Le sorelle Milione mi raccontarono, con dovizia di particolari, che da bambine trovarono una mazzetta intonsa di cartamoneta stretta nello spago. La raccolsero e, sulla via del ritorno, nei pressi del portone di casa, si misero a giocare con quegli strani foglietti, così bellamente stampati. Con occhi colmi di meraviglia, erano attratte dai "cavallucci" disegnati sul denaro, tanto che, piegandoli in modi diversi, sembravano prender vita ed elevarsi, permettendo loro di inventare storie e di divertirsi moltissimo. Per qualche giorno, Lucia ed Irene giocarono con quella mazzetta di banconote finché qualcuno notò che si trattava di denaro sonante. E così, tra una bugia e l'altra, riuscì a sfilargliela in cambio di poche caramelle.
Anche quando, col passare degli anni, le due donne realizzarono che quei soldi erano tanti e avrebbero potuto soddisfare molti bisogni familiari, non provarono risentimento né inveirono contro l'uomo che le aveva raggirate, essendo abituate a vivere onestamente e umilmente del poco che guadagnavano.
Mi viene da pensare a quanti invece si sono rovinati in seguito a una vincita milionaria, a causa della quale hanno iniziato a spendere e spandere, e a condurre una vita talmente esosa da portarli rapidamente alla bancarotta. Ho riflettuto a lungo sulla disavventura dei "cavallucci" e sui signorotti che a Capracotta conducevano una vita talmente agiata da permettersi di portare i soldi a mazzette. E alla fine ho fatto una ulteriore scoperta, rivelatami da un anziano del paese.
Verso la fine dell'Ottocento e fino agli anni Venti del XX secolo, in una masseria capracottese di contrada Guastra o di S. Croce, un uomo aveva allestito una zecca clandestina. La cartamoneta arrivava in treno da Napoli e giungeva alla stazione di S. Pietro Avellana, a 13 chilometri da Capracotta, quindi veniva caricata su un asino fino a destinazione. Alla fine della lavorazione, le banconote venivano smazzettate, come fossero nuove di... zecca. È probabile che la mazzetta rinvenuta dalle sorelle De Renzis provenisse da quella stamperia.
Per desiderio di cronaca, il responsabile della zecca clandestina si arricchì molto ed acquistò immobili a Napoli e Roma, finché, per i tanti errori commessi e per il vizio del gioco, perse ogni cosa.
Antonio D'Andrea
Fonte: A. D'Andrea, La pecora che miagola perde il boccone. L'immensa eredità di Lucia di Milione: strega, amazzone e sacerdotessa di Capracotta, Youcanprint, Lecce 2019.