Capracotta era una stazione sciistica, una volta,
fredde montagne di blu cristallino,
neve sul Sangro,
e da laggiù
- a partire dai villaggi su quegli altri monti
lungo tutte le vette che è possibile scorgere
via, fino al cuore d'Europa,
erano tedeschi, Fortezza Europa.
Là trova posto il nero continente,
soluzione costretta in schiavitù,
che, come l'Adamo michelangiolesco, aspetta
di colmare il vuoto della smortezza.
La sola idea li ha sostenuti
e dovrebbe continuare a farlo:
perché qui a Capracotta, dove la liberazione c'era
tra le macerie, come un sacco di bastoni, si raccoglie un uomo
teso, ghermito, un uomo sproporzionato,
carne che deve aver vissuto troppo a lungo,
non così tanta carne quanta ne ricordo.
Putrescente persistenza della materia
che può assorbire le ferite ma guarirle mai.
(Qual è quest'immortale qualità d'Europa,
quando, morto nello spirito,
il cadavere può giacere dormiente,
attendere il suo tempo,
e svegliatosi, tormentarci per sempre?
La mente nostra non può rintracciarla
né rapportarla
ad alcuna esperienza dentro noi.)
William Grosvenor Congdon
(trad. di Francesco Mendozzi)