Il primo documento che cita Capracotta risale al 1040; la Cappella di Santa Maria di Loreto di Capracotta è annotata tra i locati alla Dogana di Foggia nel 1600 ed è il più grande proprietario di Capracotta con 9.500 pecore. La chiesetta, piccola e rozza, fu interamente ricostruita ed ampliata nel 1622 ed è presumibile che sia stata edificata originariamente tra il 1400 e il 1500.
La sua posizione non è casuale: infatti da una mappa della fine del 1700 si nota che Capracotta terminava a sud-ovest con la Chiesa di Sant'Antonio di Padova e a nord con San Giovanni; un tratturello collegava Castel del Giudice con Capracotta e terminava a San Giovanni mentre un altro tratturello a sud-ovest collegava Capracotta con il grande tratturo Celano-Foggia. L'altro grande Tratturo Ateleta-Biferno, seguendo per un tratto il fiume Sangro, dopo Sant'Angelo del Pesco, si allontanava da Capracotta per attraversare il Trigno dopo Montefalcone.
L'enorme numero di pecore che d'estate pascolava nel territorio di Capracotta per affrontare la transumanza, doveva per tante ragioni imboccare una strada non troppo ripida e con pochi ostacoli naturali e la strada più agevole era per l'appunto il tratturello che partendo da sotto la Madonna, affrontava una graduale discesa sfiorando le pendici di Monte Capraro, aggirando ad ovest Monte Miglio e, attraversando San Pietro Avellana, si congiungeva all'inizio della piana di Staffoli al tratturo Celano-Foggia.
La chiesetta della Madonna era dunque l'ultimo contatto dei pastori con Capracotta ed era lì che avveniva il doloroso distacco dagli affetti più cari ed era lì che avveniva il primo contatto al ritorno primaverile.
Non ci volle molto per trasformare quel posto in un luogo sacro: chi partiva e chi restava si affidava alla protezione della Madonna di Loreto.
La devozione fece sì che le continue offerte trasformarono la Cappella in una grande realtà economica al punto da possedere un cospicuo patrimonio tra terreni, tra cui una vigna a Agnone, oro, animali: nel 1700 registrava ben 21.210 pecore alla Dogana (per inciso, erano quasi 300 le persone addette alla cura di tante pecore).
Da un documento del 1819 riguardante il contratto di censuazione delle terre a pascolo si deduce che Postapiana, in massima parte, e poi Bosco da Capo, Bosco da Piedi, Mezzamesa nella locazione di Canosa e Macinati nella locazione di Lesina, erano le zone dove le pecore della Cappella svernavano.
Nello stesso anno 1819 la Cappella chiese il permesso di dissodare e coltivare la quinta parte dei terreni censiti in Bosco da Capo di Canosa.
Da altri documenti apprendiamo che la Cappella funzionava anche come banca effettuando prestiti; qualcuno doveva pur essere delegato ad amministrare un tale patrimonio ed ecco che in un documento del 1807 è indicato Diego di Ciò come procuratore della Cappella e in un altro del 1819 il canonico Giustino Comegna come amministratore.
Gli utili derivanti dalla gestione del patrimonio furono devoluti per fini sociali e umanitari; ad esempio nel 1697 la Cappella donò 1.000 ducati (somma enorme per l'epoca) al Comune per acquistare grano per i cittadini; nel 1725 contribuì con 700 ducati alla costruzione del seminario di Trivento; dal 1662 sostenne il Clero di Capracotta formato dal parroco e da sette sacerdoti con una rendita annua di 312,65 ducati; infine nel 1730 impegnò un'ingente somma per ricostruire la Chiesa Madre sui ruderi dell'originaria chiesa.
Ma nonostante questi pesanti impegni, nel 1740 contava ancora 9.005 pecore per salire a 17.980 nel 1750, scendere a 4.280 nel 1780.
La crisi della transumanza, iniziata agli inizi del 1800, ridimensionò un poco le risorse della Cappella; le leggi eversive del 1866 e del 1867 contribuirono invece alla fine del patrimonio della Cappella che fu trasferito al demanio dello Stato e i fabbricati vennero poi concessi al Comune previa richiesta di utilizzo per pubblica utilità.
Interessanti sono le vicende legate alla statua che venne rinvenuta tra il 1400 e il 1500 in località Vallesorda dove aveva sede un monastero benedettino; in seguito fu denominata Santa Maria di Loreto, protettrice dei pastori nella transumanza.
In origine la statua aveva sul braccio sinistro un Bambino che faceva corpo unico in un tronco di pero; inspiegabilmente il Bambino venne reciso, sostituito da un braccio e la Madonna venne arricchita da un manto stellato. Il bambino fu rubato il 15 settembre 1981 e da allora non più ritrovato.
Il 7 settembre 1978 la chiesetta venne elevata al rango di Santuario.
Nei primi giorni di settembre, a seconda delle condizioni climatiche, le partite di pecore che avevano trascorso l'estate nella nostra zona riprendevano la strada verso il Tavoliere e gradatamente l'avvenimento assunse la dimensione sacra con messe solenni e benedizioni ai partenti; con il passare del tempo l'inizio della transumanza si trasformò in una vera e propria ricorrenza religiosa con un novenario di preparazione, con l'uscita della Madonna dalla chiesetta, accompagnata dai cavalli addobbati, per il ritorno originario alla Chiesa Madre, poi la processione per le strade di Capracotta e infine il rientro alla chiesetta.
Non sappiamo quando questo ciclo si sia trasformato in triennale ma è logico supporre che, dopo la crisi della transumanza e l'inevitabile emigrazione, avesse più senso consolidare la tradizione con una grande festa triennale per consentire più agevolmente ai capracottesi sparsi in Italia e nel mondo di essere presenti all'appuntamento sacro con la protettrice di quegli addetti alla transumanza, antenati di quasi tutti i capracottesi di oggi.
Domenico Di Nucci
Fonte: D. Di Nucci, La Cappella di S. Maria di Loreto: luogo di culto e grande realtà economica, in «Voria», II:4, Capracotta, settembre 2008.