Vi è una tensione bipolare tra la pienezza e il limite. La pienezza provoca la volontà di possedere tutto e il limite è la parete che si pone davanti. Il tempo fa riferimento alla pienezza come espressione che ci si apre dinanzi, il momento è espressione del limite che si vive in uno spazio circoscritto. I cittadini vivono in tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell'orizzonte più grande, dell'utopia che ci apre al futuro come causa finale che attrae. Da qui emerge un primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio. (Evangelii Gaudium, 222)
Questo principio aiuta a superare situazioni difficili e avverse, e anche i cambiamenti che il dinamismo della realtà impone. È invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Dare priorità al tempo significa «iniziare processi più che possedere spazi». Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce e senza ansietà, con convinzioni chiare e tenaci.
Scrivere un altro contributo sulla terza età per aiutare a prendere consapevolezza del proprio tempo, del proprio corpo, della mente e dello spirito, si scoprono le funzioni e le possibilità della vecchiaia o della senectus, come elegantemente viene definita dai latini. Conta vivere il passato come fonte per disegnare meglio il presente e il futuro. Il bisogno di essere ancora utile e di avere un senso proprio nel presente, traduce il desiderio e le caratteristiche degli anziani per vincere l'esclusione e l'abbandono.
In un recente libro, "La saggezza del tempo", papa Francesco vuole offrire punti di riferimento e di orientamento per l'avventura della vita e per migliorare il mondo che intendiamo costruire. È un libro dedicato agli anziani per inventarsi questo periodo della vita, perché la vecchiaia, cosi come è vissuta oggi, è un fenomeno nuovo e spinge ad essere creativi. Quando si ascoltano gli anziani si ritrovano le radici e l'albero cresce e fruttifica. Come il tartufo, che nasce vicino alla radice, assorbe tutto e diventa prezioso. Staccarsi dalle radici significa staccarsi dalla storia.
Per camminare verso il futuro serve il passato, servono radici profonde che aiutano a vivere il presente. Serve memoria, serve coraggio, serve utopia. Ecco cosa vorrei: un mondo che viva un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani.
La relazione con la storia è importante. Presente, passato e futuro di sé e del mondo non sono semplicemente verbi, ma modi di vivere e valorizzare concretamente il proprio tempo. Di fronte all'avventura della storia non si può subire l'inganno e la tentazione di negare la storia e la pretesa di chiuderla con la propria vicenda personale. Dilatare gli orizzonti per leggerne la complessità, valutare il rapporto tra legge e coscienza, grazia e libertà, rappresentazione e mistero, ha uno strumento e un punto nel tempo e nello spazio per non perdere la sua singolarità e il suo valore. Sembra opportuno coltivare alcuni linguaggi preziosi, quali la memoria, la presenza e la progettualità. La memoria lascia ancorati saldamente alle radici, la presenza fa lavorare senza illusioni e inutili fughe in avanti, la progettualità abitua a valorizzare iniziative e intuizioni che altri dovranno portare avanti.
L'unico modello per valutare con successo un'epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un'autentica ragion d'essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca. (R. Guardini)
Quattro principi-chiave, che sono anche orientamenti per vivere, mi sembra opportuno indicare, alla luce del pensiero di Papa Francesco, ben precisati nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium:
la realtà è più importante dell'idea;
il tempo è superiore allo spazio;
il tutto è superiore alla parte;
l'unità prevale sul conflitto.
La categoria sociologica della "modernità liquida", indicata da Zygmunt Bauman, descrive un'immagine del cambiamento e della transitorietà del tempo. La metafora della liquidità cerca anche di rappresentare la precarietà dei vincoli umani in una società individualistica, contrassegnata dal carattere transitorio delle sue relazioni e da principi etici incerti. L'amore si fa fluttuante, senza responsabilità verso l'altro, e si riduce al vincolo senza volto offerto dalla realtà virtuale. La soluzione per sopravvivere è quella di annegare in un oceano di banalità. Tra gli ultimi suoi saggi spicca "Cecità morale", in cui il sociologo Bauman ribadisce le conseguenze estreme a cui può condurre la modernità liquida: la perdita della bussola morale e l'assenza di principi etici, validi sempre e dappertutto. La modernità liquida ha tagliato i ponti con le strutture consolidate del passato.
