Il più bel canto d'amore della tradizione popolare molisana è certamente "Ritorno dalla transumanza", uno dei documenti musicali più rappresentativi della cultura etnica regionale. È, infatti, una canzone legata alla transumanza, un fenomeno sociale, storico ed economico che ha segnato per molti secoli la vita dei popoli del Molise. Il canto - nella versione che qui si propone - è stato da me raccolto a Isernia il 13 luglio 1978 dalla voce di Giulia Monaco, nata a Capracotta il 19 novembre 1897. Alcune varianti di questo stesso brano le ho successivamente riscontrate anche nella cultura pastorale di altri paesi alto-molisani.
Le donne e i pastori lo cantavano in primavera, quando gli uomini tornavano in paese dopo i mesi trascorsi al pascolo in Puglia. Le prime tre strofe venivano eseguite dalla voce femminile, a cui replicava la voce maschile.
I versi di "Ritorno dalla transumanza" corrispondono a quelli di alcuni canti pubblicati ad inizio secolo dal capracottese Oreste Conti. Lo stesso Conti pubblicò anche la musica d'un brano intitolato "La rundenella", che in alcune parti evidenzia un testo quasi identico al canto "transumante" da me recuperato. I due brani, però, sono dissimili nella melodia. Quello di Conti è un componimento popolaresco conosciuto come "Zompa la rondinella", una canzonetta piena di «oilà» che fanno rima con altrettanti «Comme te voglie arnà»; un brano senza alcun reale pregio artistico e nessun rilevante significato culturale, benché sia in qualche modo penetrato nel repertorio tradizionale molisano,
Rimane un mistero come alcuni versi di "Ritorno dalla transumanza" siano finiti in "La rundenella". Probabilmente una delle tante contaminazioni e mutuazioni riscontrabili nel repertorio cantato dialettale.
"Ritorno dalla transumanza", nelle varianti da me raccolte, ha una struttura piuttosto semplice, una melodia lenta e un tono rassegnato. Il medesimo motivo cantato si ripete uguale per tutte le strofe, come in un sistema modulare. Per quanto dettomi da Giulia Monaco, il canto veniva eseguito senza l'accompagnamento di strumenti.
Ritorno dalla transumanza
Povera Puglia desulata resta
mò ca se n'arivienne re pasture.
Povera Puglia ca
Povera Puglia ca
desulata resta.
Povera Puglia ca
Povera Puglia ca
desulata resta.
L'amore mie è iute a Tuleta
me l'arreporta nu luocche de seta.
L'amore mie è iu'
l'amore mie è iu'
iut'a Tuleta.
L'amore mie è iu'
l'amore mie è iu'
iut'a Tuleta.
L'amore mie arretorna da Foggia,
me l'arreporta 'na rosa de maggie.
L'amore mie arreto'
l'amore mie arreto'
torna da Foggia.
L'amore mie arreto'
l'amore mie arreto'
torna da Foggia.
Amante bella chi t 'ha pusseruta
rent'a ste quattre misce ca c'haie mancate.
Amante bella chi
amante bella chi
t'ha pusseruta.
Amante bella chi
amante bella chi
t'ha pusseruta.
I n'haie magnate e né haie vevute
sempe alle tuoie bellezze c'haie penzate.
I n'haie magnate e né
i n'haie magnate e né
haie vevute.
I n'haie magnate e né
i n 'haie magnate e né
haie vevute.
Eccheme bella mea ca so' menute
e re suspire tié m'hanne chiamate.
Eccheme bella mea
eccheme bella mea
ca so' menute.
E re suspire tié
e re suspire tié
m'hanne chiamate.
Le incisioni su disco di questa canzone ripercorrono in modo quasi del tutto fedele la tradizione, fatta eccezione per un "prologo" e un "epilogo" strumentale che - insieme a vari "abbellimenti" che tuttavia non modificano l'essenza dell'antica melodia del canto - sono frutto dell'arrangiamento musicale di Pietro Ricci.
Mauro Gioielli
Fonte: M. Gioielli, Il canto d'amore dei pastori transumanti, in «L'Arcolaio», II:4, Bagnoli del Trigno, luglio 1997.