Sono stati pochissimi gli studiosi, dopo l'impareggiabile Luigi Campanelli, a spingersi così indietro nella storia di Capracotta, al periodo di transizione tra il dominio svevo (1196-1266) e quello angioino (1266-1442). Allo stato attuale si ignora quasi tutto del primo e del secondo si sa soltanto che nel 1269 il feudo di Capracotta fu concesso a Francesco della Posta, il quale, morto sette anni dopo, ebbe per successore il figlio Gentile. Si sa pure che nel 1279 re Carlo I tolse il feudo di Macchia Strinata - in seguito noto come Spinete - dalle mani del vassallo Andrea de Sully (a cui l'aveva precedentemente concesso) e che nel 1340 il feudo di Capracotta risultava ormai in possesso di Andrea Carafa, signore di Forlì.
Aggiungere mattoncini ai tanti «punti oscuri che ne rimangono» è oggi compito mio, grazie alla ratio della Cancelleria Angioina pubblicata dall'Accademia Pontaniana e relativa al periodo settembre-dicembre 1280. Si tratta di 41 manoscritti in cui è contenuto il movimento del denaro per i lavori del Castel dell'Ovo, un flusso banalmente registrato in partita doppia, sotto forma di introitus (entrate) ed exitus (uscite). In una nota presente nel foglio 101 del secondo registro ho trovato appuntato quanto segue:
Fit mentio de monstra in qua inter alia dom. Robertus Scillatus de Salerno presentat milites pro castro Castagna quod tenet ratione domine Lisie de Villa Cublay uxoris sue annui valoris unc. XL et pro castro Bassani ann. unc. XL, pro medietate baronie Plate de qua Margarita de Sancto Georgio tenet castrum Caprecocte vel Capriate pro dodario et dom. Philippus de Villa Cublay tenet aliam medietatem dicte baronie et inter milites quos presentat est Rogerius Cavasilice familiaris suus.
Sappiamo che il sovrano Carlo d'Angiò, dopo aver elargito moltissime baronie ai suoi uomini fidati, perlopiù francesi, pretese una tassazione gravosa e caotica su quegli stessi territori, ordinando «ai Giustizieri delle Provincie di fargli pervenire per un dato giorno tante once d'oro, così ad occhio e croce». In realtà la sopracitata nota della Cancelleria ci informa che il feudo di Capracotta era tassato, nell'autunno del 1280, per sole 40 once d'oro, molte meno delle 100 di cui parlava Campanelli.
Ancor più interessante è il nome del feudatario di allora, colui che deteneva il nostro castrum dopo Gentile della Posta e prima di Andrea Carafa: si tratta della nobildonna Margherita di San Giorgio (o Sangiorgi), che ebbe Capracotta per controdote (dodario). Leggiamo cosa scrive lo storico seicentesco Carlo De Lellis a proposito di questa signora:
Margarita di San Giorgio, tal volta per errore chiamata Maria figliuola di Gentile, e di Sincorosa di Rebursa, fù primieramente moglie di Egidio, di Villacublai, e vedova di lui rimasta signora di Trivento, e di Capriata, si rimaritò a Gionata di Sanframondo signor di Cerrito, da cui vuole il Duca della Guardia nascessero i Conti di Cerreto, nel trattato de' Sangiorgi, benché da noi in tanta antichità non si sia potuto certamente investigare.
Alla morte di Gentile della Posta, dunque, il feudo di Capracotta passò ai Villacublai: una metà (medietate baronie) a Margherita Sangiorgi, per sopraddote del marito Egidio, l'altra (aliam medietatem) a Filippo, entrambi baroni francesi che erano scesi in Italia al fianco di re Carlo I. Per sillogismo si può dire che i Villacublai furono i signori di Capracotta almeno dal 1280 al 1313, anno in cui morì Egidio lasciando vedova Margherita, la quale, risposatasi con Gionata Sanframondo, probabilmente cedette la sua metà del feudo capracottese a Filippo o direttamente ai Carafa, i nuovi acquirenti.
Dalla ratio si desume anche che tra i milites forniti dal feudo di Capracotta vi fosse Ruggero Cavasilice, familiare dei Villacublai e rampollo di un prestigioso casato salernitano che impresse il proprio marchio su molti degli eventi che caratterizzarono il Regno di Sicilia al tempo degli Angioini.
Tuttavia, nonostante abbia cercato di arricchiare le conoscenze sulla Capracotta angioina, permane il medesimo problema sollevato dal Campanelli nel 1931, ossia «l'assenza di ogni traccia della maniera di vivere dei nostri antenati in quella lunga era, sia nei rapporti privati, che verso le comunità; né ci resti cenno del numero delle famiglie, dei cognomi, delle più comuni usanze».
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
B. Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, libri I e III, Bulifoni, Napoli 1691;
L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Scuola Tip. Antoniana, Ferentino 1931;
B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. II, De Angelis, Napoli 1876;
G. V. Ciarlanti, Memorie historiche del Sannio, chiamato hoggi Principato Ultra, Contado di Molisi, e parte di Terra di Lavoro, provincie del Regno di Napoli, Cavallo, Isernia, 1644;
C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, libro I, Savio, Napoli 1654;
J. Mazzoleni e R. Orefice, I registri della Cancelleria Angioina, vol. XXV, Accademia Pontaniana, Napoli 1978;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.