top of page

La Congregazione di Santa Maria di Loreto di Capracotta a Minervino


Pianta topografica Capracotta
Pianta topografica della proprietà della Madonna di Capracotta.

La Congregazione di Carità di Capracotta, sotto il titolo di Santa Maria di Loreto o Madonna di Capracotta, all'epoca Provincia di Campobasso e dal 1970 a tutt'oggi Provincia di Isernia, come riportato in una pianta del 1921, era proprietaria di un appezzamento dichiarato «di natura seminatoriale» di ha. 64,70 pari a versure locali 52 e catene 15.

L'ente di carità decise di metterlo in vendita perché ormai non era più redditizio. Anzi lo Stato, con i suoi continui aumenti fiscali, dava il colpo di grazia alla sempre più fragile pastorizia e favoriva così la riconversione a coltura dei terreni che, proprio nel periodo del primo dopoguerra, sembravano rispondere meglio ai disperati quanto legittimi bisogni di occupazione. Purtroppo i governi liberali, contrariamente alle promesse fatte durante e alla fine della guerra, non riuscivano a mantenere la parola data.

È detto in uno (1) degli atti che Saverio Ianiro, presidente della Congregazione, accompagnato dal tesoriere speciale Giangregorio Carnevale fu Roberto, autorizzato con atti del 1 febbraio 1920 e del 5 marzo e 25 agosto 1921, «stipula, vende e aliena sotto ogni garenzia di legge», il fondo rustico messo in agro di Minervino Murge, alla contrada Bosco da Piedi, a volte denominato Boscodapiedi, o ancora Treiacci. Tale territorio definito incolto, ma certamente in precedenza utilizzato dalle numerose greggi che popolavano le aree pianeggianti, ad occidente dell'abitato verso il Locone e Lamalunga, molto fertili, con più ampia disponibilità di acqua e di foraggio; mentre sui terreni collinari, con aria più secca e più scarso foraggio, gli animali erano costretti a spostamenti notevoli, nell'arco del giorno, e a più continue integrazioni alimentari.

Nel contratto, rogato nello studio di via Giovanni Bovio n. 34 di Minervino, ora via Alcide De Gasperi, dal notaio Michelangelo Di Bona fu Giuseppe, figurarono, oltre ai due venditori citati, nati e residenti a Capracotta, anche i testimoni minervinesi Carmine Di Rienzo e Francesco Villanii «che assumono anche la veste di fidefacienti» (2), e gli acquirenti tutti di Minervino Murge. Di questi ultimi i firmatari sono solo Vincenzo Inglese, Grazia Giorgio, Nicola Tarallo, Michele Tricarico fu Savino, Pietro Balice, Eusapia Rubino, Angelo Levito, Angelo Leone, Filippo Tricarico, Savino Pantone, Carmine Di Tria; tutti gli altri dichiararono di non saper leggere e scrivere. Inoltre vennero delegati a firmare gli allegati e i margini dei fogli Grazia Giorgio, Angelo Leone, Filippo Tricarico e Riccardo Bevilacqua, unico ad esercitare il mestiere di muratore, mentre tutti gli altri erano contadini.

La pianta redatta in scala 1/2000 dal geometra agronomo locale Giovanni Martinelli, datata 8 ottobre 1921 e denominata "Pianta topografica, quotizzazione della Proprietà della Madonna di Capracotta", presenta in basso a destra l'attestazione notarile di autenticità, datata 31 dicembre dello stesso anno. Nella pianta, come si può vedere, sono riportati i nomi dei proprietari confinanti: Giuseppe Carlone, Giuseppe Giorgio, coniugi Bernarda Minervini e Paolo Conte, i fratelli Romano, Ermenegildo De Ruvo e Giovanni Augelli e la indicazione con numeri e con lettere delle particelle da vendere.

È detto negli atti che «mancano i dati del Catasto perché distrutti nei moti del 1898, e la rendita di fondiaria sul terreno è di £ 895 e 5 cent, [...] il fondo all'estremo nord è attraversato dalla strada pubblica vicinale tratturo Pagliarone e dalla detta strada ha il suo accesso». Non è proprio così in quanto una copia di tali dati è reperibile presso l'Agenzia del Territorio di Trani. Ecco l'elenco completo delle persone che acquistarono con i relativi dati delle singole quote e le rispettive somme pattuite e versate.

