A voler condensare in poche pagine la storia della razza Persano si fa una fatica immane ma piacevolissima poiché è davvero affascinante la genesi e l’evoluzione di questo splendido cavallo italiano.
Perché Persano? Perché a Persano, in provincia di Salerno, i Borbone decisero, in una loro tenuta di caccia, di allevare cavalli per ogni loro esigenza (militare, di caccia). Una forma di organizzazione lucida di allevamento equino si deve a Carlo III di Borbone, il quale nel 1763 decise di razionalizzare ciò che già in maniera spicciola e disordinata si faceva da un secolo circa, non solo a Persano ma anche a Carditello (Caserta) e a Ficuzza, in Sicilia. Si lavorava allora, si riproduceva basandosi su due popolazioni cavalline, genericamente definite napoletane e salernitane, molto affini ovviamente perché contigue.
La Napoletana più imponente, più "di carrozza", più elegante anche per aver avuto influenze andaluse nei secoli passati, la salernitana più rustica, più forte, meno alta e meno rappresentativa, per solito brada proprio nella Piana del Sele, attorno a Persano.
Nel 1741 su un certo numero di femmine di questi due ceppi, (pare 61 femmine!) il Re di Napoli decise di far riprodurre quattro stalloni di razza Araba, che aveva ricevuto in dono dall'Ambasciatore turco Huseyn Efendi in occasione di un Trattato di pace e commercio stipulato tra l'Impero Ottomano e il Regno delle Due Sicilie.
I Borbone quindi selezionando per linea femminile su base locale riuscirono a dare vigore e brio ad una linea di razza di grande pregio.
Pare che nella loro scelta di apportare sangue arabo (della Mesopotamia) su popolazioni cavalline indigene, non fosse di secondaria importanza il fatto che così si producessero cavalli più leggeri, con diametri trasversi ridotti, un po' più bassi del "carrozziere" di napoletana origine ma tanto più nevrili, tanto più agili e veloci. Si scelse cioè di produrre cavalli più adatti per le tecniche di guerra che stavano cambiando in quel periodo: da guerra di appostamenti, di battaglie frontali, di fanterie opposte, a guerra di movimenti veloci, di aggiramento rapido del fronte nemico, di movi- menti di cavalleria tanto rapidi da risultare sorprendenti.
I Borbone cioè compresero fin dalla metà del Settecento quell'evoluzione dello stile dell'Arte Militare che ebbe poi il suo principale artefice in Napoleone, verso la fine del Settecento.
E il cavallo allevato a Persano fu un fantastico interprete di ciò: un cavallo brioso ma sereno, tranquillo e confidente col buon cavaliere, forte, robusto e resistente, molto equilibrato ed "intelligente", mai timoroso, mai nervoso.
L'evoluzione poi della "Reale Razza" di Persano ha avuto vicende alterne e non sempre fortunate: ad esempio, l'introduzione di sangue centroeuropeo, della razza Meeklemburg, decisa da Ferdinando II, Re Nasone dal 1830 al 1859, non fu una buona idea, producendo soggetti con tare, bassa fertilità, scarso sviluppo osseo nei puledri: fu nefasta quindi la scelta di accoppiare «fattrici indigene di ceppo orientale con stalloni prussiani», come attestò l'allora Direttore Brandi ai suoi Superiori.
Ma nel 1860, alla nascita dello Stato unitario, il Demanio dello Stato tentò di gestire la "Razza Governativa di Persano" per alcuni anni e nel 1868 passò la mano al Ministero della Guerra, con una base di ben 356 capi di cui 287 femmine!
Si poteva fare, si sarebbe potuto fare un gran bel lavoro di selezione, ma a sorpresa nel 1879 un decreto dello stesso Ministero della Guerra sancì la soppressione della ex "Reale Razza di Persano", ora "Razza governativa di Persano".
Si decise di vendere tutto il parco cavalli sulla piazza di Eboli: ma nella casa regnante ben si conosceva il valore quel ceppo genetico, tant’è che il responsabile Cavalli di Casa Savoia acquistò in quella occasione molti esemplari, i migliori forse, che andarono a far parte della tenuta di San Rossore. Altri più idonei furono acquistati da accorti allevatori della stessa Piana del Sele: tra di essi anche un noto produttore di cavalli da trotto (Gargiulo di Afragola).
Ma, ancora, nel 1900 il Ministero della Difesa volle la ricostituzione della Razza di Persano: si fece un intenso lavoro di ricerca e acquisizione di ciò che si era stoltamente disperso solo 26 anni prima, ripartendo con 100 fattrici per lo più indigene (o salernitane) ed esemplari di Persano recuperati da San Rossore. Si scelse, per fortuna, di usare soprattutto riproduttori arabi o berberi o beduini: oltre 50 stalloni acquistati tra il 1906 e il 1929 da Siria, Mesopotamia, Egitto.
Molti di questi, per saturazione, hanno riprodotto anche in Sardegna, a fare quella base equina dalla quale, nel 1937 col purosangue inglese Rigogolo, si derivò e si iniziò la razza anglo-araba-sarda, con lucida e soprattutto costante programmazione.
A Persano invece, si reiniziarono presto forme di meticciamento, forse per la discontinuità della direzione aziendale.
Col tempo poi, in relazione a riorganizzazioni logistiche attuate (1954) dall'Esercito Italiano, i cavalli Persano furono concentrati a Grosseto, presso il Centro Veterinario Militare, da dove si continuò a rifornire i reparti montati, via via sempre più ridotti come numero e come esigenze di soggetti allevati in purezza: infatti, scelte diverse si affermarono come linee di sangue maschile, sicché a Grosseto il Persano perse via via rilievo.
Alla fine degli anni Novanta, una specifica attenzione al destino di un gruppo di circa 160 soggetti Persani dichiarati di fine carriera venne posta dal Corpo forestale dello Stato.
Fu facile concordare con l'Esercito la cessione di quei soggetti sicché 41 femmine "scartate" vennero destinate nell'Azienda demaniale della Torre di Feudozzo in Castel di Sangro (L'Aquila) per tentarne la riproduzione, e circa 120 maschi castroni vennero distribuiti in varie riserve gestite dalla Forestale, per servizi ordinari di pattugliamento del territorio.
Sulle femmine persane pure dislocate a Feudozzo, quelle che presentavano problemi non incompatibili con una gravidanza vennero incrociate con salernitani puri ottenendo una leva giovanile di gran pregio.
A livello funzionale, i persani si dimostrarono in fretta cavalli di totale affidabilità, intelligenti, rapidi nell'apprendere (non a botte, però!) e dal carattere molto equilibrato e confidente, docile e coraggioso.
Nell'ordinario servizio di pattugliamento, hanno poi convinto rapidamente anche cavalieri molto esperti ed adusi ad altre razze.
L'inserimento del nucleo di "Feudozzo" nelle procedure in corso presso l'Associazione regionale allevatori della Campania, che opera per conto dell'Aia (Associazione italiana allevatori) alla costituzione di un registro anagrafico del Persano e del Libro Genealogico, fanno ben sperare nella ricostituzione di una base numerica e qualitativa di questa splendida razza storicamente italiana e così il Corpo forestale dello Stato avrà salvato dall’estinzione ancora una razza animale.
Giovanni Potena
Fonte: G. Potena, Dai Borboni alla Forestale, in «Il Forestale», 54, gennaio 2010.