«Anselmo Di Ciò! Chi era costui?», potrebbe dire il lettore, parafrasando il don Abbondio manzoniano. Nel contributo "Scienza e Scienziati" di Campobasso (e del Molise) - all'interno nel ponderoso volume antologico "Campobasso, capoluogo del Molise" realizzato dal Comune - sostenevo la storica mancanza di una cultura scientifica nella nostra regione e il fatto che qualche spunto promettente apparve solo dopo la Rivoluzione Francese ed i suoi echi napoletano. Sottolineavo inoltre un altro fatto: le uniche opere scientifiche, ancorché poche e tradotte male, circolavano da noi solo nelle mani degli appartenenti al clero o in quelle di qualche loro allievo facoltoso, ma erano da circa due secoli sottoposte a rigorosi controlli censori dell'autorità ecclesiastica per via della vicenda del processo a Galileo e delle imposizioni della Controriforma. La matematica, ad esempio, era quasi sempre studiata nella parte aritmetica, geometrica ed algebrica non troppo "contaminata" da Newton, Leibnitz, Cartesio, Fermat, ecc., anzi alcuni eruditi dedicavano il loro tempo alla ricerca di "soluzioni" alternative a problemi che erano facilmente risolvibili con quelle "contaminazioni" pur di non utilizzarle (quando le conoscevano). Un esempio di tale modo di pensare e di procedere è quello del nostro canonico Anselmo Di Ciò da Capracotta, docente e pubblicista di matematica (oltre che di altre discipline).
Nato il 21 aprile 1767 nell'alto comune molisano ai confini con l'Abruzzo, dopo aver studiato nel seminario di Trivento (all'epoca ottima scuola: da essa usciranno molti uomini di cultura molisani anche nell'800) divenne prete nel 1791 e fu poi nominato professore di filosofia con insegnamento anche... giuridico e matematico! Questo fatto non deve troppo meravigliare dal momento che, ritenendosi la logica e la filosofia praticamente indistinguibili, la matematica e il diritto se ne consideravano applicazioni. Naturalmente il Di Ciò era erudito anche in teologia, latino e lettere italiane (sempre il Manzoni ci farebbe pensare ad una sorta di don Ferrante nostrano) e questo gli permise di fare da insegnante a molti giovani che diverranno poi famosi nel campo della cultura, della politica e dell'apparato dello Stato, sia con i Borboni che con il Murat. Valga per tali allievi il nome illustre di Vincenzo Cuoco, ma anche dell'abruzzese Benedetto Croce, nonno del filosofo e giurista di rango. Quelle poliedriche conoscenze porteranno infatti il Di Ciò ad insegnare prima in molte scuole molisane e delle regioni confinanti e poi a Napoli, dove aprì una sua rinomata scuola privata. Sarebbe finito a Pavia, dove pure era stato invitato, se non glielo avessero impedito gli acciacchi dell'età e quindi restò a Napoli dove morì il 6 gennaio del 1835.
Il canonico Di Ciò si dilettava, nei soggiorni estivi a Capracotta, anche nel collocare, sulla montagna, trappole da lui costruite per la caccia ai volatili (starne, pernici e quaglie), ma mal gliene incolse perché pare che un giorno si imbattesse in un grosso orso che era lì per sottrargli quelle ghiotte prede e la scampò solo perché, svenuto per la paura, l'orso gli preferì una bella pernice finita in trappola.
Gli scritti di matematica di Anselmo Di Ciò sono vari e didatticamente interessanti come testi per i giovanetti del tempo se non fosse per la citata mania di non utilizzare strumenti di calcolo dell'analisi e della geometria analitica, noti da tempo, che avrebbero semplificato (e abbreviato) di molto la trattazione.
Pubblicò in Napoli nel 1811 un libro di 272 pagine dal titolo "Geometria piana" e nel 1816 un altro (che comprendeva in parte il precedente): "Elementi di matematica" in due volumi, il primo dedicato all'aritmetica e il secondo alla geometria. Scrisse inoltre svariati opuscoli ("La trisezione dell'angolo" - 1796, "Sperimento matematico di recente immaginato" - 1810, ecc.) di cui si riportano di seguito, come curiosità documentaristica, alcuni frontespizi e pagine. Successivamente preparò, ma non pubblicò, gli "Elementi di geometria solida", insieme a molti altri inediti di filosofia, matematica e varia umanità. Ancora alla fine dell'800 Anselmo Di Ciò veniva annoverato tra gli uomini illustri del Molise anche da Pasquale Albino e da altri storici e cronisti della nostra provincia.
Carlo De Lisio
Fonte: C. De Lisio, Anselmo Di Ciò da Capracotta, in «Quaderni di Scienza e Scienziati Molisani», V:8, Campobasso, marzo 2010.