È un uomo di molte speranze quando parte per il Congresso; ma quando ritorna quasi sempre è un altro. Ha i nervi tesi, allora; tutto gli dà fastidio, non può sentir né rumori né suoni, specialmente di... tromba, ed è capace di rimanere a digiuno se sulla tavola apparecchiata fa bella mostra di sé un... fiasco.
– Dio mio – gli domandano premurosi gli amici – ma sei matto?
– Sì... no... lasciatemi fare.
– Ma in tal caso noi facciamo voti...
Diventa feroce:
– Voti? Voti? Me ne infischio, dei vostri!
– Oh, ma perché ci tratti così? Ti abbiamo sempre riguardato come il nostro amico più eletto!
Scoppia, allora:
– Ma se non mi hanno eletto affatto, bestie che siete!
Al Congresso non è difficile conoscerlo: già, non gli sfuggite. Vi guarda, vi scruta, e i suoi occhi sono come due ganci. Quando sa che siete maestro, vi sorride; alla notizia che siete congressista vi stringe la mano...
– Delegato?
– Sì.
Vi cade tra le braccia.
– E ti chiami?
– Cecco Rocco.
– Benissimo, non m'è nuovo il tuo nome: sei... aspetta... aspetta... di...
– Capra...
– Ah, ecco, di Capracotta!
– No, Capracruda.
– Ma è lo stesso. Lessi un tuo articolo su I Diritti.
– Ma io sono abbonato a Scuola, libertà...
– ...e fratellanza...
– ...No: giustizia.
– Ah, ora ricordo bene: proprio in questo giornale vidi il tuo bellissimo articolo su...
– Non è possibile! non scrivo mai... Sì, qualche volta il sagrestano mi prega di buttargli giù quattro righe per la moglie che sta lontano a servire... ma questo non c'entra.
– Eppure, guarda, mi pareva tanto!... Ah, tu fai amicizia col sagrestano?...
– Ma... sai...
– Che? Fai benissimo: t'approvo. Finalmente un certo principio di moralità... di religione, ci vuole. Ah, io sono stato sempre per la fede dei miei maggiori, e il prete, tira là, non è quella bestia nera!... E mi fanno ridere quando parlano di scuola.
– Oh, oh, ma che credi? Ma no, il mio sagrestano, poveretto, accende le candele e tira le campane per la pagnotta; ma ha un'anima di proletario ed è più rivoluzionario di Braccialarghe! Se non fosse così, non lo guarderei neppure; lo metterei al cantuccio come ho fatto col curato. Amici codini non ne voglio.
L'autocandidato spalanca le braccia:
– Così, così mi piaci. Volevo ben dire... Io facevo per non avvilirti: ma noi dobbiamo andare verso la vita. Già uno quasi sovversivo: non si dirà mai che Taddeo Bertoli...
– Bertoli? Tu sei Taddeo?... Ah, per Bacco, ma a te sì che ti si conosce!... Scrivi da per tutto, su I Diritti, la Tribuna, il Corriere, l'Unione...
La fronte dell'autocandidato si tinge di un rosso che può anche essere di modestia: la sua voce prende un che di untuoso:
– Ma... così... qualche volta, butto giù!
– Scrivi di politica, di scuola, di letteratura, di cucina...
– Troppo buono...
– Di scuola pedagogica, di lavoro manuale. Ah, bravo, bravissimo... Ho piacere!
– Zitto, zitto; che bravo! I colleghi, piuttosto son buoni con me, e quei signori della stampa!...
– E fai dei discorsi anche!
– Così... qualche parola; ogni tanto, porto il saluto della Sezione, nei convegni, nei comizi....
– ...Nei congressi.
– Già. Ma pel Congresso ho pronti dodici discorsi.
Cecco Rocco ha dei segni di spavento.
– Che vuoi! bisogna dir tutto e non aver peli sulla lingua: anche la nostra Unione ha bisogno di essere rinnovata dalle radici.
– Hai ragione, ci vuole una riforma...
– ...Radicale! Ed io apposta mi sono iscritto nel partito radicale, che poi, mentre ha un sapore di sovversivo, permette anche la partecipazione al potere, e se non si conquista il potere non si fa nulla... Se non si è in cima all'albero...
– ...Non si possono rinnovare le radici: è naturale!
– Bravo! Vedi che le verità non sfuggono alle persone intelligenti. Peccato davvero che un maestro come te debba essere sacrificato laggiù a Capracotta!
– Ma no: Capracruda!
– Fa lo stesso. Del resto credi tu che se i signori della Presidenza dell'Unione avessero avuto un po' di buona volontà non avrebbero potuto migliorare le condizioni di voi colleghi di Capra...?
– ...cruda.
– Chi ha mai preso a cuore gl'interessi vostri? La vostra voce lassù non arriva.
– Dici bene: bisogna portarcela! Giusto nell'ordine del giorno del Congresso c'è anche l'elezione dei consiglieri...
L'autocandidato ha un sorriso un po' amarognolo:
– Ah, ma che speri? Sono sempre gli arruffoni che vanno su; gli altri debbono lasciar fare. E t'assicuro che tra quelli che rimangono giù, vi sono dei valorosi che scrivono in tutti i giornali, di politica, di questioni scolastiche...
– Di arte, di letteratura, di cucina...
– E parlano...
– E presiedono Sezioni. Ma lascia fare. Questa volta il mio voto è per te.
L'autocandidato protesta:
– Che dici mai! Non parlavo mica... Troppo buono.
– Via, via, bando ai complimenti: tra colleghi. E poi è ora d'imporsi: ho degli amici, il loro voto non lo negheranno... Peccato, però, che essi siano teste un po' calde, mentre tu... soltanto così radicale!
L'autocandidato non si scoraggia:
– Oh, finalmente, le idee camminano! Quando si è sulla strada, se occorre un passo di più, io non ci guardo!
Ma quasi sempre, al responso delle urne, s'accorge che è proprio la sua candidatura quella che non cammina!
Angelo Magni
Fonte: Agnolo, L'autocandidato, in «I Diritti della Scuola», VII:44-45, Roma, 30 agosto 1906.