Questa che ripercorriamo è una pagina triste della storia cittadina, amara per le decine di famiglie che persero quasi tutti i lori averi nel dissesto della Banca di Capracotta. Un'intrigante vicenda che sembra estratta da una pagina di cronaca finanziaria di questi mesi e che, invece, si riferisce ad avvenimenti successi più di settanta anni fa.
Prima di inoltrarci nel racconto, voglio premettere che la difficoltosa ricostruzione dei fatti e del ruolo delle persone coinvolte ha richiesto una selezione sia del materiale che degli eventi citati. Non posso assicurare di aver sempre scelto per il meglio; posso garantire di aver operato al meglio delle mie capacità, come mi dettava la coscienza e nient'altro. Nella sede che mi ospita mi atterrò alla pura cronistoria degli avvenimenti, riducendo all'essenziale le mie valutazioni e considerazioni sugli accadimenti che, tuttavia, verranno affidati ad una pubblicazione in corso di stampa.
Partiamo dall'inizio. Il 20 agosto del 1905, nel palazzo comunale sito allora in via S. Maria delle Grazie 21, l'attuale piazza Stanislao Falconi, per atto del notaio Filippo Falconi fu Agostino, si costituiva una Società anonima cooperativa di Credito con la denominazione "Banca di Capracotta".
La direzione della Banca è affidata ad Alessandro Campanelli fu Michelangelo, in qualità di direttore, e ad Agostino Santilli come vicedirettore; cassiere Amatonicola Conti di Ettore.
Presidente del Consiglio di Amministrazione l'assemblea nomina Tommaso Conti fu Pasquale, vicepresidente Gregorio Conti fu Ruggiero. Nel Consiglio di Amministrazione siedono, tra gli altri, Costantino Castiglione fu Giuseppe, Vincenzo Ianiro di Giovanni e Salvatore Di Tella. Il patrimonio della Società è costituito di 100.000 £ diviso in azioni di 50 £. Lo scopo, si legge nello Statuto, è: «procacciare colla mutualità e col risparmio, il credito ai propri soci a somiglianza di tutte le consimili istituzioni popolari e cooperative».
Nei primi anni del Novecento, in Italia, sorsero numerose piccole e medie banche, la cui nascita, favorita dal regime di inflazione cartacea che facilitò la raccolta dei depositi, coltivava l'intento di estendere in campo creditizio le positive esperienze di mutualità e cooperazione vissute in altri ambiti economici, sottraendo spazi ai rapporti creditizi informali e all'usura dilagante soprattutto nelle province meridionali.
Nel primo decennio della sua attività, l'attività della Banca rispose a queste attese.
Dalla lettura del bilancio al 31 marzo del 1923 emerge un quadro complessivo positivo: la Banca attrae depositi e risulta essere ben capitalizzata.
Il 29 maggio del 1929 si riunisce il Consiglio di Amministrazione. Il direttore dell'epoca è Costantino Castiglione: era stato nominato il 18 novembre del '28. Castiglione informa il Consiglio che, a seguito di verifiche contabili e sul servizio di cassa, sono state riscontrate delle irregolarità e malversazioni ad opera del cassiere Giuseppe Falconi fu Agostino. Falconi era stato assunto come cassiere nel '20, ipotizzo io, in sostituzione di Amatonicola Conti, sindaco di Capracotta negli anni 1914-18, morto il 26 gennaio del 1920 a cinquantuno anni.
Falconi era stato arrestato a Napoli quattro giorni prima, il 25 maggio; scarcerato e rimesso in libertà provvisoria 15 giugno successivo. Dal dispositivo della sentenza della 2ª Sezione del Tribunale penale di Campobasso datata 13 luglio del 1932, che lo condannerà per appropriazione indebita ad un anno di reclusione e al pagamento di 2.000 £ di multa, si legge: «Il Falconi nel periodo 1924-1928, si sarebbe appropriato in danno della banca delle somme affidategli a causa del suo ufficio per l'ammontare di 179.087 £ sui conti dei depositi e risparmi, sugli importi inviati dai corrispondenti nonché sugli effetti incassati omettendo tale somma in proprio profitto ed occultando inoltre le proprie malversazioni mediante fittizie registrazioni ed omettendo di registrare il denaro incassato».
