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Bagliori e faville


Capracotta teleobiettivo
Panorama di Capracotta da Monte Campo (foto: G. Paglione).

Capracotta - chi non lo sa? - è un borgo abruzzese, noto non solo per il nome bizzarro, ma anche per la posizione incantevole e la salubrità dell'aria, per cui meritamente è reputata una delle stazioni climatiche più importanti d'Italia.

Nell'estate vi si recano in gran numero signori e signore della migliore aristocrazia italiana e straniera e volentieri vi trascorrono i mesi canicolari, perché ivi, oltre la frescura desiderata, l'amenità del paesaggio e l'ospitalità degl'abitanti, trovano anche ogni confort nei numerosi ed eleganti hotels.

Lassù spesso assieme allo scrosciare delle acque digradanti ed al gorgheggio degli uccelli si espandono per la campagna verde e per il cielo infinito i melanconici ed appassionati canti dei montanari, ed in quei canti è trasfusa l'anima di quel popolo montanaro con tutti i suoi dolori, con tutte le sue gioie, con tutte le sue tradizioni, con tutte le sue superstizioni, con tutte le sue speranze.

Ma non a tutti è concesso recarsi lassù ad attingere dal labbro di quei robusti garzoni, di quelle gioconde donzelle, di quei vecchi canuti, quelle dolci melodie.

Però un giovine, amante della terra nativa, Oreste Conti, con nobile intento, affinché a tutti possa giungere almeno l'eco di quelle rustiche composizioni, volenterosamente e pazientemente s'è recato per quattro anni di seguito, nei brevi periodi di vacanza, lassù in vetta alla sua verde montagna e con diligenza ed amore ha raccolto ed ordinati ben centotrentatre di quei brevi, sì ma schietti canti e li ha pubblicati in questi giorni per i nitidi ed eleganti tipi della Stamperia Editrice Frattarolo di questa città, in un interessante opuscolo di cinquanta pagine, arricchendolo di note esplicative e di leggiadre considerazioni.

Al giovine Oreste Conti, l'augurio di una seconda edizione dell'opuscolo, che ha per titolo "La poesia popolare capracottese".


Leonardo Sannita

 

Fonte: L. Sannita, Bagliori e faville: Capracotta, in «La Vampa», Lucera, 25 gennaio 1908.

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