Tre semplici parole che sono il presente indicativo attivo e passivo del verbo "amare". Ma sono anche l’essenza e la sintesi del messaggio gridato del Vangelo, della psicologia dinamica e della pedagogia cristiana. Indicano la motivazione che determina l'energia, la direzione e la intensità della condotta di ogni persona. I motivi esistenziali danno un senso a tutta la propria vita, hanno rapporto con la conoscenza dei valori essenziali dell’esistenza umana e della singola esistenza concreta, con l'impegno a vivere tali valori. Il bisogno di "salvare se stessi", di superare i limiti della banalità quotidiana, la dedizione totale a cause nobili o a persone bisognose, prescindendo da ogni soddisfazione immediata, aiutano a scoprire il senso della propria esistenza. Non si può comprendere una persona se non si conosce "il motivo" o "i motivi" ai quali servono tutte le altre tendenze. Per questa ragione pare che i motivi esistenziali meritano attenzione nella ricerca psicologica. L'importanza di una "intenzione centrale", di un "progetto generale" della propria vita, di un "orientamento verso l'essere autentico" proprio e altrui, manifestano un'eccezionale carica motivazionale.
La motivazione rende l'azione appropriata, scegliendo i mezzi adatti a raggiungere il fine inteso, la rende persistente, finché lo scopo non sia raggiunto, la fa ricercante, spinge cioè a selezionare le condotte che portano al raggiungimento dello scopo. L'apprendimento umano è motivato da stimoli non emotivi o leggermente piacevoli, ma da stimoli superiori, che soddisfano la "persona intera", rafforzano la sua autostima, il suo senso di crescita, di realizzazione di sé e dei suoi ideali. Sono espressione di motivi che funzionano in modo autonomo, originale. C'è una prepotenza dei motivi che parte dai bisogni fisiologici e di sicurezza e si innalzano al sentimento di appartenenza, al bisogno di affetto e di stima e culminano nel bisogno di autorealizzazione. La consapevolezza di "essere amato" genera la sorgente viva e zampillante dell’amore, in una comunione che niente e nessuno può spezzare. La verifica dell’amore è sperimentare di essere amato. Anche quando sbagliamo e ci allontaniamo dagli altri, confusi e solitari, certi solo di essere amati, nella gioia di dar senso alla vita orientata sempre verso il bene dell'altro.
Il mistero della Trinità, per la fede cristiana, non è solo una verità da credere e una dottrina da contemplare, ma è un'etica da vivere. È la fonte dalla quale derivano i criteri per le scelte concrete e quotidiane: tre Persone uguali e distinte vivono così profondamente la comunione da formare un solo Dio. Più persone uguali e distinte per provenienza, sono chiamate a vivere così intensamente la solidarietà, da formare un solo uomo: l’uomo nuovo in Cristo Gesù. «La Trinità non è una specie di teorema celeste, per esercitazioni accademiche dei teologi, ma è una sorgente da cui devono scaturire l'etica del contadino e del medico, i doveri dei singoli e gli obblighi delle istituzioni, le leggi del mercato e dell'economia», diceva don Tonino Bello. La Trinità è una storia che ci riguarda: è a partire da essa che va pensata tutta l'esistenza cristiana.
La famiglia è modello originario e fonte, è il luogo dove si anticipa nei segni la comunione, l'essere amati da Dio in modo completo, esaustivo, gratuito. Dio si è servito della famiglia per trasmettere il suo messaggio trinitario, come parabola, modello originario, fonte e approdo finale della nostra esistenza terrena. La famiglia cammina nella storia come icona della Trinità, agenzia periferica della Trinità. Icona (= immagine viva) non ha una funzione puramente didattica, ma sacramentale, cioè rende presente la realtà raffigurata, è segno vivente. Con il termine icona si recuperano le due dimensioni della famiglia cristiana: quella di parabola del modello trinitario e quella di sacramento, cioè attraverso la comunione della vita familiare noi godiamo di quella comunione divina che proveremo soltanto nella vita ultraterrena. Se è linguaggio parabolico, la famiglia trasmette al mondo il messaggio che le è stato affidato. È immagine provocante non immagine neutra da incorniciare e chiudere in un album, che provoca cioè alla comunione, all’amore donato e gratuito, alla convivialità. Per questo oggi invochiamo una Chiesa sempre più trinitaria, cioè che si apra sempre più alla fraternità e all'amicizia.
«Amatevi come Io vi ho amato», «Io vi ho amato per primo», «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», non sono slogans o modalità di superficie, ma esperienza di vita. Il come traduce in concreto l'amore di Dio per noi. Gesù non è una nozione, ma una presenza, non un personaggio del passato che si guarda con ammirazione, ma una Persona viva, una gioiosa esperienza quotidiana, lo scopo della vita, l'Unico da contentare e di Cui contentarsi. Questa certezza, "essere amati”, " il simbolo di una predilezione sconfinata di cui siamo oggetto, è disponibilità agli altri, sapere accettare volentieri incomprensioni, fallimenti e tradimenti senza disperare. Riconoscerlo è "sapienza del cuore", da sàpere, sapore, gusto, sale. È il sale della vita, essere amati per amare. È perfetta letizia, afferma san Francesco d'Assisi, convinti che se ci fidiamo di Lui e ci affidiamo a Lui, ci dà la freschezza dei vent'anni anche a ottanta anni. L'esercizio dell'amore porta le dimensioni temporali del buon Samaritano, che colloca il suo servizio nell'ora giusta, affinando il predominio del cuore e il predominio dell'intelligenza alle esigenze del fare.
