Sig. Direttore Stimatissimo,
avendo avuta l'occasione di leggere nell'Appendice dell'ultimo numero, che porta la data dei 18 di questo mese, come fra i tanti preziosi oggetti di antichità rinvenuti nel nostro Sannio si faccia menzione anche del così detto bronzo di Agnone, sappia nel mio interesse tanto il Signor Direttore che la Commissione preservatrice dei monumenti sannitici che un tale nome indebitamente gli fu dato dal Cremonese, dopo che pel primo venne ad osservare l'oggetto in mia casa ai 15 maggio 1848 d'infelicissima memoria, imprimendone destramente i caratteri su lamina di argento, per così farne la sollecita pubblicazione.
È il fatto che non ammette contradizione di sorta alcuna, poiché il bronzo in parola fu rinvenuto dal mio bifolco, a nome Pietro Tisone, in un mio terreno a pochi metri lontano dalla mia casa di campagna, sita nell'agro di Capracotta, nella contrada detta Macchia, e non già in quello di Agnone, voluto dal Cremonese medesimo. Fu dunque la sola ragione di campanile che indusse quest'ultimo di chiamarlo bronzo di Agnone, presso la società archeologica di cui egli fa parte. Ed ecco perché anche nell'Enciclopedia Popolare sotto la parola Osca lingua troviamo fatta menzione della lapidetta sotto il nome di bronzo di Agnone.
Ond'io come associato a detta opera premurava la Direzione Pompa in Torino a correggere l'articolo dalla erronea dicitura del Cremonese, dopo avergli fil filo narrato tutto l'accaduto. Promise il sig. Pompa Luigi soddisfare questo mio desiderio con rinnovare l'articolo sul Supplemento Perenne, ma la immatura morte lo colpì, ed ogni mia speranza andò perduta con lui. Anche il sig. Caraba, venuto un giorno nella mia casa campestre per osservarne la località, mi prometteva siffatta soddisfazione; ma toccatagli la stessa sventura del Pompa, ogni mia correzione rimase lettera morta.
Sicché, sig. Direttore, mi rivolgo tanto alla bontà di Lei, che a quella del bravo archeologo sig. Perrella, onde non ignorino che se il bronzo di che è parola (e del quale mi addolora sempre più la perdita), mi fu strappato e direi quasi per forza dal figlio del mio compare di quel comune, non debba poi ulteriormente avere la pena di sentire che il monumento osco siasi rinvenuto in tenimento tutt'altro che quello del mio paese; e che da oggi innanzi abbia il bene di sentirlo appellare nel di Lei giornale col giusto nome di bronzo di Capracotta e non di Agnone.
Perdonerà, sig. Direttore, se l'abbia bastantemente tediata con la presente lettera, mentre mi creda per la vita, suo Devotissimo.
Capracotta, 22 aprile 1877.
Giangregorio Falconi
Fonte: G. Falconi, Cronaca, in «La Libertà», I:29, Campobasso, 25 aprile 1877.