Dopo una vita dedicata alla predicazione, lo spagnolo Vicente Ferrer (1350-1419) diventò il compatrono di Napoli e, più tardi, del Regno delle Due Sicilie, l'entità statuale scaturita dal Congresso di Vienna e scomparsa con l'Unità d'Italia. A Capracotta esiste una piccola chiesa dedicata a quel santo, una chiesa di cui, fino ai primi anni Novanta del secolo scorso, la famiglia Campanelli godeva il giuspatronato.
Edificato tra il 1779 e il 1783 sui resti dell'oratorio della Visitazione e della Morte per volere di Agostino Campanelli, il piccolo tempio capracottese sta tra via Roma e la scalinata di via San Sebastiano ed affaccia verso il palazzo che un tempo era di una tra le famiglie più ricche e prominenti della borghesia capracottese. Al pari di quelle di San Giovanni e di Sant'Antonio, anche la Chiesa di S. Vincenzo ha navata unica ma la differenza con le altre sta nel fatto che questa difetta persino dell'abside. Conficcata nel borgo antico della Terra Vecchia è difatti una chiesetta nata per permettere ai Campanelli di praticare meditazioni e seguire privatamente funzioni di mane e sera, talmente privata che dal 1915 ospita la tomba del giovane Michelangelo Campanelli, di cui ho parlato in un articolo del 7 settembre 2020.
La chiesa «in onore di S. Vincenzo Ferreri e dell'Incoronata» non è sfarzosa, non ha pregi evidenti, non attrae gli sguardi dei passanti, eppure è bellissima. Preziosa. Per chi, come me, subisce il fascino del sacro, questa chiesuola rappresenta un'oasi di riservatezza spirituale tra il vocio dei villeggianti estivi. Oltre ai meravigliosi pavimenti - non valorizzati ma, grazie a Dio, ben protetti - al suo interno sono conservate tre statue: una è quella del Santo eponimo (ormai trasferito nella Chiesa Madre), un'altra raffigura sant'Alfonso e l'ultima, piccolina, è di Maria Addolorata.
Per quanto riguarda la statua di san Vincenzo, questa presenta quattro connotati che non si discostano affatto dall'iconografia tradizionale. Il primo sta in ciò che gli abitanti della Terra Vecchia, con schiettezza popolare, chiamavano peparulìtte, ossia la fiamma dello Spirito Santo che arde sul suo capo e che simboleggia tanto l'illuminazione divina quanto il cosiddetto dono delle lingue. Ferrer era infatti un attivissimo predicatore domenicano e, nonostante parlasse soltanto spagnolo, si dice che venisse compreso a meraviglia. La seconda peculiarità sta nella tromba che tiene nella mano destra, il cui dito indice è rivolto all'insù: è infatti con strepito di fiati che Vincenzo ricorda come la meta ambita d'ogni uomo sia il Cielo e come sia il Cielo ad elargire grazie e miracoli, non la sua misera persona. La terza caratteristica del santo sta nel paio d'ali che indossa, in quanto egli è buono come un serafino e ammonitore come un angelo dell'Apocalisse. E questa è infatti l'ultima e più specifica tra le sue particolarità. Nella mano sinistra san Vincenzo sorregge la Bibbia, aperta proprio al Libro dell'Apocalisse, in cui si legge «timete Deum et date Illi honorem» (Ap 14,7). Anche se il versetto non è completo, il taumaturgo spagnolo ricorda che l'ora del giudizio è vicina, per cui «temete Dio e dateGli gloria». La sua memoria ricorre il 5 aprile.
La seconda statua lignea è quella di sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), dottore della Chiesa, compositore di melodie celesti e anch'egli legato a stretto giro con la città partenopea. Quando la Chiesa di S. Vincenzo è stata eretta Alfonso era ancora in vita, seppur vecchio e infermo, e forse il suo culto in quel di Capracotta nasce proprio tra queste mura nell'intervallo di tempo che sta tra la sua morte, nel 1787, e il 1839, quando papa Gregorio XVI lo canonizza universalmente. Va detto che quella di sant'Alfonso è una delle statue lignee più curiose di Capracotta. Essa è infatti l'unica raffigurazione a mezzo busto naturale e, vista la leggera curvatura delle spalle, credo che la scelta iconografica dell'ignoto artigiano sia caduta sulla sua sofferenza terrena, giacché Alfonso de' Liguori era affetto da artropatia deformante. Nonostante ciò la figura appare dolce, tonda, affettuosa, incorrotta come quella d'un bambino. Con l'indice destro Alfonso suggerisce di guardare la sua mano sinistra, nella quale impugna una «Croce, che fu fabbricata da tanti miei gravissimi peccati». La sua memoria ricorre il 1° agosto.
Al di sopra dell'altare centrale sta un bell'affresco della Madonna Incoronata - oggi conservato nella Chiesa Madre dopo un attento restauro - ai cui piedi sono raffigurati due personaggi, probabilmente il pastore Strazzacappa e il conte di Ariano, come narra la leggenda dell'Incoronata di Foggia.
Nel 2015 l'arch. Franco Valente ha posto un quesito che, ancor oggi, non trova risposta, ossia scoprire quale sia il rapporto tra il culto della famiglia Campanelli per sant'Alfonso a Capracotta e il fatto che «a Colletorto nella chiesa del convento di S. Francesco vi è una lapide per una cappella di juspatronato della famiglia Crescenzo Campanelli del 1750. Questa chiesa passò alle monache di S. Alfonso de Liguori nel 1810. In questa chiesa vi è un bel quadro di S. Alfonso de Liguori». Per quel che mi compete, posso aggiungere che Agostino Campanelli, colui che ottenne il «locale chiamato S. Vincenzo anche cadente», aveva per fratelli Alessandro e Cosmo, e che il loro stipite discendeva dal capracottese Giuseppe Nicola Campanelli e dall'isernina Anna Maria Pittillo, vissuti nella prima metà del XVII secolo. Allo stato attuale, dunque, non ci sono evidenze su un Crescenzo Campanelli emigrato da Capracotta a Colletorto.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
G. Campanelli, Cenno biografico della famiglia Campanelli di Capracotta. Brevi nozioni di questo paesetto, Guttemberg, S. Maria Capua Vetere 1877;
L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931;
A. N. Conti, Memoria per la laicale Confraternita della Visitazione e della Morte eretta in Capracotta, Festa, Napoli 1859;
R. D'Addio, S. Alfonso Maria de Liguori e le missioni popolari. Il carisma missionario alfonsiano strada per la nuova evangelizzazione, Tau, Todi 2020;
V. Ferrer, Sermoni scelti, a cura di A. Fratta, Aracne, Canterano 2018;
A. M. de' Liguori, Massime eterne, Aureli, Roma 1841;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
M. Rocco, Colletorto dalla storia e dai documenti sul territorio, ai racconti, ai ricordi, Etabeta, Lesmo 2020.