La parabola del buon samaritano (cfr. Lc 10,25-37) può essere definita la vicenda dell'uomo comune che parla all'uomo comune. Il banco di prova è la vita: «fa' questo e vivrai». Una versione attuale della parabola proposta da Vittorio Fusco, un espertissimo esegeta molisano di Campobasso, può rendere l'idea della sua radicale impertinenza nei confronti del sentire comune: «Il punto non è aiutare, ma piuttosto quello di trovarsi in una situazione in cui si può essere aiutati solo da un negro, da un ebreo, da un comunista [...] insomma uno che è dall'altra parte della barricata». L'impertinenza della parabola è mostrata anche dalla risposta del dottore della legge alla domanda di Gesù su chi sia il prossimo. Egli rimane sul vago, non coglie il dettaglio (il Samaritano), a dimostrazione della dimensione scandalosa di quanto ascoltato. Il prossimo è chiunque si trovi nel bisogno, così come chiunque può usare nei suoi confronti il proprio potere di bene. La riflessione psicologica precisa il fattore tempo e la consapevolezza: una precisa attitudine alla relazione, alla compassione e alla disponibilità a correre dei rischi consentono di superare paure e incertezze e rispondere alla voce della coscienza: «cosa succederà a Lui se non mi fermo»?
Amare senza misura, «disposto cioè a giocare in perdita per il bene del prossimo, felice di pagare prezzi da capogiro pur di salvare una sola vita umana, capace di raggiungere perfino il più indisponente nemico, deciso a scavalcare le lusinghe della violenza, anche quando c'è da ricuperare un sacrosanto diritto», sempre don Tonino Bello. Intorno a questo tema si generano atteggiamenti che rilanciano cambiamenti di vita e di mentalità. Egli aveva capito davvero che la misura dell'amore è "amare senza misura". Non è enfasi, ma dimensione laica di vivere la santità. La solidarietà, non intesa come vago sentimento, ma come farsi carico delle sofferenze degli altri è il nome dell’amore senza misura, che traduce il Vangelo in atto. Le esigenze del Vangelo sono esigenze fortissime e... insopprimibili.
La consapevolezza di "essere amato" ha una grande valenza pedagogica. Chi sa di essere amato ama, chi è amato ottiene tutto. Educare è "cosa del cuore", ha affermato Don Bosco, i cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti. Ragione, religione amorevolezza - tre parole cardine del suo sistema preventivo - esigono la conoscenza dei bisogni di una persona, imparando i linguaggi differenti per qualità, peso e valore.
La presenza dei genitori nei primi anni di vita e di educatori attenti e sensibili nella scuola è determinante per la crescita positiva, perché la certezza di essere amato infonde la forza di affrontare la realtà, incoraggia nel cammino della vita, apre ad orizzonti positivi di ottimismo. Avere un cuore di pietra è la malattia meno diagnosticata. Il grande pericolo, per gli educatori di ogni tempo, è di vivere con cuore duro, lontano e assente. Il cuore di pietra, duro, insensibile è la malattia da temere e combattere per ritornare al "cuore di carne", che è una "religione dell'interiorità". Sentire il tocco di una perenne freschezza, il vento creatore che rigenera la vita e la rinnova, è l'atteggiamento richiesto di ogni educatore. Gli psicologi ritengono che le grandi sindromi che accompagnano la vita dell'uomo di oggi sono per lo più alterazioni affettive. Nella misura in cui ci si allontana dalla vita del cuore, ci si allontana da se stessi, dalle proprie relazioni, dalle proprie scelte di vita. La linea della persona e la linea del cuore, delle motivazioni profonde e delle radici salde, sono da seguire prima della legge. I ragazzi di oggi hanno bisogno di essere amati, di sentire che sono un valore per quello che sono: tiene sempre viva la capacità e l'esigenza di amore filiale, fraterno, coniugale, materno e paterno. In una parola "essere amati per amare" sempre.
Dal punto di vista psicologico una relazione d'amore rispetta e valorizza la natura dinamica dell'amore, porta alle estreme conseguenze la capacità di relazione dell’essere umano e porta a riscoprire e attuare una verità fondamentale: la vita è un bene ricevuto, che tende per natura a diventare bene donato. Il dinamismo tipico dell'amore è proprio un dinamismo trascendente (superiore alle semplici forze umane), che provoca continuamente ogni persona ad uscire da sé per incontrare l'altro e amarlo, ad un innammoramento totale che è fondamento efficace di ogni trascendenza, sia nella ricerca della verità, sia nell'attuazione dei valori umani, sia nell’orientamento da adottare.