Un altro aspetto della banalità etica o della liquidità ha trovato ampie spiegazioni da parte della filosofa ebrea Hannah Arendt. La sua opera più conosciuta è "La banalità del male". In situazioni estreme - come il dominio del nazismo in Germania - la banalità del male risalta come complicità, e persino come simpatia per gli orrori. Consapevole di quanto aveva fatto, Eichmann «non lo negava mai, non scorgeva alcunché di cattivo nei gesti che aveva compiuto. Eseguiva ordini di Stato e si definiva buon cittadino». La banalità del male non lo spinge, proprio per la sua mediocrità, a soffermarsi sul fatto che il male sia orribile, ma sul perché lo consenta e vi contribuisca.
L'uomo del tempo presente viene descritto come uomo di superficie, titolo del libro di Vittorino Andreoli, noto psichiatra e psicanalista di chiara fama, che richiama il sinonimo "uomo senza qualità" di Musil o "uomo ad una dimensione" di Marcuse. L'uomo di superficie «galleggia sulla società liquida spinto da un desiderio morto». Superficie si contrappone a profondità, anzi la presuppone come fondamento. Uomo profondo è una delle specificazioni di qualità che in passato era applicata a coloro che guardavano dentro e rifuggivano dall'apparenza per andare all'essenziale. L'uomo interiore cerca di vedere quello che ha dentro di sé, cerca il senso, il fine del suo stesso essere, guarda dentro capovolgendo lo sguardo. L'uomo di profondità è colui che pensa, che medita, guarda all'anima, all'interiorità. Non importa se buddista o indù o musulmano o cristiano, incontra la quiete nel silenzio, nella contemplazione incontra il suo significato più profondo. Conosce l'amore, lo sente dentro di sé come una forza che lo riempie di vita.
L'uomo di superficie è angosciato dalla morte e dalle malattie, dalla solitudine e dall'isolamento. È un uomo fragile e in pericolo. Della morte ha smarrito il significato profondo, cerca la vita senza accorgersi che sta spegnendosi, muore senza saperlo, attaccato alle preoccupazioni, vinto dal vuoto, dal nulla e dal delirio di sé.
Non siamo creati per la morte, anche se il morire è l'unica certezza della vita. Dal cuore sgorga prepotente il desiderio di permanenza, di felicità. di amore, di infinito. Siamo fatti per la vita e intimamente convinti che i valori della vita siano così forti da durare per sempre. Alla fine del I secolo a.C. il libro della Sapienza proclama: «Dio non ha fatto il morire, non si compiace di annientare i viventi, tutto è creato perché sussista. Dio creò l'uomo per l'incorruttibilità». La morte non può venire da Dio, perché è il Dio della vita. La Bibbia ha un "valore educativo", sottolinea il card. Martini, è fondamentale convinzione per tutti, ed ha una portata universale. L'apertura alla Bibbia conduce ad un incessante esodo da sé, sollecitando una continua conversione a livello etico, religioso, intellettuale: capire, sperimentare, valutare, giudicare, credere. Questa conversione intellettuale conduce a riconoscere il valore sommo dell'interiorità escludendo la superficialità e l'"uomo di superficie".
Presento alcune indicazioni di percorso per impiegare bene il proprio tempo.
1. Ben-essere dello spirito
Star bene dentro per star bene fuori. Abbiamo bisogno di star bene dentro, se vogliamo star bene fuori, abbiamo bisogno di benessere interiore se vogliamo ben-essere semplicemente. Se non si è in pace con sé stessi, con la coscienza, con il passato e con le esperienze che l'hanno costellato, non si può parlare di salute-benessere. Fuori e dentro sono termini usati in senso figurato. Indicano un equilibrio mentale, emozionale e relazionale che va conquistato giorno per giorno, frutto di un compromesso dinamico tra le varie tensioni interne: bisogni, pulsioni, inclinazioni, aspirazioni, ricerca di affermazione e gratificazioni. È un lavoro che si compie sulla base del principio di costanza, regola fondamentale del sistema psichico umano. La salute interiore, la serenità, la pace, un'amabile amicizia con tutti e con tutto, in primo luogo con noi stessi, gli altri, il mondo, gli avvenimenti, deve essere un fermo e costante obiettivo, oggetto di una accurata profilassi e cura interna. Se non stiamo bene dentro, non possiamo star bene in nessun luogo, come i malati: quando si soffre non si trova mai la posizione giusta, né nel letto né nella vita.