A complicare le cose vi è anche un risvolto privato: Costantino Castiglione è il cognato di Giuseppe Falconi, ne ha sposato la sorella Vittoria, morta giovanissima a ventotto anni nel 1892. Nella sentenza del Tribunale si dà atto a Castiglione della integrità di comportamento in ragione del suo ufficio nonostante il legame familiare.
Gli ammanchi totali e le passività procurate dal cassiere infedele furono colmate attraverso proventi rivenienti dalla vendita dei terreni di Falconi, versamenti degli amministratori della Banca, concessione di mutuo ipotecario alla signora Ida Pitassi Mannella, moglie di Falcone, garantito su un terreno sito nell'agro di Foggia, località Stornara, e dalla garanzia ipotecaria di 61.000 £ iscritta sulla casa di Capracotta del cassiere valutata 85.000 £. L'escussione di questa garanzia sarà un vero tormento per i liquidatori della Banca.
Siamo nel '29, l'economia americana sperimenta la crisi economica che caratterizzerà la storia del Novecento. Si succedono una serie di fallimenti bancari. Il parallelismo con l'attualità è puntuale. In Italia entra in crisi il modello della cosiddetta "banca mista", il perverso intreccio tra banca e industria che aveva prodotto tra le sue vittime eccellenti la Banca italiana di Sconto, fallita nel 1921. Di lì a poco gli effetti della Grande Depressione americana si faranno sentire anche nelle economie locali. Il Meridione d'Italia non farà eccezione. Allora come ora vale la regola che se entra in crisi la finanza ne soffre persino l'agricoltura.
La vicenda Falconi infligge un primo duro colpo alla sopravvivenza della Banca. Castiglione lo comprende e decide di agire. Il 14 novembre del '29 indirizza al direttore del Banco di Napoli una missiva in cui di fronte alle difficoltà crescenti di fronteggiare il ritiro dei depositi e nell'intento di conservare l'istituto locale «magari sotto altra forma», propone l'assorbimento della Banca di Capracotta da parte del Banco.
Castiglione è consapevole che questa è l'unica strada praticabile per preservare la sopravvivenza della Banca.
Consapevole e ben informato, aggiungo io, nel rivolgersi al Banco di Napoli. Il 17 luglio del '29 era stata costituita la Società anomina per azioni Banca agricola commerciale del Mezzogiorno, l'Agricom come verrà chiamata. Tra gli azionisti vi era il direttore generale del Banco di Napoli, Giuseppe Frignani, ideatore del progetto. L'oggetto sociale venne identificato «nell'esercizio del credito per favorire lo sviluppo dell'agricoltura» ma, qualora fosse stato necessario, «acquisire partecipazioni in istituti di credito locali». L'azione dell'Agricom si sviluppò proprio sul terreno delle acquisizioni di banche locali in crisi sia rappresentando un'ancora di salvezza per molti centri desiderosi di sostegno finanziario che assicurando la tutela dei depositi e dei risparmi di tante famiglie.
In sette anni di attività l'Agricom assorbì o acquisì la totalità del pacchetto azionario di ben otto istituti tra cui la Banca popolare di Alfedena e la Banca popolare di Caiazzo.
L'Agricom ebbe un ruolo attivo anche nella liquidazione della Banca popolare di Campobasso, finanziando gli acquirenti delle attività dell'Istituto.
La richiesta non ebbe seguito. Vani anche i tentativi successivi di approcciare il Banco di Roma; rigettata, dalle autorità di vigilanza sul credito, l'istanza di trattative con la Cassa di Risparmio marrucina di Chieti.
Nei tredici mesi e dieci giorni di sua permanenza alla direzione della Banca, Castiglione realizza che lo stato di dissesto in cui versa la Banca non sia da attribuirsi solo alle malversazioni di Falconi. A più riprese tra il novembre e dicembre del '29 denuncia alla Prefettura di Campobasso, nonché all'Assemblea della Banca, affinché «le comode tolleranze non passino allo stato di dimenticanza con l'impunità di coloro che tengono mano a questa deplorata incoscienza», il disordine contabile dei rapporti tra Banca e Comune di Capracotta. Si apre un nuovo fronte sulle cause del dissesto.