Siamo al punto terminale di quel processo di maturazione e conversione che la persona, come afferma Lonergan, grande filosofo e teologo contemporaneo, dalla autotrascendenza conoscitiva (conversione alla verità), passa alla autotrascendenza morale (conversione ai valori affermati e attuati) ed infine alla autotrascendenza religiosa, che è conversione all’universo, al suo fondamento, al suo fine. [Bernard Lonergan, 1985]
La vita indica questo innammoramento totale, ed è pensabile come "energia d'amore" che si muove in un dinamismo di trascendenza.
La pedagogia cristiana insegna che essere amati è la condizione essenziale per educare. Riconoscere che l’amore non inibisce, non castiga, non impone, ma accoglie, comprende, aiuta la persona, una - unica - originale nella sua ricca diversità, attiva nel conseguimento del suo fine, ispirata e diretta da principi universali della religione e della morale. Una vita non è umana se non la sorregge un pensiero per il quale si vive e si ama e ci si sacrifica amando. Questo pensiero è suggerito dal Vangelo e dalla verità di Cristo, che anima tutto, insegnamenti ed interessi, lasciando tutto nel posto assegnato, come il sole, che senza nulla turbare, tutto rischiara. «Noi non impariamo per il piacere di imparare, ma per saper vivere meglio, per affermare meglio il nostro essere», scriveva Eugène Devaud. Solo con l'apporto di una volontà decisa, di un amore gratuito si può fondare un’esistenza serena ed eticamente valida.
L'educazione è una scelta di amore e di speranza, una risposta del cuore animata da una profonda passione, è impresa comunitaria che passa per uno scambio affettuoso tra generazioni. Se è cosa del cuore, occorrerà dilatare il cuore perché si stabilisca un vero flusso educati tra chi è amato e chi ama. È un'arte gioiosa, non un lavoro forzato, perché aiuta a sviluppare la persona in modo armonioso e sereno. Un esempio validissimo è dato da Maria di Nazareth, la Madonna Madre di Dio e nostra, definita dal Vangelo di Luca kekarotinamene (amata gratuitamente e per sempre da Dio). Ha dato di più perché ha ricevuto di più, è per noi «segno di consolazione e di sicura speranza».
Anche Dante scopre nel volto di Dio il volto dell'uomo e in Dio si rispecchia, trovando in Lui il suo stesso volto. «Luce intellettual piena d'amore», «Amor che move il sole e l'altre stelle», rendono possibile la comprensione amorosa di tutta la realtà umana, naturale, divina. Il papa Francesco commenta, nel centenario della morte di Dante (1321-2021), la grande eredità cristiana dell'autore della Divina Commedia. «L'essere umano con la sua carne, può entrare nella realtà divina, simboleggiata dalla rosa dei beati. L’umanità, nella sua concretezza, con i gesti e le parole quotidiane, con la sua intelligenza e i suoi affetti, con il corpo e le emozioni, è assunta in Dio, nel quale trova felicità vera e la realizzazione piena e ultima, meta di tutto il suo cammino». È il transito a «l'etterno del tempo» (Par XXXI, 38) e la rivelazione piena come «l'uom si etterna». (Inf XV, 85). Nessuno ha il diritto di privarsi di questa felicità:
Leggere Dante è un dovere, rileggerlo un bisogno, gustarlo un gran segno di genio, comprendere con la mente, l'immensità di quell'anima è un infallibile presagio di straordinaria grandezza. [Nicolò Tommaseo]
Nell'amor «che tutto il ciel move, non moto con amor e con disìo» (Par XXIV, 132) è compendiata la filosofia di Dante. Principio e fine di ogni cosa e specialmente dell'anima umana è Dio-Amore.
Nella mia esperienza di sacerdote e di insegnante di Scienze umane ho sempre avvertito la limpida responsabilità di rendere i giovani protagonisti della loro crescita, prefigurando una convivenza creativa, serena, non competitiva per una società democratica e solidale. Amandoli suscitavo il loro interesse, la loro curiosità, la loro voglia di imparare, coinvolgendoli «nell'arte più appassionante dell'esistenza, e nell'esperienza più ricca della vita, che è l'educazione. La libertà, la democrazia, il cristianesimo non si imparano se non si vivono subito fra i banchi di scuola e nella vita» diceva Mario Lodi. È proprio vero che la felicità di imparare, il gusto di collaborare, la voglia di comunicare, confrontarsi e capirsi inizia nella famiglia, si completano nella scuola, si realizza nella vita. L'esempio di Lorenzo Milani, nel centenario della sua nascita, ha segnato profondamente la mia vita. Mi ha consegnato un commovente e dolcissimo testamento, proprio lui così aspro e tagliente nelle scelte, si addolcisce e si illumina di tenerezza con queste commoventi parole: «Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non sia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto a suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo».
Conservano ancora una carica di amore e di provocazione per la Chiesa e la società di oggi. Restano un punto di riferimento per tutti e invitano a confrontarsi con una esistenza totalmente spesa per Dio e per gli altri, fedeli al comandamento dell'amore: «Amo perché sono amato».
Osman Antonio Di Lorenzo