Ecco l'elenco completo degli acquirenti con i relativi dati delle singole quote e le rispettive somme pattuite e versate. Le operazioni di vendita furono complessivamente quarantadue, mentre sessantasette i singoli appezzamenti a prescindere dalla estensione. Ogni appezzamento, definito intero, era di circa ha 1, are 23 e ca 45 per un corrispettivo di £ 647 e cent. 5; la metà di circa are 61 e ca 72 veniva venduta a £ 323 e cent. 50. Gli acquirenti erano sia persone singole, maschio o femmina, che in coppia col proprio coniuge o congiunto. Non tutti ne acquistarono uno intero.

È detto pure che «per ragguaglio alla misura locale danno una versura per ogni ha. 1, are 23 e ca. 45; 18 catene per le are 61 e ca. 72; e 9 cat. per are 30 e ca. 87».

Naturalmente si pensò anche alle servitù delle strade di accesso e all'uso dell'acqua:

Con tutti gli appezzamenti e con ciascuno di essi va compreso il diritto di servizi delle stradelle create per convenzione di tutti gli acquirenti ai fini del comodo accesso carrozzabile agli appezzamenti stessi; cioè va compreso l'uso delle tre stradelle segnate in pianta, la prima con le lettere S.U.; la seconda con le lettere V.W. e la terza con le lettere Y.Z.; quali stradelle saranno comune ed indivise di uso comune fra tutti gli acquirenti e da tutti devono essere costantemente rispettate della costante larghezza di tre metri in tutti i punti; l'uso delle stradelle deve essere di solo passaggio senza poter servirsene diversamente. Ed ancora con tutti gli appezzamenti e con ciascuno va compreso il diritto di servirsi dell'acqua della fontana segnata in pianta con la lettera A, quale fontana sarà anche comune ed indivisa fra tutti gli acquirenti, di uso comune. La fontana deve essere sistemata secondo le regole costruttive con una campana o recinto di figura quadrato di metri 20 di lat., a spese di tutti gli acquirenti, ciascuno in proporzione della propria estensione, e nel termine a tutto il mese di marzo 1922. Anche le riparazioni e l'ordinaria manutenzione della fontana saranno a carico di tutti gli acquirenti secondo le rispettive estensioni di terreno.

Dichiarava il signor Ianiro che il fondo, di esclusiva proprietà della Congregazione di Carità di Capracotta, cui pervenne a seguito della ripartizione delle terre del Tavoliere delle Puglie da parte di notai certificatori aggiunti di Napoli all'uopo nominati (3). Si dice nell'atto che:

Il fondo è libero e franco da gravezze tranne la fondiaria ed i contribuenti di chinino contro la malaria e di strada vicinale, che sono pesi reali dovuti per legge, e così il venditore trasmette gli appezzamenti ai compratori secondo le condizioni che seguono, poste integranti di questo atto. Le vendite son fatte nello stato in cui l'intero fondo si trova a corpo e non a misura di fronte alla Congrega venditrice, ed a misura proporzionale nel rapporto dei compratori tra loro, ed il fondo si trasmette nello stato attuale di possesso come si è detto, con tutti i possibili diritti ed accessorii ed ancora col diritto nei compratori tutti di revendicare se lo credono, le zone usurpate dai germani Salvatore e Luigi Guglielmi per cui dall'Opera Pia fu già iniziato un giudizio. Il signor Ianiro nell'oggetto consegna i documenti per l'iniziato giudizio e dichiara espressamente che la Congregazione deve rimanere estranea all'esito della causa, che se gli acquirenti vorranno fare, dovranno farla interamente a loro spese e rischio.

Come si nota si trattò di una arbitraria messa a coltura, se non vera e propria usurpazione da parte dei fratelli Guglielmi, contro cui la congregazione aveva avviato un giudizio le cui spese, se gli interessati lo avessero voluto, sarebbero transitate ai nuovi acquirenti. Ma non se ne fece nulla.

Vediamo ora quali sono state le condizioni perché potesse avvenire la vendita.

