La religiosità contadina è sempre stata profondamente intrecciata ai gesti quotidiani del lavoro e della fatica, e talvolta la devozione si è manifestata attraverso riti, tramandati da secoli, che confondevano sacro e profano. I contadini non potevano certo immaginare che tali riti si rifacevano a tradizioni pagane e che, in alcuni casi, erano perfino contrari alla dottrina cattolica. La religiosità dei contadini potrebbe quindi definirsi naturalista, perché frammista alla superstizione e alla magia, legata ai bisogni materiali prima che a quelli spirituali. Al contadino serve il sole e la pioggia ma teme la siccità e la grandine: non sa che farsene del mistero trinitario o del dogma della transustanziazione. Neanche Capracotta è scevra da quella religiosità naturale di stampo contadino praticata dai nostri avi nei boschi e nei prati: prova ne siano i due alberi, geograficamente lontani tra loro, che raccontano due devozioni e due storie diverse.
Il primo è un faggio che potete ammirare seguendo l'anello di monte della pista di sci nordico "Mario Di Nucci", al di sopra della Fonte di Carovilli. In un nodo di quell'albero è presente una sbiadita edicola votiva - installata in origine da Vincenzo Ferrelli prima di emigrare - che ritrae sant'Antonio di Padova e che forse richiama il miracolo di Camposampiero, dove Antonio, prima di morire, ottenne di ritirarsi. Camminando pei boschi Antonio aveva infatti notato un grosso noce tanto che, tra i rami dell'albero, fece costruire una piccola cella: in quel rifugio frondoso egli passò le sue giornate di contemplazione, rientrando all'eremo solo la notte. Una sera, il conte Tiso si recò nella sua stanzetta, dal cui uscio aveva visto sprigionarsi un intenso splendore. Temendo un incendio, spalancò la porticina e vide Antonio che stringeva fra le sue braccia il Bambin Gesù. In quel luogo sorge oggi il cosiddetto Santuario del Noce.
Il secondo albero votivo del territorio capracottese è una quercia che sta nei pressi della Fonte della Lama, sul cui tronco è affissa un'immagine del Cuore Immacolato di Maria, una memoria liturgica relativamente giovane perché estesa a tutta la Chiesa solo nel 1944 da Pio XII in seguito alle rivelazioni mistiche della beata Alessandrina Maria da Costa, in seguito al miracolo di Fatima. In mariologia la Madonna è definita anche «vero albero di vita che solo è stato degno di portare il frutto della Salvezza», motivo che potrebbe di per sé spiegare la presenza di quell'effigie su un albero. Ma in realtà quella Madonna apparve in sogno nel 1990 ad Antonio Di Tella, proprietario del terreno, ed oggi sta lì a delimitare le due porzioni di bosco divise dagli eredi di Giuseppe Di Tella.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
A. De Nino, Usi e costumi abruzzesi, Olschki, Firenze 1965;
E. Giancristofaro, Totemàjje. Viaggio nella cultura popolare abruzzese, Carabba, Lanciano 1978;
L. M. Lombardi Satriani, Santi, streghe e diavoli. Il patrimonio delle tradizioni popolari nella società meridionale e in Sardegna, Sansoni, Firenze 1971;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017;
G. Pansa, Miti, leggende e superstizioni dell'Abruzzo, Caroselli, Sulmona 1924;
M. Potena, Capracotta, il paese della neve tra passato e futuro, in «La Città del Sole», Rocchetta a Volturno 2005.