Senza accorgercene, passiamo la vita ad essere chiamati, da quando nasciamo fino alla fine. La chiamata può essere vocale o su carta, in qualche caso persino spirituale. Al giorno d'oggi tramite un telefonino, in passato tramite i fischi degli amici.
Da piccoli venivamo chiamati dalla mamma, anche se non ancora parlavamo, e lei ci ha insegnato a farlo.
Si passa alla chiamata della maestra, a scuola, per essere interrogati, fino a quella del professore, sempre per lo stesso motivo. Non si contavano i richiami per le marachelle fatte.
Ad alcune chiamate puoi anche rispondere di no o far finta di non sentire, ma non tutte le chiamate andavano perse. Quando giungeva la chiamata/cartolina alle armi dovevi partire per forza e, passata la prima visita generale, ti vaccinavano sul petto senza che comparissero, nella maggior parte dei casi, reazioni di alcun genere.
Per i renitenti che non rispondevano alla chiamata dello Stato, l'alternativa era quella di espatriare, altrimenti se erano guai. Per fortuna, il servizio militare è stato abolito. Alcuni, nati poveri in luoghi caldi, mettevano per la prima volta le scarpe proprio durante il servizio militare. Si partiva di solito per gli Alpini ma erano gettonati anche altri corpi come l'Aeronautica o l'Esercito. Su richiesta, si poteva andare anche nei Carabinieri, Guardia di finanza, Forestale, Vigili del fuoco o Guardie carcerarie. A proposito, ecco un breve aneddoto sui secondini e Capracotta...
Correva l'inverno 1957-58 ed è noto che allora cadesse molta più neve di oggi e si poteva praticare un solo sport: lo sci. I capracottesi hanno sciato in tutta Italia, compresa la Sicilia!
Partì per la Trinacria una bella squadra composta da Luigi Angelaccio, Adriano Comegna e Mario Fiadino, accompagnati da Pasquale Sozio, detto "Cecélla", per andare a fare una gara alle Madonie. Di neve, però, non ce n'era, come non c'erano i telefoni cellulari!
Visto che gli organizzatori siciliani avrebbero rimborsato viaggio ed albergo solo se la gara si fosse effettivamente svolta, mandarano un telegramma allo Sci Club Capracotta per avvertirli del problema, ma i nostri atleti erano già partiti, anzi avevano già preso il treno per Napoli e pure il traghetto... ci fu un disguido!
Una volta arrivati in Sicilia, rimasti senza soldi per tornare a casa, Adriano ricordò che un nostro paesano, Angelo Di Bucci, faceva il secondino in un noto carcere di Palermo, il famigerato "Ucciardone". Il paesano, avendo saputo del problema, non esitò ad ospitare tutti gli atleti.
Qui le versioni divergono e non tutti i pareri concordano sull'accaduto. C'è chi dice che dormirono all'Ucciardone e chi afferma che, avuti i soldi da Angelo, ripartirono col treno la sera stessa o la mattina dopo.
Ora torniamo alla "chiamata"...
Altri rispondevano alla chiamata spirituale del Signore facendosi preti: lì imparavano a leggere, a scrivere e a far di conto, poi imparavano il latino, il greco e l'italiano.
Vi erano persino chiamate/vocazioni multiple! Si pensi che nella famiglia Carnevale ben 4 fratelli sono diventati preti.
Altre chiamate, tramite fischi, arrivano dai tanti amici per giocare a carte o per bere insieme e divertirsi.
Chi si è sposato e ha avuto la fortuna di avere i figli, ha ricevuto chiamate da loro per qualsiasi tipo di richiesta, di aiuto o per semplici consigli. A 94 anni, un mio zio chiamava la mamma perché gli venisse ad alleviare i forti dolori che accusava e diceva in continuazione: «Mamma mia! Mamma mia! Mamma mia!».
L'ultima chiamata da cui non ti puoi esimere - almeno per chi crede - è quella del Padreterno. Si sa che la morte non è lontana dalla vita e tutte e due vanno a braccetto. Anzi, a ben vedere, la morte fa parte della vita.
Temere la morte significa morire due volte: si nasce soli e l'ultima chiamata, infatti, è privata.
Lucio Carnevale