Le vendite in parola si sono consentite fra le parti contraenti dei distinti appezzamenti alle distinte persone come innanzi, con i diritti accessorii, ad ogni appezzamento, secondo le fatte spieghe [spiegazioni, N.d.A.] e per i prezzi sopra riportati vendita per vendita, prezzi che in totale sommano a £ 30.000 (4). I diversi prezzi nell'insieme di £ 30.000 a vista di me notaio e testimoni, in biglietti di banca del Regno, vengono versate in potere del signor Ianiro Saverio, che dopo aver ritirate le £ 30.000, somma comprensiva di tutti i prezzi, accusa ricezione ai compratori distintamente del rispettivo prezzo a ciascuno e rilascia loro ampia e finale quietanza, con dichiarazione che l'Opera Pia venditrice non ha altro da pretendere all’ oggetto. Il signor Ianiro, a sua volta, consegna le £ 30.000 al tesoriere della Congregazione di Carità signor Giangregorio Carnevale, per tutti gli effetti contabili dell'Ente ed entrambi dichiarano che la somma stessa ritratta dalle vendite sarà reimpiegata in rendita pubblica, consolidati cinque per cento in conformità delle deliberazioni della Congrega.

E questa era la conditio sine qua non perché potesse avvenire la vendita. È interessante ciò che si dice a proposito delle acquirenti donne con marito, cui viene riconosciuto il diritto esclusivo della titolarità della proprietà acquisita, naturalmente pagata con denaro non riveniente dal cespite familiare.

Gli acquirenti riconoscono che gli acquisti delle donne maritate parafernali [fuori dai beni dotali portati dalla sposa, N.d.A.], in rivenienza di danaro parafernale per tutte esse maritate [...] per effetto delle compiute vendite il dominio ed il possesso di diritto del fondo restano trasferiti da oggi negli acquirenti per i distinti e rispettivi appezzamenti come innanzi; convenendosi che il possesso di fatto col diritto alla percezione dei frutti ed obbligo di pagare i pesi reali e legali innanzi menzionati alla data del 30 settembre 1921.

Le parti consentivano le volture di fondiaria, frazionando l'imponibile di £ 895,05 ed assegnando ad ogni quota £ 17,55 da dividersi a metà negli acquisti di mezze quote, ed assegnando agli otto appezzamenti indicati con le lettere £ 17,55 per tutte e otto, da ripartirsi fra gli otto acquirenti in parti uguali.

Ancora: «I contraenti rinunziano ad ogni ipoteca legale e dispensano il Conservatore delle Ipoteche di Trani dal pubblicare qualsiasi iscrizione di ufficio. Le spese di questo atto restano convenute a carico degli acquirenti in proporzione dei rispettivi acquisti».

L'atto venne firmato da Saverio Ianiro, Giangregorio Carnevale, dal notaio e dai due testimoni fidefacienti, delegati altresì dai contraenti che dichiaravano di non sapere scrivere né firmare, a firmare i fogli in margine e gli alligati.

Ora capiremo perché fu necessario che la Congregazione dovesse riunirsi per ben tre volte nell'arco di un anno, il 1 febbraio 1920, il 5 marzo 1921 e il 25 agosto 1921; tutte allegate all'atto di vendita, insieme alla pianta esaminata in precedenza e pienamente accettata dai contraenti perché conforme alla loro volontà.

La prima deliberazione della Congregazione di Carità, datata 1 febbraio del 1920 a Capracotta, riporta all'oggetto "Condizioni per la vendita della Tenuta Treiacci". È composta dai signori Ianiro Saverio presidente, Sciullo Carmine, Conti Ottorino, Di Tella Salvatore e Di Tella Gabriele, componenti, con l'assistenza del Segretario.

Dopo la lettura dell'o.d.g., "Vendita della tenuta Treiacci ed investimento della somma in rendita del Prestito Nazionale", il presidente illustrò la questione:

