Nel mio "L'inaudito e crudelissimo racconto" tradussi e approfondii i memoriali di alcuni teologi slovacchi e ungheresi che, nella primavera del 1675, erano transitati in catene a Capracotta; due di essi, evasi e riacciuffati, avevano persino trascorso un periodo nelle nostre carceri. Uno di loro, Giovanni Simonide (1648-1708), scrisse nel suo memoriale che «[a Capracotta] delle alte mura circondano il suo nucleo interno per difenderlo dagli attacchi dei briganti». Quel fulmineo riferimento alle mura di Capracotta, fatto da chi le mura le aveva viste coi propri occhi, ha sempre colpito la mia immaginazione perché confermerebbe alcune miei ipotesi legate a un contrafforte presente al termine della scalinata di via S. Sebastiano, dove abito.
Nelle due figure in alto ho evidenziato quelli che sembrerebbero dei veri e propri contrafforti, alti circa 9 metri, presenti sul confine sud di via Roma, tra la Terra Vecchia e il cosiddetto Rione Celano: quello di sinistra sembra anzi un rinforzo, ossia una struttura contenitiva e di consolidamento che ne rafforza un'altra, in questo caso il grumo di case del Sorcario (sul primo tratto di via Milano vi sono altre evidenze di mura contenitive). La foto di destra ritrae invece il contrafforte di via S. Sebastiano che, per la sua conformazione, pare essere un rimasuglio del muro di cinta della Terra Vecchia e che, al contempo, lascia immaginare come lì vi fosse una porta (le altre due sono la Porta Nova alla ex torre dell'orologio e la ripida scalinata al di sotto della Chiesa Madre).
I contrafforti, tipici delle opere fortificate, sono elementi strutturali diretti a neutralizzare le spinte di una costruzione di notevole sviluppo verticale o comunque soggetta a notevoli sollecitazioni orizzontali. La loro presenza in quel di Capracotta è testimoniata nel tratto settentrionale dei Ritagli, sopravvissuto alla devastazione della Seconda guerra mondiale, come ho evidenziato nella sottostante fotografia.
Va detto che questo tipo di struttura è presente in diversi punti dell'abitato di Capracotta ma il più delle volte, scrostando la brecciatura o gli intonaci, si intuisce che trattasi di semplici avanzi di muri perimetriali di abitazioni precedenti, riutilizzati per rinforzare i fabbricati adiacenti. In quel caso credo si debba parlare di falso contrafforte.
Ma perché un paese situato in una posizione così privilegiata, dal punto di vista difensivo, aveva bisogno di alte mura? Davvero, come affermava Simonide, gli attacchi dei briganti giustificavano la costruzione di possenti mura difensive? Sì, i capracottesi vivevano «nella paura costante delle scorrerie dei banditi. Del resto, se ne radunano duecento, cinquecento e a volte anche più: provengono dallo Stato della Chiesa e tornano indietro con un ricco bottino».
Si pensi che proprio mentre Giovanni Simonide è detenuto nelle carceri di Capracotta, il 10 giugno 1675, i «banditi saccheggiarono la città vicina. E, poiché sembrava che si stessero avvicinando a Capracotta, suscitarono tra i cittadini caos e terrore. Ovunque risuonavano le grida delle donne. Trasportarono bambini, indumenti ed altre cose verso il centro della città. Gli uomini, presenti perché erano già tornati dalle Puglie col bestiame, impugnarono le armi, spararono e si accingevano a scacciare i briganti. Vicino alla nostra prigione si trovavano sei tiratori. La prigione era infatti situata più in alto e davanti ad essa c'era un viottolo. Diedero dei fucili anche a noi ma ci rifiutammo di prenderli perché non ci intendevamo di armi. Tutti i preti e i religiosi erano armati».
Se la mia può sembrare la semplice suggestione di un appassionato di storia locale, ci tengo a ricordare che l'ipotesi delle alte mura difensive di Capracotta venne sottoscritta anche dallo storico Luigi Campanelli (1854-1937), il quale sosteneva che l'altura del nostro abitato «era protetta da inaccessibili dirupi e dalla parte orientale da scoscendimenti che [gli abitanti] completarono con mura, forse anche per consolidare le sovrastanti case: e poi chiusero con porte, addossate a torri, i due ingressi estremi. [...] Le mura impostate come contrafforti, e sotto alle quali col tempo si stesero nuove case, restarono col nome di Rinforzi nei Registri parrocchiali della popolazione nel XVII e XVIII secolo, confermando col nome la primiera destinazione».
Immaginate ora quanto fosse dinamica e malsicura la vita nella Capracotta seicentesca, con le campane della Chiesa di S. Maria Assunta che allertavano la popolazione quando una banda di briganti si avvicinava alle mura della nostra cittadina. Immaginate pure quanto potesse apparire bella Capracotta, nascosta dalle sue alte mura, sia a chi la guardava dal Sangro, magnifica e inaccessibile, sia a chi lavorava la campagna nella valle del Verrino, inviolata e protettiva! Casa.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931;
F. Mendozzi, L'inaudito e crudelissimo racconto della prigionia capracottese e della miracolosa liberazione, Youcanprint, Tricase 2018.