top of page

Capracotta 1675


Masnik Simonides
Il disegno manoscritto nel "Monimentum singularis".

Questo che potete ammirare qui sopra è un disegno miniato realizzato dal reverendo slovacco Tobia Masnizio (1640-1697) nel 1676 dopo che egli, assieme al compagno Giovanni Simonide (1648-1708), subì un'infinita serie di violenze psicologiche e fisiche per non aver rinnegato, sotto le accuse di un tribunale controriformistico, il proprio credo. Quelle violenze si protrassero non solo nel tempo ma anche nello spazio, tanto che da Bratislava, nel Regno d'Ungheria, egli venne catapultato a Capracotta, nel Regno di Napoli, assieme a 40 pastori evangelici, recalcitranti quanto lui. È una storia inedita che narrai, con dovizia di particolari, nel mio "L'inaudito e crudelissimo racconto" del 2018. Oggi voglio però parlare soltanto di questa affascinante illustrazione, cercando di non ripetere quanto scritto nel libro.

Il sesto foglio del "Monimentum singularis" di Masnizio è infatti dedicato alla forzata permanenza dei due preti protestanti in Contado di Molise e Terra di Lavoro, tra Isernia ed Aversa. La vignetta in alto a destra mostra Capracotta così come emerse dai terribili ricordi del sacerdote slovacco. Credo che sia indispensabile analizzare questa immagine con estrema attenzione perché è l'unica rappresentazione fedele della Capracotta della seconda metà del XVII secolo.


Capracotta Simonides

Innanzitutto la scena è animata. In basso a destra si vede un pastore con le sue pecore e un cane a far da guardia al gregge. Al centro della scena vi sono invece quattro uomini: i due in testa e in coda sono guardie dell'Università di Capracotta, la coppia al centro è invece quella dei malcapitati stranieri trovatisi il 3 maggio 1675, per un capriccio del destino, nel nostro paese. Le guardie hanno fermato i fuggiaschi e li stanno conducendo prima in speciaria (farmacia) per poi tradurli nelle prigioni della nostra chiesa.

Chi ha un minimo di dimestichezza con Capracotta ha già capito che la scena si svolge dinanzi all'odierno Santuario della Madonna di Loreto, che sul lato destro mostra un campanile con cupola a cipolla di cui non si ha memoria. Quello odierno, piccolo e in posizione sud-ovest rispetto all'asse prospettico, è infatti un elemento che desta perplessità negli studiosi che si cimentano nell'analisi architettonica della chiesa. Il disegno di Masnizio dirada invece ogni dubbio e ci tramanda la conformazione della cappella della Madonna di Loreto così com'era tra il grande restauro del 1622 e la ricostruzione della prima metà del '700, che grossomodo è sopravvissuta fino ad oggi: praticamente l'attuale chiesa è stata edificata a destra di quella antica, e quest'ultima è stata evidentemente convertita in canonica.

Sulla strada, ai lati della cappella della Madonna di Loreto, appaiono due croci stazionarie, di cui una, quella d'oriente, è pressoché identica all'attuale. Chiaramente non è la stessa ma presenta i medesimi arnesi (a rappresentazione dei mestieri) attaccati sul legno orizzontale che oggi troviamo, ad esempio, sulla croce del Calvario o su quella della Crocetta. La seconda croce, quella d'occidente, è invece un mistero: sembra una normalissima croce campestre come quella del Procuoio.

Dietro la chiesa, leggeremente a sinistra, si vede uno stazzo (in capr. jàcce), luogo di sosta temporanea per le greggi innalzato dai nostri pastori tanto in paese quanto sui tratturi quand'era tempo di transumare.

Arriviamo infine al paese vero e proprio, appena visibile sulla destra del disegno, e protetto da possenti mura, che allora si affacciavano sui Rinforzi (o Celano), l'attuale intera via Roma. In questa rappresentazione capracottese si contano poi ben diciassette croci in cima agli edifici, a rappresentare iconicamente chiese intra extraque mœnia, istituti religiosi e congregazioni. Al 3 maggio 1675 si contavano infatti nella nostra cittadina:

  1. la Chiesa dell'Assunta, in ricostruzione;

  2. la Chiesa dei SS. Giovanni, Sebastiano e Rocco;

  3. la Chiesa di S. Antonio di Padova;

  4. la Chiesa di S. Maria delle Grazie;

  5. il monastero di S. Croce di Verrino;

  6. il monastero di S. Giovanni Capraro, abbandonato;

  7. l'oratorio di S. Filippo Neri;

  8. l'ospizio di S. Antonio Abate;

  9. la badìa di S. Giusta;

  10. la badìa di S. Maria della Consolazione;

  11. la Congregazione del Carmine;

  12. la Congregazione del Corpo di Cristo;

  13. la Congregazione del Purgatorio;

  14. la Congregazione del Rosario;

  15. la Congregazione del Sacramento;

  16. la Congregazione della Morte;

  17. la Congregazione della Visitazione.

All'esterno dell'abitato si nota un altro paio di croci stazionarie: la prima, molto grande, in quella che dovrebbe essere la località Coccia Muzzo e che forse sta ad indicare le contrade capracottesi sotto i Ritagli; la seconda croce è invece lontana e forse rappresenta altri castelli della valle del Sangro.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • A. Barone, Della vita del padre Francesco Pavone della Compagnia di Gesù, libro I, De Bonis, Napoli 1700;

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Scuola Tip. Antoniana, Ferentino 1931;

  • G. Carugno, Santa Maria di Loreto, da «Venerabile cappella» a «Santuario diocesano». Indagini, ipotesi, cronaca, San Giorgio, Agnone 1993;

  • A. Cistellini, San Filippo Neri: l'Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, libro III, Morcelliana, Brescia 1989;

  • F. Mendozzi, L'inaudito e crudelissimo racconto della prigionia capracottese e della miracolosa liberazione, Youcanprint, Tricase 2018.

bottom of page