La Congregazione di Carità possiede in agro di Minervino Murge (Bari) un latifondo pascolativo denominato Bosco da Piedi o Treiacci, dell'estensione di circa ha. 64,70, riportato nel Catasto di Minervino, intestato a Madonna di Capracotta [...] detto terreno è stato sempre fittato nell'ultimo quindicennio per £ 1.125,15 annue quando l'imposta Fondiaria era appena di £ 400 circa, e vi era la convenienza di mantenerlo. Ma da quattro anni in qua, scaduto il fitto, è riuscito difficile rinnovarlo a buone condizioni ed è stata una necessità contentarsi per £ 550 prima e poi per £ 900. Solo in questo anno è stato fatto un fitto di £ 1.000. Per contrario le sovraimposte comunali e provinciali sono molto aumentate; nuove imposte per contributi civili sono state applicate e nel 1919 la Congrega ha percepito un fitto di £ 900, pagando £ 965 di imposte, con una passività di £ 65. Nel 1920 l'imposta è di £ 1.218, 65 ed il fitto di £ 1'000 con un passivo di £ 218,65 oltre l'assistenza civile. Giustamente preoccupata la Congrega di questa difficile situazione, che fa del patrimonio un cespite oneroso, ne stabilì in massima la vendita ed egli affidò l'incarico della perizia all'agronomo signor cavalier Santilli Agostino, il quale in questi giorni si è recato sul luogo ed ha presentato la perizia giurata del 26 gennaio p. m. di cui dà lettura e dalla quale risulta che il latifondo ha un valore di £ 25.000. Invito perciò l'adunanza a voler formare le condizioni per la vendita...

Da questa breve ed esauriente esposizione del presidente la congrega trovò non solo la convenienza ma la necessità urgente della vendita; così dopo ampia e ponderata discussione con voti unanimi deliberava:

1. Che la tenuta Treiacci in agro di Minervino Murge sia venduta all'asta pubblica, con estinzione di candela vergine (5) e che il prodotto sia completamente investito in rendita del Prestito Nazionale. 2. Che la vendita sia fatta nello stato in cui il latifondo si trova, a corpo e non a misura, con tutti i pesi e servitù inerenti in base al prezzo di £. 25.000, da pagare nell'atto della stipulazione del contratto. 3. Che per concorrere all'asta debbono gli aspiranti fare un preventivo deposito di £ 2.500 a garanzia di tutte le spese d'asta e contrattuali che andranno a carico dell'aggiudicatario, e che ogni offerta di aumento non sarà inferiore a £ 50. 4. Che l'aggiudicatario dovrà mettere nel possesso dopo la scadenza dell'attuale fitto, cioè al 29 settembre 1920. 5. Che il Presidente resta autorizzato a compiere tutti gli atti relativi all'incanto ed alla vendita, previa larga diffusione, fin da ora, di preavvisi e dopo la superiore approvazione tutoria, dei relativi avvisi d'asta, nonché all'acquisto della rendita del Prestito Nazionale. 6. Che si facciano voti alla Spett. Commissione Provinciale per la sollecita approvazione della pratica, se è possibile che vi sia anche l'autorizzazione a tenere le aste in Minervino od in Capracotta, come al Presidente più opportuno parrà.

La deliberazione, letta e confermata, venne sottoscritta da tutti i comparenti, resa pubblica senza opposizioni nell'albo pretorio del Comune di Capracotta in data di domenica 8 febbraio 1920. La stessa altresì venne approvata dalla Commissione Provinciale di Beneficenza del 24 aprile presieduta dal Prefetto Santangelo in quel di Campobasso. Seguono infine anche le firme dei rappresentanti degli acquirenti Grazia Giorgio, Leone Angelo, Tricarico Filippo, Bevilacqua Riccardo, nonché quelle dei testimoni e fidefacienti Di Rienzo Carmine, professore di disegno, e Francesco Villani, legale, e di Michelangelo Di Bona fu Giuseppe notaio residente in Minervino Murge.


Fu necessario procedere alla convocazione di una seconda riunione della Congregazione e alla conseguente promulgazione della relativa deliberazione, datata 5 marzo 1921, perché non tutto era andato per il verso giusto. Infatti:

Si è riunita la Congregazione di Carità di Capracotta legalmente convocata e composta dai signori Ianiro Saverio Presidente, Sciullo Carmine e d'Andrea Vincenzo membri, con l'assistenza dell'infrascritto segretario. Il Presidente espone che, in seguito alla deliberazione della Congregazione del 1 febbraio 1920 approvata dalla Spett. Commissione Prov.le di Beneficenza del 24 aprile 1920, A. 2587 - 4489 relativa alla vendita in base a perizia della tenuta Boscodapiedi o Treiacci in agro di Minervino Murge per £ 25.000, furono sperimentate le pubbliche aste nei giorni 12 giugno e 3 luglio 1920...

