Capracotta e la neve: la bufera
Nevica: euforia dei giovani e festa degli operatori turistici, preoccupazione degli anziani e degli indigenti. Da queste due sensazioni si può partire per parlare della neve che è attesa da alcuni, temuta da altri. Proviamo ad esaminare i disagi e i vantaggi che ne derivano. La neve arriva col freddo e la temperatura, che da 0° a volte arriva fino a -15°, di per sé è un castigo. La neve obiettivamente è un intralcio, produce disagio, limita il movimento, a volte rappresenta pericolo. Gli anziani in particolare, con gli acciacchi dell'età, entrano in trepidazione temendo un malore in coincidenza di nevicate: l'aiuto sarebbe fatalmente ritardato. Non hanno del tutto torto se accade che alla precipitazione di neve si associa il vento. Guardando fuori della finestra non si vedono altro che mucchi di neve e vortici violentissimi, nessun passante. Timore che vada via l'energia elettrica con il blocco del riscaldamento. Per fortuna l'Enel, già da tempo, ha garantito le linee elettriche tanto che oramai questa evenienza è diventata molto remota.
Purtroppo il vento sull'Appennino la fa da padrone e quella che potrebbe essere una piacevole silenziosa nevicata (capita rare volte) si trasforma in una violenta rumorosa tormenta. Di conseguenza tutto diventa molto difficile: se cammini a piedi nella neve soffice, affondi; il vento ti spinge e ti scarica addosso, sul viso e negli occhi, nugoli di neve facendoti mancare il fiato. Un breve tratto di strada diventa una fatica. Per un giovane allenato può essere un gioco, una piacevole sfida, per un adulto è senz'altro una sofferenza. C'era l'usanza che i giovani e i più abili, durante la tormenta, facessero il giro degli anziani del vicinato per portare loro solidarietà e aiutarli in eventuali necessità. Da anni è in funzione il servizio di assistenza domiciliare agli anziani che sopperisce a tale usanza.
Clipper: lo spazzaneve
Il vento inevitabilmente forma sulle strade grossi accumuli, per cui la circolazione degli automezzi diventa problematica. In passato, inizialmente le strade venivano sgomberate a fine tormenta dagli uomini a forza di braccia; in seguito, prima della guerra il Comune si attrezzò con un piccolo trattore cingolato, ma con scarso successo. La svolta qualitativa ci fu nel 1950 quando i capracottesi d'America regalarono al Comune uno spazzaneve che veramente fece la differenza. Clipper, così si chiama. Sbarcato a Napoli, fu consegnato a Capracotta dall'ambasciatore d'America in Italia. Fu una vera grande festa.
Visto all'opera fece veramente la differenza. Una seconda liberazione.
A trazione integrale, era alimentato a benzina con una scorta di 8 quintali, che non durava molto. Potente e veloce, esprimeva una tale forza che, con un'adeguata velocità, riusciva a passare anche attraverso mucchi di 4 metri di neve. Fu dotato di una radio ricetrasmittente con la quale gli operatori comunicavano con il Municipio.
Inconfondibile la tromba, che faceva pensare al suono di un rimorchiatore marittimo. Era diventato familiare. L'ascolto mi rassicurava e mi emozionava. Costruito per le larghe strade americane, risultava poco maneggevole rispetto alle allora tortuose e strette strade del paese, ed è anche per questo che lo spazzaneve, talvolta, si "piantava", e allora erano dolori. Di episodi ce ne sono stati tanti, per fortuna finiti sempre bene. Le difficoltà erano evidenti. A causa anche di queste avversità atmosferiche molte famiglie, già dagli anni Sessanta, si sono trasferite in altre città. Il Comune conserva gelosamente lo spazzaneve americano, ancora funzionante, e pensa di porlo in esposizione in un "museo della neve".
La viabilità oggi
Da allora ad oggi c'è stata una grossa evoluzione. Le strade sono più larghe, i mezzi più potenti e specifici, gli uomini hanno imparato a trattare la neve, gli indumenti sono leggeri e caldi, i telefonini hanno completato favorevolmente l'equipaggiamento. Gli automobilisti sono passati dalla sofferenza di montare le catene sulle gomme delle autovetture alle gomme antineve, alle chiodate, fino alle attuali termiche. Quest'ultima preziosa e comodissima invenzione concilia brillantemente l'aderenza delle gomme sulla neve col normale uso anche sull'asfalto.