Facciamo un passo indietro. Il 16 ottobre del '28, Giuseppina Monaco moglie del defunto esattore Salvatore Di Tella, cede alla Banca il servizio di esattoria e tesoreria comunale. Nel contratto vi è la condizione che la vedova abbia la responsabilità della tenuta conti per il solo anno '26, comprensibile visto che il marito muore il 27 gennaio del '27. Per gli anni 1927 e 1928 risponde la Banca. Dai registri della Banca risultava un attivo di 50.910,30 £ verso il Comune. Nella contabilità comunale la Banca risultava, invece, debitrice di 26,611.19 £. I conti non tornano: in contestazione vi sono niente di meno che 77.521 £.
Le denunce di Castiglione vennero di fatto "insabbiate" a livello provinciale. Per contro, nell'Assemblea della Banca tenuta il 2 dicembre del '29, Alfredo Conti prendeva la parola per difendere la correttezza di Gregorio Conti, podestà di Capracotta nonché vicepresidente della Banca, chiamato in causa dalle denunce di Castiglione. Nel verbale si legge che «l'Assemblea, venuta a conoscenza delle insinuazioni lanciate dal Castiglione all'indirizzo di Gregorio Conti, rendendosi interprete dei sentimenti della popolazione, riafferma intera fiducia, stima e devozione verso il Regio Podestà».
Della denuncia di Castiglione circa il «caotico sistema di contabilità e relativi sbilanci contabili», vi è conferma nella relazione di Umberto Marzullo di Pasquale, uno dei ben cinque commissari che si succederanno alla guida della liquidazione della Banca.
Lo scontro fu duro, personale, ed ebbe strascichi giudiziari. Breve considerazione: questi uomini che si erano anche duramente "combattuti" in vita, riposano nel nostro cimitero gli uni a poca distanza dall'altro.
Ironia della storia toccherà ad un altro Castiglione, Filiberto, classe 1889, figlio di Costantino e Vittoria Falconi, il 26 luglio del 1938, in qualità di podestà, concordare una transazione e risolvere il contenzioso tra Banca e Comune.
Venute meno le ipotesi di aggregazione o assorbimento da parte di altro istituto e fallito un ultimo disperato tentativo di ricapitalizzare la Banca, il 30 ottobre 1932 viene convocata un'assemblea straordinaria presieduta da Alessandro Campanelli, con all'ordine del giorno la messa in liquidazione e la nomina di un commissario.
In apertura di seduta l'Assemblea commemora Tommaso Conti, ex presidente della Banca, morto il 13 agosto dello stesso anno. L'Assemblea non può che prendere atto dello stato dissestato della Banca e approvare l'ordine del giorno. Si chiude una pagina ma il calvario delle famiglie che aspettano di riavere i loro risparmi è solo agli inizi. Non si trova l'accordo sul nome del commissario. L'Assemblea si aggiorna al 2 novembre successivo, quando viene nominato Vincenzo Ianiro fu Giovanni. Durata della liquidazione: 3 anni. L'Assemblea si orienta verso una soluzione "interna": Ianiro, oltre che aver fatto parte del Consiglio di Amministrazione della Banca, è stato anche per un certo periodo dipendente.
La scelta non sarà delle più felici: Ianiro non garantisce con la sua attività quella imparzialità necessaria al ruolo.
Passano invano, ai fini della liquidazione, più di tre anni. L'8 marzo del 1936 viene nominato Carlo Monaco di Giovanni nuovo liquidatore. Il 21 gennaio del '37, Monaco redige una relazione sullo stato finanziario della Banca: il passivo supera di ben 228.837 £ il valore dell'attivo stimato in 337.094 £. Il capitale sociale di 100.000 £ era quindi perduto; rimanevano 128.837 £ di passivo che avrebbero prodotto una perdita stimata del 29% sui depositi a risparmio.
Il 19 febbraio del 1937, l'organo di vigilanza presso la Banca d'Italia nomina Umberto Marzullo fu Pasquale, segretario presso il Comune di Capracotta, nuovo liquidatore; sarà affiancato da un comitato di sorveglianza composto da Giovanni Paglione fu Francesco, Oreste Ianiro fu Antonio e da Amerista Di Lucente.