Anche se queste erano andate deserte, la storia non fu affatto terminata. Infatti la Confraternita continuava a ribadire l'urgenza della vendita, mentre sembrava che nessuno fosse interessato. Sopraggiunse una reazione inaspettata, ma ben studiata.

Seguiamo gli sviluppi: «Le ragioni di convenienza per le vendite della tenuta sono oramai urgenti, perché nel 1920 fu fittata per £ 1.000, e l'imposta e sovraimposta hanno raggiunta la somma di £ 1.904,34 con una rifosta [crescita, aumento, N.d.A.] di £ 904,34. Nel 1921 è salito a £ 1.500, e finora il ruolo principale è di £ 1.639,90, con oltre £ 139,90 di rifosta, salvo i soliti suppletivi». Chissà quali erano questi «soliti» suppletivi. Insomma, mentre l'asta era andata deserta, quasi contemporaneamente e inaspettatamente: «Intanto sono state in questi giorni presentate tre domande per (chiedere) trattativa privata: l'una del sig. Nezio Vincenzo fu Giuseppe di Minervino che offre £ 25.000, l'altra del signor Augelli Vito di Giovanni ed altri 34 coloni di Minervino Murge che offrono £ 31.000 e la terza della Spett. Società Anonima di lavoro Cooperativa fra contadini di Minervino, rappresentato dal Presidente Sig. Donato Barbera che offre £ 33.000». È a dir poco strano che prima un'asta a base di partenza di £ 25.000 andasse deserta e, immediatamente dopo, arrivasse un'offerta, ovviamente a trattative privata, di ben £ 33.000. Mistero! Immaginiamo la entusiastica meraviglia dei venditori. Intanto, «essendo questa l'offerta più vantaggiosa dovrebbe senz'altro accertarsi. Se non che è probabile che rinnovandosi le aste potrebbero esservi altri aumenti, salvo in caso di diserzione di accettare l'offerta più vantaggiosa della Società Anonima».

La Congregazione, presa per la gola, dopo breve discussione con voti unanimi deliberò:

1. Di autorizzare il Presidente a bandire nel minor tempo possibile le nuove gare all'asta pubblica, estinzione di candela vergine, per la vendita della Tenuta Boscodapiedi o Treiacci, alle condizioni della suddetta deliberazione della Congrega del 1 febbraio 1920, superiormente approvata con le modifiche che l'asta sarà aperta in base a £ 33.000 e l'aggiudicataria dovrà mettersi in possesso al 30 settembre 1921. 2. Di autorizzare lo stesso presidente, nel caso che le aste dovessero andare deserte, a conchiudere il contratto di vendita a trattativa privata per £ 33.000 con la Spett. Società Anonima di lavoro di Minervino Murge. Ferme restando le relative condizioni del 1 febbraio 1920.

Insomma, la Congregazione, mentre da un lato ben volentieri poneva a base d'asta una somma più elevata rispetto a quella precedente, dall'altro teneva a precisare che avrebbe accettato la vendita a trattativa privata con quella stessa somma, solo nel caso di un'ulteriore gara deserta. Il punto oscuro, come si può notare ancora oggi, fu dato dal modo, a dir poco singolare, di procedere delle cordate minervinesi che si fecero concorrenza in una maniera anomala.

Con le firme del Presidente Saverio Ianiro, dei Consiglieri Carmine Sciullo e Vincenzo d'Andrea, del Segretario C. Castiglione, l'atto della deliberazione, regolarmente pubblicato all'albo pretorio del Comune di Capracotta, nel giorno di domenica 6 marzo 1921 senza opposizioni. fu concluso. Lo stesso fu approvato dalla Commissione Provinciale di Beneficenza del 8 aprile 1921 a Campobasso nonché in data 12 aprile 1921 dal Prefetto Presidente Manodosi. Seguirono infine, tutte le firme di rito, del Presidente Saverio Ianiro e Giangregorio Carnevale, quelle di Grazia Giorgio, Leone Angelo, Tricarico Filippo, Bevilacqua Riccardo: Di Rienzo Carmine e Francesco Villani testimoni e fidefacienti, Michelangelo Di Bona fu Giuseppe notaio residente in Minervino Murge.

