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Le acquasantiere delle chiese di Capracotta


Una delle due acquasantiere della Chiesa Madre di Capracotta.

Sin dal X secolo l'ingresso in una chiesa cristiana è tradizionalmente accompagnato dal segno della croce bagnato dall'acqua santa. È un gesto che affonda le radici nell'antica pratica dell'abluzione, che aveva funzione pratica prima che spirituale e che nella religione cattolica di oggi richiama il battesimo, quella purificazione dal peccato originale propedeutica per l'ingresso nella comunità cristiana. Tuttavia l'acqua santa usata all'ingresso in chiesa non va confusa con l'acqua lustrale del fonte battesimale, ovvero il grande contenitore utilizzato per il primo sacramento.

Generalmente l'acqua benedetta è contenuta nell'acquasantiera, un recipiente di pietra posto all'ingresso della chiesa o poco distante, che permette ai fedeli di entrare velocemente in contatto col Signore. Si parla di acquasantiera a labbro (o a parete) quando è fissata al muro e di acquasantiera a fusto (o a pila) quando si tratta d'una vasca fissata sopra una colonnina isolata. A seconda della ricchezza della chiesa e dei gusti del committente l'acquasantiera è più o meno ornata da motivi decorativi od allegorici. Dirò subito che nelle vecchie chiese capracottesi le acquasantiere sono a parete, non presentano particolari decorazioni e rientrano tutte nella produzione meridionale sei-settecentesca.



Certamente nella matrice Chiesa di S. Maria in Cielo Assunta vi sono quelle più finemente lavorate (foto in alto): si tratta di due larghe vasche gemelle in marmo poste sulle colonne frontali della navata centrale. Nelle chiese di S. Antonio (1), di S. Vincenzo (3) e di S. Maria di Loreto (2), invece, i recipienti dell'acqua benedetta sono posti a destra dell'entrata e trattasi di acquasantiere a calotta svasata, con una sostanziale differenza nel caso del Santuario della Madonna, la cui vasca in granito poggia su una staffa in pietra molto più antica, per cui la si può datare al 1622, anno del grande restauro che trasformò quella rozza cappella in una vera chiesa. Altre due acquasantiere sono poste ai lati dell'altare maggiore, una, a conchiglia, nei pressi dell'uscita, l'altra vicino la sacrestia (4), che presenta una staffa col volto d'un putto, che le conferisce un aspetto unico.

Nella Chiesa di S. Giovanni vi sono poi altre due acquasantiere a conchiglia, simili tra loro per stile ma diverse nella qualità di pietra polita, che probabilmente appartenevano alla primissima Chiesa dei SS. Giovanni, Sebastiano e Rocco. La prima (5) è, come di consueto, a destra dell'entrare; la seconda acquasantiera (6) sta più avanti sulla sinistra, nascosta dal confessionale, e forse dimostrerebbe quanto quella chiesa, posta nel rione agricolo di Capracotta, fosse un tempo sovraffollata.


L'acquasantiera nel bosco di Monte Capraro (foto: A. Mendozzi).

In realtà a Capracotta ci sarebbe un'altra acquasantiera, che però non è custodita in alcun tempio: mi riferisco a quella dell'ex monastero benedettino di S. Giovanni, le cui rovine si nascondono tra le fronde boscose del Monte Capraro. L'erezione del piccolo cenobio capracottese è databile proprio al X secolo e l'acquasantiera, ancor oggi visibile, è scolpita nella roccia viva, utile tanto a chi si accingeva ad entrare nel luogo sacro quanto a chi seguiva il tragitto spirituale che, dall'oratorio di S. Nicola di Macchia, portava a S. Maria Caprara, a S. Nicola di Vallesorda, quindi al monastero di S. Giovanni Capraro, alle chiese dei SS. Simone, Giuda e Lucia, per approdare infine al monastero di S. Pietro.


Francesco Mendozzi

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