Pubblicato da me per le nozze del Duca di Capracotta con la Duchessina Rivera.
Vanne, Apologo mio, deh vanne pure
al Parlamento di qualunque regno.
V'era in un bosco un'affilata scure,
ma priva del suo manico di legno,
e sentia che senz'esso, in caso urgente,
la forza del suo taglio era impotente.
Ella sapea che in quella gran foresta
era l'oggetto men significante,
ma pur segreta ambizïon funesta
avea di dominar tutte le piante;
e poi che dubbia un tal pensier la tenne,
diabolico concetto alfin le venne.
Con mascherata furberia volpina,
e in tuon di supplichevole lusinga,
cangia la ferrea voce in argentina
ed agli alberi fa solenne arringa,
e prona dice: – A voi del bosco nostro
venerabili padri, a voi mi prostro.
La Provvidenza in mezzo a voi mi trasse,
né sì tagliente fui temprata invano:
io vi difenderò da chi tentasse
levar su voi la temeraria mano:
dal ciel qui caddi, il ciel qui mi spediva,
come l'ancil famoso, al Tebro in riva.
Oh qual possente aïta or io vi reco,
piante robuste, eccelse e venerande!
Ma brama il ciel che concorriate meco
della vostra salute all'opra grande.
Quel che da voi, per sì grand'uopo, invoco
molto per me sarà, per voi ben poco.
Serbi ognuna de' rami il bel decoro,
onde talor coi turbini contrasta,
Ma se mi getta il minimo di loro,
che valga a farmi un manico, ciò basta.
Per sì grand'uopo, o voi che sagge siete,
poss'io richieder meno? Or decidete.
La selva scosse il suo torpor natio
in ascoltar così stupende cose,
e di fronde agitate un mormorio
d'applauso in segno a quel sermon rispose;
E s'allegrar, non che roveti e selci,
frassini, tassi, pini, abeti ed elci.
Talun s'accorse del disegno infido,
nel preveder di tant'astuzia il fine,
e il fatidico allor con flebil grido,
come Cassandra, predicea rovine,
e 'l cipresso mandò, conscio del danno,
dal suo gran cono un gemito d'affanno.
Ma che valgon pronostici e lamenti?
Il cipresso e l'allor parlano a sordi.
Sciocchi ed adulatori imprevidenti
"Le si dia, le si dia", gridan concordi;
tal che alla scure che li vuol distrutti
l'olmo getta un bel ramo, e plaudon tutti.
Ognun può preveder quel che n'avvenne.
Non indi a molto, ecco un villan qui giunto
che lieto adatta il ramo alla bipenne,
ed il primo a cader fu l'olmo appunto;
e ad uno, ad uno, ne' seguenti giorni,
cadder querce, castagni, aceri ed orni.
Accusa ognun di quell'eccidio orrendo
il fato ingiusto ed il villan malnato;
ma il cipresso e l'allor gridan gemendo:
– La colpa è tutta vostra, e non del fato.
Foreste, se bramate esser sicure,
deh non fornite il manico alla scure.
Gabriele Rossetti
Fonte: D. Ciampoli, Nelle fauste nozze del Signor Giuseppe Piromallo Capece Piscicelli, duca di Capracotta, con la signorina dei duca Rivera, Santini, L'Aquila 1906.