Si arrivò così, e non senza colpi di scena, alla terza ed ultima deliberazione del 26 agosto che recitava: "Oggetto: vendita della tenuta Boscodapiedi o Treiacci a trattativa privata F.to Saverio Ianiro".

La Congregazione, composta dai signori Ianiro Saverio presidente, d'Andrea Vincenzo, Ianiro Oreste, Grotta Michele e Sciullo Carmine componenti con l'assistenza del segretario. Il presidente esponeva che la deliberazione della Congrega del 5 marzo 1921, approvata dalla Commissione provinciale di beneficenza, l'8 aprile successivo, stabiliva di vendere per il prezzo di £ 33.000, alla Cooperativa di Lavoro di Minervino, la tenuta Boscodapiedi o Treiacci a trattativa privata nel caso che gli incanti fossero andati deserti. Verificatasi ancora una volta la diserzione delle aste la cooperativa venne invitata a concludere il contratto. Questa offrì in pagamento le carte del Credito fondiario, ma il Sig. Prefetto, all'uopo informato ritenne che le dette cartelle non potevano essere accettate. La pratica non poteva essere chiusa.

Nel frattempo i 33 contadini di Minervino, fra cui Augelli Vito, Tiani Vincenzo, Delfini Nicola, Carbone Nicola, Tricarico Loreto ed altri, quelli che in un primo momento avevano offerto per la compra £ 31.000, successivamente chiesero di voler comprare la tenuta per £ 33.000.

La Congrega, già autorizzata alla vendita per £ 33.000, avrebbe potuto senz'altro addivenire al contratto con persone diverse da quelle offerenti ma poi assenti, perché non vi era modificata alcuna condizione. Tuttavia, per maggior regolarità rispetto ai compratori, il sodalizio di carità fu dell'avviso di rinnovare l'autorizzazione e, senza apportare alcuna modifica delle condizioni già approvate per la vendita, con voti unanimi deliberò di vendere, mediante contratto a trattativa privata ai signori Augelli, Tiani, Delfini, Carbone, Tricarico ed altri di Minervino la tenuta Boscodapiedi o Treiacci per la somma di £ 33.000 da reimpiegare contemporaneamente in acquisti di rendita del Prestito Nazionale. La stessa autorizzò il Presidente a stipulare il contratto, non solo verso i coloni di Minervino in numero maggiore o minore di quelli riportati nella domanda, ma anche verso altri possibili compratori che si fossero aggiunti, promuovendo fra di loro una gara nel caso di parità di offerte.

Con tutte le firme di rito, cioè Saverio Ianiro presidente, i componenti D'Andrea Vincenzo, Ianiro Oreste, Trotta Michele, Sciullo Carmine, il segretario C. Castiglione, l'atto fu chiuso e affisso all'albo pretorio del Comune di Capracotta il 28 agosto 1921 senza opposizioni. Seguirono le firme dei rappresentanti degli acquirenti Grazia Giorgio, Leone Angelo, Tricarico Filippo, Bevilacqua Riccardo; poi quelle dei testimoni fidefacenti Di Rienzo Carmine e Francesco Villani e quella del notaio Michelangelo Di Bona fu Giuseppe residente in Minervino Murge.

Infine l'atto, corredato da due certificati, uno di conformità cui era allegata la pianta topografica, fu rilasciato a Biagio Carbone fu Francesco, il 31 dicembre 1921 in Minervino Murge. L'altro, firmato dal notaio Filippo Falconi fu Agostino di Capracotta, conteneva la presentazione, da parte di Ianiro Saverio figlio del possidente Sebastiano, nato, domiciliato e residente in Capracotta, nella sua qualità di Presidente della Congregazione di Carità dello stesso paese legalmente costituita, di un titolo di Rendite del gran libro del Debito Pubblico del Regno d'Italia consolidato 5% avente il nr. 250960 per la rendita annua di £ 2.140 intestato a favore dell'Ente Morale Congregazione di Carità di Capracotta, con decorrenza dal 1 gennaio 1922, cui corrispondeva un capitale nominale di £ 42.800, acquistata per mezzo della Banca di Capracotta verso la Succursale della Banca d’Italia di Campobasso con la somma di £ 33.000 ricavate dalla vendita della Tenuta Boscodapiedi o Treiacci, in agro di Minervino Murge, quale vendita venne fatta con atto del notaio Michelangelo Di Bona di Minervino del 30 ottobre 1921. Unita ai due certificati era presente la lettera del Direttore della Banca d'Italia di Campobasso da cui risultava che «in relazione alle stimate vostre dei 6 e 11 novembre u. s. pregiomi compiegarvi l'unito certificato di rendita consolidato 5% n. 250960 di £ 2.140 di rendita annue a favore di Codesta Congregazione Carità, certificato che ci è pervenuto solo ora dalla Direzione Generale del Debito Pubblico. Di questa mia voglia informare il Sig. Notaio di Minervino Murge Sig. Michelangelo Di Bona». La firma del direttore Mattoli è resa legale dal notaio Filippo Falconi a Capracotta il 26 gennaio 1922 e dal pretore Tartaglia.