La coscienza è una bussola «sicura sui mari del bene e del male». È una legge morale che presiede alla condotta umana, il sentimento della sua obbligatorietà è innegabile. Non è oggetto di dimostrazione, ma di esperienza interiore. Ne rimane ammirato e stupito anche Kant, filosofo puro che non indulge al sentimentalismo. Le espressioni, sincere e candide, incise anche sulla sua tomba, con le quali conclude la "Critica della ragion pratica", sono ben note: «Due cose mi riempiono l'animo di ammirazione e di venerazione, sempre nuove e crescenti, quando più rifletto su di esse, il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me». Il luogo dove abita il bene, che cosa significa essere buoni è la coscienza morale. Possiede la spontaneità dell'istinto e la luce dell'intelligenza: è una percezione immediata, indipendente dal senso di piacere e della convenienza. Come gli occhi percepiscono naturalmente la luce, così la coscienza percepisce con naturalezza il bene. I termini ascoltare, rispettare, consultare la coscienza evocano la presenza di una voce dentro di noi, per indicare il suo tipico modo di farsi sentire con pronunciamenti sereni e perentori.
La coscienza può essere descritta come il luogo dei valori ultimi e più preziosi della persona, che trova inscritti dentro di sé, che sono l'eco di un Assoluto, la cui essenza si identifica col Bene. L'aspirazione al trascendente che è in ciascuno di noi, ricorda che il compimento del nostro destino va ricercato al di là di noi stessi, verso una misteriosa lontananza che trascende tutti gli orizzonti. E si riscopre Dio, si percepisce l'eco di una Totalità che non si lascia circoscrivere da confini. Si riscopre il contatto con Dio, il dialogo personale, la preghiera. Dedicare pochi minuti (o poche ore, secondo scelte personali) alla preghiera del mattino, dare del tu a Dio, anche senza formule programmate, aver fiducia in Lui, come figlio con il padre, rinfresca la vita, riaccende la fede, previene l'ansia. La preghiera è un tendere verso l'Oltre, verso l'Alto, spesso senza parole, come pianta che ha sete. Essere alla presenza di Dio, senza nulla da dirgli, nulla che possa uscire dal centro arido del cuore, solo il silenzio. Qualcosa di noi prega, prega il corpo, prega il tempo, ne fa un piccolo tappeto di minuti, una passatoia di istanti senza parole, che si stende davanti ai passi del Signore, che viene e si fa sentire sempre in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto. Perché Dio deve avere la prima parola e facciamo silenzio prima di coricarci, perché l'ultima parola appartiene a Dio. Facciamo silenzio solo per amore della Parola. (D. Bonhöffer)
L'ansia per la salute, la stabilità economica e affettiva, il futuro tra la vita e il nulla nel fragile equilibrio di forze e di tempi, accompagnano i giorni dell'anziano. L'insicurezza costituisce il fondo dell'esistenza, la cifra che la connota nella sua essenza che scorre tra amori e timori, tra desideri che non si traducono in speranze e speranze che spesso non diventano attesa. Basti ricordare le acute analisi di Kierkeegard, Heidegger, Sartre, Jasper... che la considerano una reazione tipica dell'essere-al-mondo, connessa con la fatica di esistere.
Come tutte le forti emozioni, l'ansia è un fatto fisico, psichico e spirituale, che investe e turba tutta la persona. L'ansioso non conosce né il sapore della libertà, né lo slancio dell'iniziativa. L'ansia sgretola la mente, logora la salute, gioca tre brutti scherzi, che potremmo chiamare le tre A dell'ansia:
Anticipa i problemi;
li Accumula, come se si dovessero affrontare tutti insieme;
li Amplifica senza venirne fuori, ma aumentandoli.
Il pensiero fisso, che pronuncia con frequenza e sofferenza l'ansioso, è domani e dopodomani non oggi, cammina sempre un giorno avanti a sé. La mente cessa di spaziare libera sugli orizzonti della fantasia, diventa schiava di quanto genera, anche i pensieri. Bisognerebbe reimparare a fare le cose adagio, tenere d'occhio la qualità del proprio essere più che il fare.
La regola fondamentale in psicoterapia è questa: star vicino, accompagnare, non sostituire. Sperare può voler dire disperare per ventitré ore al giorno, ma per un'ora ribellarsi alla rassegnazione, alla resa, all'ansia. Quell'ora non ha prezzo, quell'ora è la vita. In una poesia sulla speranza Charles Peguy dice che nulla dell'uomo stupisce Dio tranne la speranza bambina. Delle tre sorelle, fede-speranza-carità, è la più piccola, ma sostiene e sorregge le altre due. Come in tutte le vicende umane in cui ognuno è implicato, anche questa possibilità di prendere in mano le redini della propria vita e darle un corso nuovo, che si chiama speranza, fa comprendere che nasce solo da dentro. Fidarsi è puntare su qualcuno e su sé stesso e su Dio, senz'altra garanzia che quella misteriosa presa a credito, che è la fiducia. Un sentimento strettamente imparentato con l'amore. Entrambi portano in sé le ragioni della loro certezza.
Osman Antonio Di Lorenzo