Il 6 marzo 1937 arriva il decreto di revoca all'autorizzazione per l'esercizio del credito a firma di Mussolini, capo del Governo, controfirmato in pari data dal governatore della Banca d'Italia Vincenzo Azzolini.
Il 2 agosto 1938 viene formalizzato l'incarico ad un nuovo liquidatore: Domenico D'Onofrio fu Feliceandrea, avvocato in Agnone. Marzullo lascia perché nominato ragionere capo al Comune di Velletri.
Nel mese di agosto dello stesso anno si dimetteranno dal Consiglio di Sorveglianza Amerista Di Lucente e Giovanni Paglione, quest'ultimo per motivi di salute, sostituiti da Gregorio Giuliano di Eugenio e da Ermanno Santilli fu Ruggiero.
Per avere un primo atto concreto di risarcimento verso i depositati della Banca si deve attendere il 1° febbraio del 1939, quando il Comitato di Sorveglianza autorizza la distribuzione di un primo riparto del 5%.
La guerra è alle porte: D'Onofrio viene richiamato alle armi. Otterrà un primo rinvio ma poi dovrà partire. Anche Ermanno Santilli è chiamato alle armi, così come Gregorio Giuliano, pompiere a Campobasso.
Novembre '43: Capracotta brucia. Le speranze di molte famiglie di riavere i lori risparmi rischia di andare in fumo, come le loro case.
L'immobile dato in garanzia da Falconi, costituente tra gli attivi della liquidazione, è distrutto perché bruciato dai tedeschi.
L'avv. Nicolino D'Onofrio, omonimo del liquidatore, legale della Banca muore durante il bombardamento di Isernia, con lui vanno perse tutte le pratiche, gli atti e i titoli creditori. Anche tutta la documentazione della Banca va distrutta, compresa la lista dei depositanti che aspettano ancora di essere rimborsati da quel che resta della liquidazione.
Fortunatamente, copia della stessa era in possesso della Banca d'Italia di Campobasso, a loro inviata in occasione del primo riparto.
L'8 maggio del 1948 D'Onofrio si dimette da liquidatore: ha conseguito la nomina a notaio e dovrà trasferirsi. Il 23 novembre dello stesso anno viene nominato Giuseppe Marinelli fu Giovanni, avvocato in Agnone.
Marinelli riesce finalmente a liquidare gli attivi della Banca: ottiene lo smobilizzo dei titoli a garanzia e a liberare l'ipoteca sulla casa Falconi che nel frattempo era stata ricostruita. Per la cronaca, dopo una serie di vicissitudini, l'ipoteca sulla casa fu riscattata dallo stesso ex-cassiere.
Il 23 aprile del 1950, il Comitato di Sorveglianza, su proposta di Marinelli, delibera l'ammontare totale del riparto ai creditori nell'ordine del 20%. La somma da ripartire è 79.104 £: una beffa per i depositanti. Ecco perché all'inizio ho parlato di storia amara.
A Costantino Castiglione fu risparmiato di assistere a questo epilogo: era morto nel maggio del '43. La sua tomba sbiadita, quasi cancellata, nel cimitero di Capracotta, non rende omaggio ad un uomo che, per come l'ho conosciuto ricostruendo questa storia, mi ha emozionato per coraggio e determinazione nel difendere la causa della Banca.
Mi permetto di onorarlo dedicandogli questo scritto visto che, tra l'altro, proprio in occasione dello sgombero per lavori della sua casa, Antonio Vizzoca recuperava alcuni indizi di questa vicenda.
In questo ritrovamento vi ho voluto scorgere un segno: l'unica licenza che mi sono concesso nel ricostruire questa vicenda. Mastr'Antonio, in una mattina di dicembre di oltre quattro anni fa, mi affidò questi indizi ed io promisi che me ne sarei occupato. Ho provato ad onorare questa promessa e spero di esserci riuscito. Se così non fosse, la responsabilità è solo mia.
Incoronato Sammarone
Fonte: I. Sammarone, La Banca di Capracotta: storia di un dissesto, in «Voria», II:5, Capracotta, dicembre 2008.