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Amore e gelosia (XLVIII)



XLVIII

Cenarono tutti e tre insieme e tutto sommato fu anche una gradevole serata.

La madre di Salvatore fu di una gentilezza squisita con Elisa, quasi irriconoscibile, e il figlio l'avrebbe abbracciata con forza, tanto ne fu contento.

"Ma vuoi vedere che sta cambiando? che quasi quasi si è rassegnata e anche l'idea del matrimonio le è entrata in testa? accussì fernisce sta iacuvella ed Elisa me la porto a Napule, ccà, a casa mia! 'A matine quanne scennimme pe Tulede e annanze 'o Gambrinus, sai che schiattamiente! sta uagliona è bella e sape veste! ate che chelli quatte sciacquette che se la tirano e poi nun sanne manche addò s'accumincia per essere eleganti!"...

Questi pensieri turbinavano nella mente del poeta e lo rendevano felice: e invero, Elisa era davvero bella ed elegante, e tutte le volte che era venuta a Napoli e sottobraccio al suo uomo si era presentata al Gambrinus o a piazza de' Martiri, i complimenti e le galanterie dei maschi si erano sprecati, le occhiate di invidia e di gelosia delle donne invece l'avevano fulminata, con grande soddisfazione di Salvatore.

Figlia prediletta del padre giudice, e della madre ricca ereditiera, Elisa apparteneva ad un ceto di provincia ma di condizione sociale alta: si vestiva nelle migliori sarte di Salerno e di Napoli, e aveva un gusto innato nel saper scegliere le migliori stoffe con cui le sarte le confezionavano dei vestiti splendidi, sotto lo sguardo vigile della mammà che si mangiava con gli occhi quella figlia così bella.

La differenza tra lei e le invidiose napoletanine che l'avrebbero voluta fulminare con gli sguardi, era che, nonostante fosse «na provincialotta di paese», Elisa sapeva osare, sapeva scegliere colori che erano scioccanti per quei tempi così ipocritamente seriosi e riservati: la prima volta che aveva conosciuto Salvatore Di Giacomo, era entrata alla biblioteca nazionale con un vestito rosso! rosso, quando le signorine bon ton della buona società napoletana, al massimo vestivano di bianco, di nero e di grigio! Eppure il poeta l'aveva notata subito, e quel vestito rosso l'avrebbe ricordato per tutta la vita.

Il verde, il giallo, il rosso e anche il nero e il bianco, le stavano benissimo: esibiva vestiti con tutte le tonalità e mai niente di stonato negli abbinamenti. Il padre spendeva per lei cifre non indifferenti, ma lo faceva anche lui con gioia: vedere quella bella ragazza passeggiare con baldanza per il paese e sapere poi dei suoi successi a Napoli, dove ormai tutti la conoscevano e l'ammiravano, inorgogliva il vecchio giudice e lo rendeva felice.

Poi come Dio volle, la cena finì e giunse il momento del commiato: la madre era stata inflessibile in proposito:

– Figlio mio, stasera te ne vai a dormire in albergo! Elisa resta ccà cu mme e me fa pure compagnia, ma tu nun puó durmì nella stessa casa con la tua promessa sposa, lo faccio per la sua reputazione e per rispetto ai miei consuoceri... te piacesse eh? N'atu poco figlio mio, prima te la sposi e poi sarete sempre insieme, con la mia benedizione...

"Che brava donna è mia madre... e solo ora mi accorgo quanto vuole bene ad Elisa", pensava il figlio, e a malincuore ma anche confortato da come si stava mettendo la situazione, diede un ultimo casto bacio alla sua fidanzata e lasciò la casa per recarsi a dormire in un alberghetto poco distante.


Francesco Caso



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