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Amore e gelosia (XI)


Elisa Avigliano di Capracotta

XI

Il carrozzino a due posti procedeva sveltamente per le stradine di Napoli, diretto alla stazione. Come Dio aveva voluto, l'incontro era finito, e con un sospiro ben celato di sollievo Elisa si era alzata ed educatamente aveva chiesto di congedarsi, doveva prendere il treno e tornare a casa sua, a Nocera Inferiore.

Donna Patrizia non aveva perso l'occasione...

– ...Perché, c'è anche la stazione al tuo paesello? Ah bene, e...

– Donna Patrizia, a Nocera fermano pure i treni diretti, è una stazione importante! Per fare la salita di Cava de' Tirreni, i treni devono fermare a Nocera per la spinta! Vedete, si fermano e un'altra locomotiva si piazza dietro, una sta avanti e spingono il treno fino alla discesa di Vietri!

La giovane si infervorava sempre quando parlava della sua città che amava: poi si rese conto del sarcasmo di donna Patrizia e si oscurò in volto.

– Ora devo proprio andare: don Salvatore, mi accompagnate?

Don Salvatore si alzò anche lui lestamente, era stato un pomeriggio di spine ed ora non vedeva l'ora di stare solo con Elisa, per vedere come l'aveva presa.

Don Ciccio porse i suoi omaggi, Nannina la cameriera addirittura abbracciò la ragazza e donna Patrizia finalmente si alzò per salutare freddamente.

– È stato gentile da parte vostra venire a casa mia – non aggiunse nient'altro né rinnovò alcun invito – Vi auguro buon viaggio, signorina.

– Senti Elisa, io...

Don Salvatore, sulla via di ritorno non sapeva come esordire.

La ragazza lo guardò dolcemente: stavano sul carrozzino che li sballottolava di qua e di là, ma il poeta ricambiò quello sguardo e allo stesso tempo lesse negli occhi di Elisa una punta di divertimento che lo coinvolse.

Si mise a ridere:

– Eh sì... Mia madre quando ci si mette, sa sempre dove arrivare e come farlo! Non ti ha fatto proprio una bella accoglienza, vero?

– Don Salvatore, a me mi importa di vostra madre, ma...

– Ma? Che cosa vuoi dire?

Con voce tremante Elisa disse, quasi bisbigliando:

– A me mi importa di più che vuie me vulite bene, pecché io vi voglio bene...

E si fece rossa rossa, nascondendo subito dopo il bel viso tra i pizzi della giacchettina. Il grande poeta diede fondo a tutta la sua arte, voleva trovare le parole eterne che lei non avrebbe mai dimenticato, ma seppe dire semplicemente:

– Anch'io vi voglio bene, e ve ne vorrò sempre per tutta la vita...

La sera era ormai calata su Napoli, le prime fioche luci cominciavano a brillare nell'aria tersa e pulita e la stazione si intravvedeva, poco distante.

– Ora ve ne andrete... – proseguì don Salvatore, continuando a darle il voi che trovava più giusto da usare in quel momento così solenne.

– Sì, torno a casa don Salvatore... mammà mi aspetta... ma vi lascio il mio cuore, custoditelo, ve ne prego.

Lui le sfiorò il viso con una mano, lievemente:

– Ti voglio bene Elisa – le disse tornando al tu, – e ti vorrò bene per tutta la vita...

Alle 9:30 il treno giungeva alla stazione di Nocera Inferiore, dove una carrozza l'attendeva per condurla a casa, a via Starza 14.


Francesco Caso



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