La viabilità extraurbana è assicurata dalla circolazione continua dei mezzi della Provincia. Le strade rotabili nel paese vengono spazzate nottetempo dai mezzi comunali.
Prima del Clipper: l'inverno, l'isolamento
Brevemente, partendo dall'inizio del secolo e stando così semplicemente ai racconti dei nonni, in paese c'erano circa 4.000 persone. Non c'erano mezzi. I capracottesi, tutti dediti alla pastorizia ed all'agricoltura, alla forestazione ed all'artigianato, vivevano dei propri prodotti. Facevano le provviste per superare l'inverno, non avevano tanta necessità di viaggiare, aspettavano il tempo bello per mettersi in moto e aprire le strade con i propri mezzi: le braccia.
Accettavano tacitamente l'isolamento, ma intimamente lo vivevano da incubo. Necessità proprie, impellenti, per viaggiare, la maggioranza dei cittadini non ne aveva. La preoccupazione era (ed in parte lo è ancora adesso, soprattutto per gli anziani) un eventuale urgente trasporto in ospedale durante la bufera. Capracotta cominciava inoltre ad essere meta di villeggiatura non solo estiva ma anche invernale. Napoletani e romani raggiungevano Capracotta per esercitarsi nello sci. Lo Sci Club Capracotta, fondato nel 1914, svolgeva una intensa attività agonistica e movimentava fortemente l'attività turistica. Non si poteva rimanere isolati troppo a lungo.
Lo sgombero della neve
Il problema della rimozione della neve dalle strade con mezzi meccanici, non solo con le braccia, diventava sempre più pressante. Bisognava affrontarlo.
Raccontano i vecchi che un primo esperimento di un mezzo sgombraneve fu fatto nel 1928-29, su idea di un dirigente dello Sci Club, il quale fece costruire un vomere di legno trainato da buoi. L'esperimento funzionò con il tempo bello e con innevamento minimo. La prima volta che i buoi si trovarono nella bufera il conducente fu costretto a sganciare l'attrezzo là dove si trovava, tornare indietro, mettere i buoi in stalla e rifugiarsi in casa. Il generoso tentativo si esaurì così velocemente.
Nel 1934-35 il Comune comperò un trattore cingolato, attrezzato con una lama spingineve e con una piccola cabina di protezione per il conducente. Relativamente alle esigenze dei tempi il mezzo risultò adeguato. Questo mezzo funzionò fino a quando i Tedeschi, in ritirata, lo distrussero, contemporaneamente al saccheggio delle abitazioni. Il paese infatti fu distrutto per l'80%, le case bruciate o minate.
Gli uomini dovettero tornare a sgomberare le strade dalla neve con le proprie braccia. Raccontano che ne uscivano da 200 a 300 al giorno, pagati dal Comune. A volte impiegavano diversi giorni per ripristinare l'accesso al paese. Non era escluso che dopo aver aperto un pezzo di strada ricominciasse a nevicare e si tornava al punto di partenza. Immaginate la fatica e la sofferenza, al freddo, con l'abbigliamento di quei tempi!
In quegli anni (dal 1945 al 1950) l'isolamento del paese era frequente. Le nevicate erano particolarmente abbondanti e gli inverni sembravano sempre più lunghi. Per far fronte alla necessità di viveri e medicinali fu chiesto l'intervento di aerei militari con lanci di paracadute. L'arrivo degli aerei era fortemente atteso da tutti. Per noi bambini avevano un fascino particolare. Eravamo tutti col naso al cielo. Contare i paracadute, seguirne il volo e raggiungere i sacchi atterrati, questa era una festa.
Lo spazzaneve: una necessità
Un mezzo sgombraneve efficiente e al passo coi tempi era necessario. Dagli atti del Comune risale al 10 marzo 1949 una prima richiesta di preventivo e catalogo di sgombraneve ad una ditta di Milano. Seguono richieste ad altre ditte, in Italia ed anche in Svizzera. Vi sono, agli atti del Comune, diversi cataloghi con illustrazioni e caratteristiche tecniche dei mezzi offerti. Acquisti non ne furono decisi. Le ragioni, ipotizzo, erano due: la prima che gli amministratori, forse, non erano convinti della consistenza e delle prestazioni dei mezzi relativamente alle necessità del luogo; la seconda, la carenza di fondi.
Michele Potena
Fonte: M. Potena, Capracotta, il paese della neve tra passato e futuro, in «La Città del Sole», Rocchetta a Volturno 2005.