XXV
Il cavalluccio che tirava la carrozza scalpitava per le strade sconnesse e il vetturino lo incitava facendogli sentire lo schiocco della frusta sulle orecchie. Don Salvatore gli aveva chiesto di fare presto:
– Stu cavallucce sape trutta'? E famme vede', puorteme ampresse ampresse abbasce San Giuvanne, po' te regale mezza lira!
E alla fine, tra "aaah!!!" per lanciarlo e "iiih!!!" per frenarlo nelle curve, la povera bestia tutta sudata, con la schiuma alla bocca, giunse ai piedi della bella scalinata di San Giovanni in Parco.
Ed era quasi ora: un altro poco e l'animale sarebbe stramazzato a terra tanto trafannava!
Il poeta, che in quel momento tutto sembrava tranne un poeta, piuttosto un ossesso, scese precipitosamente, letteralmente lanciò una lira intera al vetturino che avrebbe voluto ringraziare per tanta generosità, ma non ebbe il tempo: come un imberbe giovanotto di meno di 20 anni, don Salvatore affrontò il terribile scalone di petto, facendo gli scalini a due e a tre per volta.
Una terribile smania lo aveva preso: era sicuro, arcisicuro che la sua bella Elisa non fosse, come aveva detto la madre, a casa della zia.
"Quella se n'è uscita c' 'a cugina, chellate che manche ce pare, e cu nu pare e cafuncielle 'e Nucere! E mó chiossà che stanne facenne! Ah, ma si l'acchiappe!".
In men che non si dica si trovò davanti alla porta della zia di Elisa, bussò e dovette attendere qualche minuto.
Un suono di pianoforte, lento, dolce, si spandeva nell'aria, sembrava provenisse proprio da quella casa...
Non ebbe il tempo di approfondire:
– Chi è? – Chiese una voce femminile.
La voce di Elisa! Allora era a casa, non era uscita! E mó che figura avrebbe fatto, che cosa avrebbe potuto dire?
– Sono io, Salvatore...
La porta si aprì e la bella figura della sua innamorata si incorniciò sulla soglia, illuminata fiocamente da un lume su un mobile nell’atrio.
– Salvatore! Tu qui! Che gioia, come sono contenta, mi hai fatto una sorpresa, grazie! Ma entra, entra... Zia! C'è don Salvatore, il mio fidanzato!
Il poeta entrò seguendo Elisa che lo aveva preso per una mano e lo conduceva con lei, e lui la seguiva docilmente.
In quel momento era la sua dea, la sua Madonna la sua... Tutto!
Un vocio e il suono del pianoforte provenivano dal salotto: i due entrarono e... sul divano sedevano la zia e la figlia; su due poltrone occupavano il posto due giovanotti elegantemente vestiti e al pianoforte la figlia minore, la cuginetta più piccola si esibiva, e all'apparire di Salvatore Di Giacomo pensò bene di cambiare musica e cominciò a strimpellare "Marechiaro", proprio la sua canzone che lui più odiava!
La gioia di qualche istante prima si tramutò in astio.
– Buonasera – disse freddamente, guardando in tralice la sua Elisa, che capì subito.
– Giacomo, ti posso presentare questi due giovanotti? Quello è Alessandro, il fidanzato di Maria mia cugina, e il più piccolo invece è un altro nostro cugino, figlio di una sorella di mammà, Ernesto...
La ragazza prese un attimo di pausa e poi con orgoglio disse:
– Ragazzi, questo signore è il mio fidanzato, don Salvatore Di Giacomo, il grande...
Non riuscì a continuare: i due giovani scattarono dalle poltrone e con ardore e venerazione si accostarono a quell'uomo tanto famoso.
– Don Salvatore Di Giacomo! Che onore, e che gioia conoscervi!
Parlavano all'unisono, e la loro ammirazione piacque tanto al poeta che si rasserenò. Tutto a posto, il mondo non era crollato e la sua Elisa amava ancora solo lui. Per il momento...
Francesco Caso