Tutta l'operazione fu conclusa con limpidezza e conformità alla volontà della Congregazione di carità Madonna di Loreto di Capracotta. Con tale operazione si completa la vendita dei possedimenti della Congrezione in agro di Minervino, vendita già avviata nel 1735, poi nel 1754, il cui ricavato servì per finanziare la ricostruzione della Chiesa Madre, e nel 1876 con l'altra tenuta di Bosco da Capo. Con l'operazione del 1921 si interrompono i rapporti plurisecolari tra Capracotta e Minervino, tranne che per i pochi rapporti parentali che erano nati.

La Confraternita, essendo proprietaria di bestiame, era iscritta prima alla Dogana di Foggia, divenuta poi Amministrazione del Tavoliere, e come tale era locataria, con tutti gli operatori di Capracotta e Vastogirardi assegnati al territorio di Minervino.

Ma cos'era tale confraternita?

Ci dice Achille Conti che «si trattava di una istituzione laica che ha svolto un ruolo importante per Capracotta, avendo contribuito in maniera fondamentale al mantenimento del clero capracottese, al primo restauro della Chiesa Madre nel '700 e alla istituzione dell'Asilo infantile».

Successivamente ha subito tutta la politica di secolarizzazione dello Stato unitario. Questa politica di secolarizzazione della società italiana divenne ancora più esplicita nel 1867, durante il governo Rattazzi, quando tutti i beni della Chiesa furono espropriati a vantaggio del demanio statale. I beni della Confraternita Santa Maria di Loreto, confluiti nel 1862 nella Congregazione di Carità, rischiarono di andare incontro a questo destino ma, dopo una dura battaglia legale, la Congregazione riuscì a mantenere il proprio patrimonio dimostrando in tribunale che si trattava di un'istituzione puramente laica e che quindi i propri beni non rientravano in quelli della Collegiata di Capracotta e pertanto non erano espropriabili dallo Stato. I beni rimasero quindi della Congregazione di Carità che continuò ad amministrarli in piena autonomia con i propri amministratori laici. Come sottolinea il Campanelli, nel libro "La Chiesa collegiata di Capracotta", fu fondamentale nella ricerca dei documenti atti a dimostrare la laicità dell'istituzione il ruolo svolto dal prelato Filippo Falconi, presidente della Congregazione di Carità.

I beni che erano stati dell'ex Confraternita Santa Maria di Loreto confluiti da ultimo nell'E.C.A. e che fino all'800 avevano rappresentato un cospicuo patrimonio fondiario e immobiliare, nel corso del '900, in seguito a varie vicissitudini che sarebbe opportuno approfondire in maniera più puntuale, si erano ridotti notevolmente e si riducevano ultimamente solo all'amministrazione di alcuni terreni in Capracotta.


Sabino Redavid

 

Note:

(1) In ASB, Sezione di Trani, Titoli notarili, 2290-2702, 1922.

(2) Il fidefaciente è un soggetto fisico, conosciuto personalmente dal notaio, per mezzo del quale il notaio stesso si accerta dell’ identità personale dei comparenti in un atto notarile. Il notaio usa i fidefacienti quando, usati i mezzi ordinari per accertare l’identità personale dei comparenti, ha ancora dubbi in merito. I fidefacienti andavano costituiti in atto con l’indicazione del nome, cognome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, così come prescritto per le parti e i testimoni (art. 51, comma 2, n. 3, L.N.).Essi si costituivano prima o dopo le parti. Era ed è ancora possibile costituire una coppia di fidefacienti per ogni comparente, qualora ciò sia necessario. La funzione di fidefaciente è cumulabile con quella di testimone e di assistente.Vedi www.Officina notarile, I Fidefacienti,da Guido Brotto, ott 24, 2017.

