XXXII
Chissà se la figura del "mezzano" è ancora attuale al giorno d'oggi, e se il suo ruolo nella società ha ancora una ragion d'essere.
Non parlo di chi svolge un lavoro di intermediario, anche se tutto sommato sempre di interposizione si tratta, tra due parti che per un motivo o un altro non trovano un accordo: 'o mezzane, oppure 'a mezzana, era una persona che favoriva gli intrecci amorosi, si metteva in mezzo, portava il bigliettino e attendeva la risposta, riferiva e spesso aggiungeva o sottraeva a seconda del suo giudizio, per favorire un matrimonio, per aiutare due amanti, per superare incomprensioni tra gli innamorati.
Una figura indispensabile per quei tempi senza telefonino!
Scherzi a parte, questo ruolo se lo assumevano un po' tutti: l'amica del cuore, il compagno fidato, la vecchia serva che in casa sa e vede tutto, la zia che ti ama più dei genitori e che ritiene suo dovere aiutarti a sposare il giovane innamorato che la famiglia non vuole, assolutamente. Spesso, anche il prete vestiva i panni del mezzano e con il placet di Dio e della Madonna dava una spinta ad una situazione in stallo, a qualche fidanzamento che non andava avanti, insabbiato tra divieti e sospetti.
Il mezzano ha svolto un ruolo fondamentale nella società, fin quasi ai giorni nostri, e non sono sicuro che questa figura sia del tutto sparita: magari inconsapevolmente, ogni tanto ricompare e in un modo o nell'altro qualcuno ne indossa le vesti e aiuta un amico o una amica in difficoltà.
Niente a che vedere comunque col "ruffiano"! Tutta un'altra cosa! Quest'ultimo è un termine quasi spregiativo, non a caso la fantasia popolare gli fa indossare i "cazettini rossi", per segnalarne la presenza vistosamente.
'O ruffiane insinua, intrallazza, imbroglia, si mette in mezzo non richiesto e i suoi scopi non sono mai del tutto chiari e volti al bene: ha sempre un secondo fine, dice, sdice e riferisce mescolando menzogna e falsità e... udite udite! quasi sempre è una persona con una delusione amorosa alle spalle, che finge di dare aiuto ma che cerca solo di travolgere nel fallimento dell'amore altre persone, meglio ancora se si tratta del suo migliore amico o la sua amica del cuore.
Tutto questo per dire che i giorni scorrevano e né Elisa né don Salvatore si decidevano a fare il primo passo: soffrivano in silenzio ma facevano prevalere l'orgoglio, avrebbero voluto buttarsi l'uno nelle braccia dell'altro ma restavano lui a Napoli, lei a Nocera Inferiore. Col tempo, nonostante si amassero profondamente, il loro legame avrebbe potuto spezzarsi definitivamente, ed ora non saremmo qui a parlarne.
Non accadde, e il merito fu del mezzano, che tra l'altro si ritrovò in questo ruolo ignorando completamente di stare sul punto di entrare nella storia di amore di Elisa e Salvatore con un ruolo simile.
Camminava sveltamente per via Mezzo Cannone don Alessandro, poi imboccò il rettifilo e si ritrovò all'ingresso dell'Università di Napoli. Doveva andare alla stazione a prendere il treno per Nocera e c'era ancora un bel tratto da fare a piedi. Era andato a San Gregorio Armeno per i pastori per il presepio in chiesa. Niente aveva comprato ma si era fatto gli occhi, come si dice.
Una carrozza lo affiancò e si fermò sul ciglio della strada, un signore sulla cinquantina seduto nel dietro scoperto della carrozza prese a guardarlo insistentemente, poi lo chiamò per nome:
– Don Alessandro! Siete voi, vero?
Francesco Caso