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M. Capraro ed il Campo: montagne di Capracotta


Montagne di Capracotta

Prima di parlare di queste due montagne credo opportuno di dare un cenno della traversata da Pescocostanzo a Capracotta.

La mattina del 22, alle ore 6:10, insieme al Dott. Giovanni Conti ed al Signor Errico Pitassi Mannelli, partimmo da Pescocostanzo a cavallo. Traversato il Quarto del Barone, giungemmo, in meno di un'ora, alla base della catena di monti, che divide quella regione degli altipiani dalla valle del Sangro. La vetta più elevata di questa catena è il M. Siccine (1.883 m.). Dopo una piacevole salita, tra piccoli faggi, giungemmo prima all'altipiano Mancini e poi, alle 8:30, al colle detto Pietra Cernaia. La vetta di M. Siccine ci dominava appena di 150 metri. Cominciammo la discesa pel versante opposto, ammirando la valle del Sangro e le montagne di Capracotta. Lungo la via trovammo varie casette solitarie in amena posizione. Alle 10, eravamo in fondo ad Ateleta, bello ma misero paese. Non vedemmo una persona. Presa la strada carrozzabile, traversammo, subito dopo, un ponte sul Sangro. Qui è il limite tra il Molise e la Provincia di Aquila. Il Sangro corre tra boschi di cerri. Dopo 20 minuti di salita, giungemmo a Castel Del Giudice, ove ci fermammo per ristorarci. Alle 11:30 partimmo. Durante la salita ammirammo tutta la catena di M. Siccine, da noi traversata poche ore prima, e le montagne, che la costituiscono. Adagiati alle falde di questi mondi, vedemmo, verso nord, due paeselli: Gamberale e Pizzo Ferrato. Il sentiero è comodissimo, e di tanto in tanto permette di vedere in alto le case di Capracotta. A circa mezza via scendemmo in un vallone, ove sorge un'acqua solfurea. Continuando per brevi piani, quasi balze sovrapposte, alle 13:30 giungemmo a Capracotta, ove fui colmato di cortesie dalla famiglia del nostro compagno Dott. Conti.

Il M. Capraro ed il Campo sono le estremità di una gradiosa sella, diretta da est ad ovest, i cui fianchi dechinano nella valle del Sangro, a nord, e su quella di Agnone, a sud. L'analogia alla sella credo sia esatta, quando si riflette che la parete occidentale di M. Capraro e quella orientale del Campo sono verticali. Su questa sella trovasi adagiata Capracotta (1.375 m.).

Com'è chiaro quindi le gite al Capraro ed al Campo, specialmente la seconda, sono vere passeggiate.

Lo stesso giorno, dopo un sontuoso pranzo, alle ore 16:45, partimmo, nell'intento di assistere al tramonto, dalla vetta di M. Capraro. Dopo 10 minuti di cammino sulla strada carrozzabile, prendemmo un sentiero a destra, e subito cominciammo la salita sulla falda orientale del monte, completamente rivestita di faggi. Per più di un'ora si procedette benissimo, ma poi, perduta ogni traccia di sentiero, dovemmo lavorare di braccia per avanzare tra quei faggi. Riuscimmo alfine sopra un masso, appartenente alla cresta, che piombava sul precipizio, soltanto per accorgerci, che non eravamo sulla punta più alta. Dovemmo ritornare, tra i faggi, per ricominciare il lavoro, mentre la notte si avanzanva. La speranza di assistere al tramonto era perduta. Uscimmo ancora dai faggi per trovarci fra massi enormi, separati da fenditure profonde. Dissi allora, scherzando agli amici, siamo forse su ghiacciai per trovare questi crepacci? Con precauzione saltammo dall'uno all'altro masso; quando la fenditura era molto larga, si doveva scendere da un masso, trovare un sito opportuno e salire sull'altro. Questa ginnastica, a quell'ora avanzata della sera, era poco piacevole, ma riuscimmo, quando era oscuro, a guadagnare la vetta più alta. Ci fermammo per poco e ripartimmo. È inutile dire il lavoro compiuto e le difficoltà superate per uscire, nella oscurità, da quei massi e da quei faggi, in cerca del sentiero, che riuscimmo a trovare solamente alle 9. Un'ora dopo eravamo di ritorno a Capracotta.

Il nostro programma era di assistere al tramonto dalla vetta di M. Capraro ed al sorgere del sole da quella del Campo. Perduto il primo spettacolo, avevamo grande interesse di ammirare il secondo.

La mattina del 23 ci levammo alle 3:15, ed alle 3:45 partimmo con gli stessi amici. In 20 minuti il sentiero raggiunge la base occidentale del Campo, ed in altri 25, con alcune curve a rampate, l'altipiano, che dalla vetta dechina dolcemente verso sud. Volgendo a sinistra alle 4:40 eravamo presso il segnale trigonometrico. È difficile, io credo, dopo la passeggiata di un'ora, trovare altrove un belvedere, che offra un panorama così grandioso, come quello da noi ammirato dalla vetta del Campo. Il sole, come un globo di fuoco, ci apparì sull'Adriatico, ed a grado a grado, che le zone si vestivano d'oro, illuminava le pareti rocciose di tutta quella serie di montagne, che ci facevano corona: il M. Amaro (2.795 m.) e tutta la mole immensa della Maiella, che era presso di noi, il M. Porrara (2.136 m.), il Pizzalto (1.969 m.) ed il M. Rotella (2.127 m.), i tre bastioni della grande giogaia, che si avanzano verso nord; la catena della Marsica, che era spiegata in tutta la sua ampiezza, sulla sponda sinistra del Sangro e su di cui dominava signore il M. Greco (2.283 m.), con la sua orrida parete orientale; il ramo meridionale della catena delle Mainarde con tutte le montagne di mia conoscenza, dalla Parruccia (2.021 m.) al Petroso (2.247 m.), e tutta la massa del Matese, coi suoi contrafforti, dominata dal M. Miletto (2.050 m.) si presentavano in tutt'i dettagli. Moltissime catene secondarie ed una infinità di paeselli si ammiravano nel vasto circolo, che ci era dinanzi.

Alle 7, con vero rincrescimento, lasciammo la vetta, e girando a sud e ad ovest del monte, che presenta belle vedute su canaloni di pietre, raggiungemmo l'altipiano, detto Prato Gentile. Penetrati poi in una splendida foresta, prima di faggi e poi di abeti, alle 9:35 giungemmo a S. Luca, modesto santuario, adagiato sopra una rupe. Di là ammirammo tutta la valle degli abeti, dominata dalla parete orientale del Campo, completamente verticale, tutta rivestita di faggi. Fatta una squisita colezione in un prato, tutto circondato da abeti, ripartimmo, ed a mezzogiorno eravamo di ritorno a Capracotta.

Nel pomeriggio, accompagnato da molti signori, visitai la Cattedrale, l'Asilo d'infanzia, e la parte antica del paese, ove sono due porte, ben conservate. Poi, da una terrazza chiamata Costa dei Grilli, a sud del paese, ammirai una bellissima veduta.

Il giorno seguente, in carrozza, percorrendo la bellissima strada, che corre prima ad ovest e sud di M. Capraro, e poi scende, fino ad incontrare quella che viene da Agnone, mi recai alla stazione di Vastogirardi, ove presi il treno per Napoli.


Vincenzo Campanile

 

Fonte: V. Campanile, Sull'Appennino centrale e meridionale. Escursioni del 1898, da «L'Appennino Meridionale», VII:1-2, 1898.

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