soddisfino. La prima volta una nebbia fittissima ha avvolto tutto per tre giorni. Poi, sole e luce forte. Ogni volta nuove soluzioni da cercare. Ogni decina di metri ha richiesto un'ora di esplorazione visiva per le infinite possibilità che questo ricco ecosistema offre. È difficile non cadere nella banalità con una foresta del genere e quindi ci si sforza di mantenere una visione fresca e creativa. Ma quando arriviamo ad un ansa del torrente Turcano, dove due abeti enormi coperti di muschio sono crollati mettendosi di traverso e i colori dell'autunno dei faggi appaiono sullo sfondo, non voglio sentire nessuno: treppiedi, grandangolo, polarizzatore e grande profondità di campo. Immagini classiche e semplici. La contemplazione estatica, infatti, non tollera distrazioni.


Bruno D'Amicis

 
bottom of page