Il Molise ti segue. Ovunque tu sia. E allora un giorno capita che vai a Roma a trovare un amico. E la sera esci ed incontri volti totalmente sconosciuti. Chiaramente non ti fermi a parlare con chiunque. E fra i pochi con cui scambi una chiacchiera capita anche che ti fermi a parlare con una coetanea che ti racconta di avere una zia Molisana. E tu dici: "va beh siamo a Roma, non in Australia, è chiaro che ci siano persone con origini molisane". Poi capita che ti fermi a parlare con un coetaneo che ti racconta di avere la madre molisana. E lì allora fai una risata. Poi capita che il giorno dopo sei sul pullman di ritorno per Campobasso, e appena dopo imboccato il raccordo anulare, ti fermi a guardare dal finestrino e non si sa per quale ragione ti viene voglia di aprire le mappe e guardare l'area circostante mentre il bus intanto instrada sul cemento. E sempre per una fortuita casualità ti imbatti in un quartiere della zona Tiburtina, le "case rosse" che ti zampilla all'occhio. Ti accorgi infatti di una via particolare, intitolata via Castelbottaccio. E pensi: "avrò letto sicuramente male", allora ingrandisci la mappa e scopri di avere ancora una vista alquanto lucida. E non solo, oltre a via Castelbottaccio ti imbatti in via Baranello, via Bonefro, via Belmonte del Sannio, via Gambatesa, via Mirabello, fino a scoprire che sono 25 i paesini e le frazioni molisane che trovano a farsi angoli fra palazzi e rotonde. E allora ragioni e pensi: fino a quando si tratta d'incontrare persone con origini molisane è nella norma, anche perché siamo così espansivi nel decantare la nostra regione che subito salta fuori quello d'origini nostrane. Però non ti capita spesso di aprire per noia la mappa mentre sei in viaggio. Non ti capita spesso di aprire la mappa e leggere via Castelpetroso e via Monteroduni.
Inizi poi a pensare a questo strano posto fuori mano dal centro di Roma, le "case rosse". Ti chiedi per quale ragione ci sia una toponomastica così atipica. Voglio dire, molisanamente con un complesso d'inferioritá, per una volta ti imbatti davvero in qualcosa di particolare.
Allora vai a cercare subito notizie storiche riguardo al quartiere, ma trovi poco più di nulla sulla ragione per cui "case rosse" a Roma sia un eco riecheggiante dei nostri paeselli. Ma nulla. Come in tutte le cose connesse con il nostro passato, c'è un velo di "non esistenza".
Allora ti fai soccorrere dalla fantasia e provi ad immaginare che in un tempo ed un'Italia lontani, in un periodo prossimo a quello dell'industrializzazione post seconda guerra mondiale, nel decennio '50/'60 del secolo scorso, piccole fronde di disgraziati conterranei in cerca di un posto di lavoro si aggregarono e ricrearono un piccolo Molise in un piccolo quartiere di Roma. Sì, pensi, questa storia mi piace, potrebbe essere andata così. D'altronde non hai trovato nulla di concreto facendo le ricerche, ti resta la fantasia.
Poi scende una lacrima di pioggia dal finestrino e ti desta dalla trance. Scrolli un attimo il capo, come a voler interrompere definitivamente il dialogo con l'immaginifico. Ma nonostante tutto continui a chiederti per quale ragione un gesto così casuale ti abbia fatto imbattere accidentalmente in una così strana sorpresa. Capisci che le casualità sono più belle e divertenti, quanto più esse siano incomprensibili.
E in ultimo comprendi, che la tua terra ti segue, o molto più semplicemente la tua caviglia è fatalmente e incontrovertibilmente legata ben stretta con una corda, e ti ritrovi ad essere un palloncino in aria, legato da questa corda che all'altro estremo è saldamente conficcata fra le radici degli alberi della tua terra natia. E questa cosa non ti dispiace.
Con il viaggio immaginifico appena fatto poi, scopri che da adesso conosci due modi per spostarti da Capracotta a Carovilli: il primo, quello comune, percorrendo la statale 86; il secondo, più inusuale del primo è semplicemente girando l'angolo di un incrocio fra palazzi e rotonde.
Michele Messere
Fonte: https://michelemessere.wixsite.com/, 26 novembre 2018.