(3) Atto di censuazione del 2 giugno 1819 rogato da Giovanni Di Marino fu Agostino di Napoli. notaio certificato reale aggiunto ai notai certificatori di Napoli per l’ esecuzione del Regio Decreto 18 febbraio 1817 , con facoltà di stipulare, ovunque si trovassero, i contratti per le terre del Tavoliere in conseguenza della Legge 13 gennaio 1917. Molto interessante risulta essere il contenuto di tale atto perché, riportandoci a circa un secolo prima, ci offre uno spaccato relativo all’ epoca della restaurazione del casato dei Borbone a Napoli. Questi non fanno altro che proseguire la politica del decennio francese, a discapito delle promettenti attività zootecniche, della transumanza in primis perché molto consistenti e poi anche quelle locali, a vantaggio dell’ uso agricolo del territorio. Per altro verso è interessante perché fa riferimento ad un atto precedente di Saverio Carugno fu Amicantonio del 20 maggio 1819, che potrebbe darci qualche notizia in più sulla genesi di questa Congregazione di Capracotta e i suoi possedimenti nel territorio di Canosa, Minervino e Montemilone.

(4) Pari a ca. € 32.306,25 attuali secondo il calcolo di www.avvocatoandreani.it. Ogni appezzamento "intero", era di circa ha 1, are 23 e ca 45, cioè 1 versura locale per un corrispettivo di £ 647 e cent 5, cioè € 697 attuali; la metà di circa are 61 e ca 72 veniva venduta a £ 323 e cent 50 per € 348,5. Naturalmente vanno tenuti presenti i vari fattori di rivalutazione. Ricordiamo che 1 carro corrispondeva a 20 versure, 1 versura a e 3 tomoli cioè a 123,45 are quindi a 12.345 m2., 1 tomolo a 2 mezzetti, 1 mezzetta a 2 quarti, 1 quarto a 2 stoppelli, 1 stoppello a 3 misure, 1 canna lineare a 8 palmi, 1 palmo a 26,5 cm. Inoltre 1 tomolo a 15 passi, 1 passo a 7 palmi o 60 passatelli.

(5) Quando l'asta si tiene col metodo della estinzione delle candele, se ne devono accendere tre, una dopo l'altra: se la terza si estingue senza che siano fatte offerte, l'incanto è dichiarato deserto. Così recita il regio decreto n. 827 del 23 maggio 1924. Se invece nell'ardere di una delle tre candele si siano avute offerte, si dovrà accendere la quarta e si proseguirà ad accenderne delle altre sino a che si avranno offerte. Quando una delle candele accese dopo le prime tre si estingue ed è consumata senza che si sia avuta alcuna offerta durante tutto il tempo nel quale rimane accesa, ha effetto l'aggiudicazione a favore dell'ultimo migliore offerente. Se dopo l'accensione e l’estinzione di tre candele che durino ciascuna un minuto non sia stata fatta alcuna offerta, è dichiarato compratore, per il prezzo portato dal bando, il creditore che abbia fatto l'offerta del prezzo secondo l'art. 663. Quando l’incanto è stato aperto sul prezzo di stima e non vi sono state offerte, esso si rinnova con successivi ribassi del prezzo di stima di un decimo almeno (art. 665). Nei quindici giorni successivi alla vendita è ammesso l'aumento del sesto da parte di coloro che abbiano compiuti i depositi indicati nell'art. 672. In questo caso si procede a nuovo incanto, e se in questo non si ha un'offerta maggiore, è dichiarato compratore chi ha fatto l'aumento (art. 682). La procedura dell’incanto è chiusa con la sentenza di vendita (art. 685). Cod. Proc. Civ. in G. Guidi, Esecuzione mobiliareEsecuzione immobiliare, in Enc. giur. italiana, V, 2, Milano 1906.

 

Fonte: https://minervinolive.it/, 9 marzo 2024.

Comments


bottom of page