Dondola dondola cavallino,
dondola i miei vagiti,
dondola i miei sorrisi,
sorrisi stampati
sul volto spento di tristezza
dondola i miei rossori e le vergogne,
gli orgogli inappagati
della breve giovinezza,
le ansie e i primi amori, dondola
soprattutto la solitudine completa,
ch'intorno a me crea silenzi eterni.
Dondola e continua a dondolare
mentr'io su te cavalco solitario
e combatto stupidamente
contro mulini a vento.
Dondola ché bianchi, ormai,
i miei capelli
cadono sulla tua criniera stanca
e curvo resisto, ancor,
con stoico coraggio
sopravvivendo ad odii
disillusioni ed amarezze;
dondola e non ti fermare amico mio,
non ti fermare mai...
mai, fino a quando il morso
s'allenterà per sempre
e la bava di questa cavalcata
non colerà più dal labbro fiero;
fermati soltanto allora perché là...
il mio viaggio, infine, ha la sua meta
e scrollami piano dal tuo dorso
deponendomi con grazia
sul pavimento della stanza antica:
con grazia, perché la musica
del vecchio carillon
suoni la campana consueta
e m'accompagni a riposare
con triste ma dolce melodia.
Ugo D'Onofrio