Pescopennataro è un piccolo centro dell'Alto Molise, arroccato su uno sperone di roccia a 1.200 metri di altitudine, un nido d'aquila che domina la valle del Sangro, al confine tra l'Abruzzo e il Molise.
La definizione di «paese degli abeti e della pietra» individua due suoi elementi identitari. Da un lato il grande bosco di abeti bianchi che risale il pendio del Monte Campo. Dall'altro, l'antica tradizione degli scalpellini locali, capace di promuovere anche una scuola di scultura della pietra. La nostra passeggiata può allora cominciare proprio con la visita al Museo della Pietra.
Percorriamo le sale dedicate alla geologia delle rocce, alle selci lavorate dalle locali genti preistoriche e alle realizzazioni degli scalpellini pescolani. Una curiosità è l'originale presepe assemblato con pietre naturali, levigate esclusivamente dall'acqua e dal tempo, che suggeriscono i vari personaggi della tradizione natalizia.
La scuola di arte della pietra convertì molti agricoltori e allevatori in artigiani, con conseguenti benefici economici alle famiglie e l'acquisizione di prestigio per i mastri, chiamati a realizzare balaustre, acquasantiere, fontane, cappelle gentilizie, cippi funerari, portali, stucchi e decorazioni di case e chiese.
L'uscita dal paese può seguire un doppio percorso allo scoperto - una pista ciclabile e il sentiero di Pinocchio - entrambi accompagnati dalle opere realizzate dagli artisti partecipanti ai simposi di scultura in pietra, tenutisi in paese per alcuni anni. Davanti a noi è ben visibile il bosco degli abeti soprani con l'eremo di San Luca che costituisce l'obiettivo dell'escursione. All'inizio del bosco facciamo tappa all'ostello "Montagna Amica", una recente struttura turistica di ospitalità rivolta ai gruppi di ragazzi. L'ostello è l'erede di una più antica colonia estiva, dove tanti giovanissimi abruzzesi hanno vissuto momenti di formazione e di vita all'aperto negli anni Sessanta. Una fotografia nel museo di Pescopennataro documenta puntualmente quei campeggi in tenda della Gioventù italiana di Azione cattolica (Giac).
Seguendo le bandierine bianco-rosse del sentiero Cai n. 311 ci inoltriamo nel bosco degli Abeti Soprani, dove s'incontrano dei cippi in pietra che segnano il percorso dell'acquedotto; poi il sentiero si allarga e comincia a salire. Tralasciando alcune deviazioni minori, si affronta un pendio più ripido e si supera un fosso con un ponticello e qualche tornante. Quando il viottolo rimpiana raddrizzandosi, si giunge presto a un bivio con un pozzo di cemento sulla destra. Dopo un breve tratto pianeggiante il sentiero torna a salire, conducendo rapidamente ai piedi di un muraglione di sostegno della strada sovrastante. Adiacente al muro, una scalinata sale ripida a sinistra. Percorrendola, al suo culmine si sbuca su un piccolo piazzale all'altezza di un tornante della strada di Prato Gentile, davanti all'eremo di San Luca.
Il pregio del bosco che attraversiamo è rappresentato dagli abeti bianchi, alberi di grandi dimensioni con chioma sempreverde, autentiche piramidi di color verde cupo. Questi abeti hanno il fusto diritto e colonnare, con la corteccia dal caratteristico colore bianco cenerino. Con la definizione di abeti "soprani" si vuole indicare la loro superiorità per qualità e pregio. E si tratta anche di un bosco da seme, utilizzato per la riproduzione della specie in vivaio.
L'eremo di San Luca è stato edificato sfruttando uno sgrottamento naturale della parete rocciosa dell'omonima montagna. Nelle immediate vicinanze dell'eremo sorge poi la cappella dedicata all'Evangelista. Nella tradizione leggendaria fu luogo di sosta e di rifugio per san Luca in un suo viaggio da Roma alla Palestina quale latore delle lettere di san Paolo. In assenza di notizie documentate sulla sua storia, si racconta di alcuni eremiti che sarebbero vissuti a lungo in solitudine e povertà nell’antica cappella rupestre. All'interno, un semplice altare in pietra, un camino e una piccola scala a chiocciola che conduce al piano-soppalco superiore adibito ad abitazione.
Nell'anno 1943, quando la località era inserita nella Linea Gustav di difesa tedesca, l'eremo fu utilizzato come rifugio da un gruppo di soldati neozelandesi fuggiti dal campo di prigionia di Fonte d'Amore a Sulmona che cercavano di ricongiungersi agli alleati traversando il fronte. Non mancò a essi la solidarietà degli abitanti dei vicini villaggi. Solidarietà che fu pagata con la vita dai fratelli Fiadino di Capracotta, fucilati dai tedeschi per aver loro offerto ospitalità.
Il sentiero 311 da Pescopennataro a San Luca sale dai 1.200 metri del paese ai 1.500 dell'eremo, con un dislivello di circa 300 metri; sviluppa una lunghezza di 3,5 km con un tempo di percorrenza di un'ora e trenta minuti in salita e poco meno in discesa.
Carlo Finocchietti
Fonte: https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/, 20 agosto 2019.