Dindi e Lallo erano fratelli e vivevano nel paese di Capracotta, con la madre, la signora Veronica. Facevano i meccanici; riparavano le biciclette, le motociclette e le automobili.
Erano amici di un gallo portafortuna: il gallo del loro pollaio, il quale, quando era stanco di stare nell'orto, andava a passeggiare in paese, entrava nella bottega dei due fratelli e ci stava contento.
Qui volava da un'automobile all'altra, dentro gli scaffali, sui travi o sulla finestra, o sporgeva il collo di tra i ferri della grata, per farsi vedere. Di tanto in tanto lanciava all'aria qualche cantatina, e Dindi e Lallo gli rispondevano, come se fossero anch'essi due galletti canterini.
In tutti i pollai di Capracotta non c'era un gallo così bello e forte.
Pareva un re: un re guerriero. La cresta era come un elmo rosso scuro, quasi nero; e i bargigli sembravano una barba severa.
Il becco era forte, pronto a colpire, e gli occhi, freddi, senza espressione, come quelli delle persone furbe, che non lasciano capire ciò che pensano. Aveva le piume rosse e la coda che sembrava un grande punto interrogativo blu. Camminava diritto, superbo, da padrone.
Nell'orto, le galline lo seguivano beccando i semi tra l'erba e chiocciando.
Il farmacista di Capracotta lo guardava con ammirazione, e volle dargli un nome.
Lo chiamò Bir-Bill.
– Ih, com'è ridicolo! – esclamò la signora Veronica.
– È il nome di un medicamento inventato da me – rispose serio il farmacista.
Fu lui, per primo, a dire che il gallo della signora Veronica portava fortuna; perché aveva sotto le ali certe piume nere che, a guardar bene com'erano disposte, formavano dei numeri, i numeri, si diceva, del lotto.
La notizia si era sparsa in paese; e le comari invidiavano la fortuna dei due fratelli e della loro madre che, un giorno o l'altro, sarebbero diventati ricchi.
La signora Veronica stimava il farmacista come un bravo uomo, molto istruito; ma a quelle bubbole non credeva e non pensava.
Accaddero però due fatti i quali persuasero tutti che Bir-Bill era veramente un gallo portafortuna.
Una sera, finito il loro lavoro, Dindi e Lallo, mentre stavano per chiudere la bottega e tornare a casa, videro il gallo appollaiato su una trave. Si provarono a farlo scendere, ma l'animale non si mosse.
Pareva deciso a passare la notte lassù. Allora stabilirono di lasciarlo in pace, e se ne andarono. Quella notte entrarono i ladri nella bottega. E c'erano delle motociclette nuove, diverse biciclette e una bella automobile, già riparate.
I ladri avrebbero potuto fare un grosso bottino; senonché il gallo si mise a starnazzare e a volare per la bottega, facendo un chiasso d'inferno. La gente del vicinato si svegliò, si affacciò alle finestre, e si chiedeva che cosa stava succedendo. E così i ladri, per non essere scoperti, scapparono.
Cesare Zavoli
Fonte: C. Zavoli, Bir-Bill, il gallo portafortuna, Mutilati, Carpi 1951.