Ora, non voglio minimamente stare qui a raccontarvi la trama del film o altro, perché, onestamente, mi sembra una perdita di tempo. E della bassissima qualità filmica di questi cine-panettoni si è già detto fin troppo, come se le parole servissero veramente a qualcosa. Più se ne parla male, e più il pubblico corre a guardarli. E pure io, ogni tanto, li guardicchio, un po' perché ho un debole per Massimo Boldi (Cipollino è uno dei miei miti fanciulleschi, insieme a Bim Bum Bam e i Puffi), un po' perché sono curioso come una scimmia.
Ho preso "Christmas in Love" come avrei potuto prendere "Natale in India" o "Merry Christmas", tanto uno vale l'altro, visto uno visti tutti. Tralasciando, come detto, tutto il discorso prettamente tecnico, la domanda che da un bel po' mi pongo è la seguente: perché questi film fanno successo?
La coppia Boldi-De Sica si è da poco sciolta, i telegiornali e i giornali ne hanno dato una rilevanza quasi storica, nemmeno fossero Totò e Peppino. Ma a molti dispiaceva, veramente, c'era gente con le lacrime agli occhi. Ma cos'hanno questi maledetti film per acchiappare così tanto il pubblico? Cercherò di trovare una soluzione al quesito.
L'atmosfera natalizia. Perché al posto di chiamarsi "Natale sul Nilo" il film non si intitola "Ferragosto sul Nilo"? Semplice, direte voi, perché viene lanciato nei cinema a Natale. Chiaro, dico io, e aggiungo, ma perché non lo lanciano in piena estate? Ma è ovvio, perché i produttori hanno paura di floppare, perché sanno che un film del genere è una boiata tremenda, e sono consci del fatto che in estate la gente preferisce andare al mare piuttosto che chiudersi dentro una sala cinematografica. E allora puntano al Natale, aiutati dal classico "rincoglionimento natalizio", fra alberi e presepi, regali e cenoni, ci sentiamo tutti più buoni, etc... etc..., e vabbè, che sarà mai?, perché non divertirsi con Cipollino e De Sica?
Il luogo esotico. Fin dagli esordi vanziniani di "Vacanze di Natale" (1983) l'azione si svolge in un luogo di sicuro impatto: Cortina, l'Egitto, l'India, l'America, al limite l'Olanda, ma mai, che ne so, a Capracotta o Riccione, dove cioè vanno in ferie il 70% degli italiani. E perché lo fanno? Ovvio anche questo, perché sanno che lo spettatore comune, invidioso di chi può girare mezzo mondo, va al cinema a vedere chissà quali straordinari luoghi esotici, e, in una sorta di transfert psicologico, pensa egli stesso di essere in India, in Egitto, e via discorrendo.
Il cast. Oltre al simpatico Boldi e al raccomandato De Sica (con quel cognome, oibò...), la produzione ci infila dentro sempre qualche nome d'acchiappo. Qualche nome popolare, s'intende, qualcuno che bazzichi in televisione giorno e notte, giusto per far credere allo spettatore di essere davanti al proprio schermo casalingo, per metterlo a proprio agio. E così, ecco spuntare i "gloriosi" camei di Maria De Filippi, il bel Giorgino del Tg1, Emanuela Folliero dei Bellissimi di Rete 4, il mascellone di "Beautiful" (perdonate, non ricordo il suo nome...), Sconsolata e via così, con due o tre nomi di grido: Enzo Salvi (Er Cipolla, che tanto piace ai ggiovani), Biagio Izzo (quello che qualcuno ha definito il nuovo Troisi, sì, come no...) e i visi di gomma brutti e poco divertenti dei Fichi d'India. Et voilà, attori non bravi ma estremamente popolari: il piatto è servito, i 15enni sono accontentati, i 30enni pure, e le casalinghe pure (a vedere il mascellone di "Beautiful" andranno sicuramente in brodo di giuggiole). "Christmas In Love" ha poi una particolare caratteristica: nel cast compare anche Danny De Vito. Sì, avete capito bene, proprio lui, Danny De Vito. Danny De Vito? Sputtanarsi una più che dignitosa carriera con un tale scempio? Evidentemente sì. Ma aleggia il mistero: come abbia fatto De Vito a passare in 12 mesi da Neri Parenti al "Big Fish" di Tim Burton resta, indiscutibilmente, un mistero degno di Montalbano.
Le musiche. Per risultare il più accattivanti e popolari possibili, ogni film di Natale che si rispetti ha la sua bella musichetta alla moda. Non importa poi che siano schifezzuole di infimo grado, l'importante è che abbiano venduto e che siano passate almeno una trentina di volte su MTV e "Top Of The Pops". E un anno tocca a quella litania di "aserejè aserejà" o come caspita si scrive, poi è il turno delle atmosfere indiane di non so chi, e con "Christmas In Love" si è dato spazio alla solfetta spaccaballe di una nanerottola 17enne (di cui non ricordo il nome...), che dai microfoni di "W Radio 2" Fiorello non ha esitato a definire la nuova Ella Fitzgerald (vabbè, ma Fiorello è un simpaticone, che ce voi fa?), scoperta da Tony Renis (questo è un po' meno simpatico...), vincitrice, proprio per le musiche del suddetto film, di un David di Donatello (?!). Capito?
La trivialità. Ognuno ride come vuole, ma giocare basso è sempre una garanzia. Neri Parenti punta tutto sulle solite gag a suon di culi, merda, piscia, tette e figa, che per carità, non è proprio roba da Oxford, ma si va sempre sul sicuro, soprattutto verso il pubblico più giovane, quello che se guarda i fratelli Marx s'addormenta e sbuffa, ma se vede Boldi in mutande si sganascia dalle risate. Nota a parte: ma che cazzo di gioventù sta venendo fuori? Chiusa parentesi. Insomma, con la trivialità si fanno dei gran bei soldoni, non importa poi se le battute sono le stesse da vent'anni a questa parte.
Ho snocciolato 5 punti, ma potrebbero essere molti di più, e ognuno si può fare i suoi. Certo è, che se il cinema italiano per tirarsi su le ossa è costretto ad aspettare il periodo natalizio accendendo un lumino nei confronti di San De Laurentiis Martire (perché con i prodotti più artistici non si fa n'euro), vuol dire essere proprio alla frutta. "Ma questi filmetti evitano il fallimento del cinema italiano", ci raccontano da vent'anni. Ma a questo punto, pur di non vedere certe vaccate, sarebbe meglio che il cinema italiano morisse per sempre.
Marco Poletti
Fonte: https://www.debaser.it/, 1 novembre 2007.