Le aree montane del Molise settentrionale a confine con l'Abruzzo, comprese tra Belmonte del Sannio e S. Pietro Avellana, estremo lembo del territorio Pentro a confine con Carricini e Lucani del Sangro, sono state indagate da chi scrive nel corso del Dottorato in "Metodologie conoscitive per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni culturali" della Seconda Università degli Studi di Napoli.
Le ricognizioni, effettuate con grande dispendio di energie in un territorio vasto e spesso impervio, con picchi che raggiungono i 1.700 metri di altitudine, hanno rilevato la presenza di circa 140 siti, compresi in un lungo arco temporale che va dalla Preistoria al Medioevo e oltre. La ricerca ha permesso di gettare nuova luce sul popolamento di quest'area in età Sannitica e di ricostruire le dinamiche dell'insediamento tra il IV e il I secolo a.C.
In epoca Sannitica si nota un'occupazione più articolata e sistematica del territorio, basata su insediamenti rurali diffusi capillarmente anche a quote elevate, luoghi di culto e centri fortificati. La realizzazione degli insediamenti fortificati di sommità è il risultato di uno sforzo intenso che nel IV secolo ha coinvolto l'intera comunità Pentra per la creazione di un sistema difensivo complesso in un lasso di tempo piuttosto limitato. L'uniformità delle tecniche costruttive impiegate e la strategia adottata, mirante ad un controllo totale del territorio e delle vie di transito, sono le caratteristiche fondamentali che accomunano questi insediamenti. Oltre ad una valenza strategico-militare, le fortificazioni avevano forse un valore di rappresentazione visiva del potere ribadita attraverso queste manifestazioni di architettura monumentale: esse dominavano il paesaggio circostante, erano distinguibili anche da lunghe distanze e forse ebbero un ruolo simbolico rilevante nel definire il senso di appartenenza a comunità emergenti. Esse rappresentarono pertanto dei marcatori territoriali, simboli dell'occupazione e del controllo del territorio da parte delle comunità ivi insediate. Non necessariamente furono luoghi d'insediamento abitativo, ma strutture difensive per la popolazione diffusa nel territorio e inaccessibili rifugi in caso di pericolo.
Nel nostro comprensorio sono presenti le fortificazioni di Monte Miglio (S. Pietro Avellana), Monte Cavallerizzo (Capracotta), Monte S. Nicola (Capracotta), Guado Ogliararo-S. Margherita (Agnone) e Monte Rocca l'Abate (Belmonte del Sannio).
Alcune fortificazioni sono note sin dal XIX secolo, quando studiosi abruzzesi come Vincenzo Balzano e Antonio De Nino o l'agnonese Francesco Saverio Cremonese le visitarono, pubblicando in seguito brevi resoconti. Il primo a raggiungere Monte Miglio e Monte Cavallerizzo fu il De Nino nel 1904 durante le sue escursioni nel Molise settentrionale, cui seguì il Balzano l'anno successivo.
Monte S. Nicola fu visitato per la prima volta dal Cremonese nel 1848 il quale segnalò la presenza sul "Monte della Macchia" (com'era allora denominato) dei resti di un oratorio, di «mura in opera poligonale terminanti ad est in una struttura semicircolare» e frammenti di ceramica comune e scorie di fusione. Anche il De Nino effettuò una ricognizione sulla vetta del monte nel 1904 rinvenendo frammenti fittili e un'acquasantiera spezzata tra i ruderi di strutture antiche («Sulla sua vetta, di forma quasi conica, sono ancora visibili alcune tracce di mura poligoniche, che s'interrompono e si rannodano a scogliere naturali schistose. Una di queste scogliere prende il nome di Segone. I massi delle mura scomposte rotolano a valle. Sullo spianato della vetta, ma più nelle fiancate, sono sparsi qua e là frammenti di tegoloni e di grossi e piccoli vasi di terracotta. La denominazione del santo barese è poi prova certa che una qualche chiesuola sorgesse in quel culmine e di cui resta fra le macerie un'acquasantiera spezzata»).
Luigi Campanelli, nel suo lavoro del 1931 dedicato a Capracotta e al suo territorio, fa una generica descrizione dei resti delle mura in opera poligonale e segnala la presenza di tombe: «Osservando dall'alto la configurazione delle mura lungo il pendio sottostante, come ne son restate le vestigia, mi parve di scorgere in esse degli ampi recinti per raccolta di bestiame ovino, anziché resti di abitazioni umane. Queste probabilmente si trovavano sulla sommità stessa del Colle di S. Nicola dove mi vennero innanzi delle sepolture scoperchiate ed ossa umane che le bagna la pioggia e muove il vento! Triste spettacolo!».
Ad eccezione di Monte Cavallerizzo tutti i centri fortificati della zona furono rioccupati nel Medioevo. A Guado Ogliararo si sviluppò un esteso abitato di cui restano le rovine: sulla sommità dell'altura si distingue una struttura a pianta rettangolare, identificabile probabilmente con la chiesa di S. Margherita, il cui ricordo è ancora vivo nella memoria della gente del posto, e i resti di una torre a pianta quadrata. Tali resti appartengono all'insediamento di Staffum (chiamato anche Stafele o Stafili), citato alla metà del XII secolo nel Catalogus Baronum, nelle Rationes Decimarum per il 1328 e in altri documenti coevi e successivi.
Sulla vetta di Monte S. Nicola sono presenti i resti di un esteso abitato di cui si riconoscono numerose strutture e un circuito murario dotato di una torre a pianta circolare. Nella spianata di sommità è invece presente un edificio a pianta rettangolare posto in posizione particolarmente panoramica, con lati di 5x9 metri circa, identificabile probabilmente in un edificio di culto, e una grande torre a pianta circolare realizzata sulle strutture di una precedente torre quadrata con lati di 7x7 metri. I resti delle strutture individuate appartengono all'insediamento medioevale di Maccla Strinata o Maccla Spinetarum con la chiesa di S. Nicola della Macchia, abbandonato forse in seguito alla peste del 1656.
La rioccupazione medievale dei centri fortificati del comprensorio indagato sta ad indicare un rinnovato ruolo strategico delle posizioni già occupate in età Sannitica e la sopravvivenza e l'utilizzo costante di certe direttrici viarie, quasi sempre obbligate in aree di montagna. Si tratta perlopiù di mulattiere, molte delle quali riconosciute dalla gente del posto come "tratturelli", in modo particolare lo Sprondasino-Castel del Giudice e l'Ateleta-Biferno, utilizzati ancora oggi negli spostamenti dei pastori del luogo e fino ad alcuni decenni fa dalla grande transumanza.
Bruno Sardella
Fonte: B. Sardella, Il centro fortificato sannitico di Monte San Nicola e l'abitato fortificato medievale di Maccla, in «Voria», VI:1, Capracotta, agosto 2013.