Quando ci arrivi ti pare di entrare in un mondo diverso da quello che hai sempre immaginato che fosse. Pensavi che a queste latitudini regnasse sempre e solo il sole del Mediterraneo e che qui, la neve, fosse un evento da notizia straordinaria del telegiornale. E invece no, che sorpresa. A Capracotta, nel Molise, il fondo è molto più fondo che in tante blasonate località alpine. E chissà mai perché. Bastano 1.600 metri di quota, una qualche perturbazione e una spruzzata di neve per trasformare queste vallate, aperte come il cuore della gente che vi abita, in elegiaci terreni di caccia nordica. Non certo da ieri Capracotta è terreno fertile per il fondo: qui i primi sci stretti hanno fatto la loro comparsa più di un secolo fa e nel 1914 qualcuno pensò bene di fondare un circolo di scivolatori, lo Sci Club Capracotta appunto. Uno dei più vecchi del Bel Paese. Mai si è spenta la fiamma della passione per lo sci di fondo, nemmeno durante il periodo bellico, quando la neve raggiungeva e a volte superava il primo piano delle case.
Oggi più che mai qui batte il cuore per skating e alternato, per binari e paraffine, e i progetti si concretizzano anno dopo anno, con una buona leva giovanile che deve fare i conti con l'endemico abbandono dei paesi di montagna. Sogni, che prima o poi diventano realtà. A inizio marzo, per esempio, Prato Gentile, lo spettacolare centro fondo poco sopra l'abitato di Capracotta, ha ospitato la penultima tappa della OPA Continental Cup, il circuito sud-continentale, anticamera della Coppa del Mondo. Giorno e notte, notte e giorno a lavorare per raccogliere quel poco di neve che questa stagione ha concesso al Molise, e poi, come se le preghiere del Vespro fossero giunte a destinazione, ecco che in una notte tutto cambia e 60 benedetti centimetri di neve regalano un sorriso a tutti, vecchi e bambini. "Tutti al lavoro, c'è l'Europa che ci guarda" sembra dire il Pistenbully che riposa a bordo pista. E così è.
Sabato le gare in classico con qualche centinaio di spettatori ad applaudire la vittoria di Manuela Henkel. Domenica l'apoteosi, con la tecnica libera e millecinquecento persone a bordo pista, fin dopo le premiazioni, a dare pacche sulle spalle al dominatore, Florian Kostner. Il coach della Francia confida al collega tedesco che valeva la pena fare tutti questi chilometri per ubriacarsi di così tanto entusiasmo, e il teutonico, concorde, gli ricorda anche le gare impeccabili (a volte noi italiani non sappiamo nemmeno quanto siamo bravi). Io vorrei offrir loro un bicchiere di vino, ma gentilmente rifiutano, pare che ne abbiano bevuto troppo: "Difficile resistere!".
I reciproci complimenti vengono interrotti dalla sirena del Clipper, lo spazzaneve americano che gli immigrati di Capracotta nello stato di New York regalarono negli anni '50 al loro paese d'origine. La sera prima il gioiello yankee aveva fatto bella mostra di sé alla cerimonia di inaugurazione. Un pezzo di storia, come quella che hanno scritto questi uomini e donne, chi in veste di organizzatore chi di agonista, tutti comunque fondisti, che hanno fatto grande ancora una volta Carpacotta, dopo l'epica edizione dei tricolori del 1997. Ora la voira, il vento che soffia tra queste cime, spinge i progetti fino al centenario: secondo voi nel 2014 cosa sarebbe giusto che ospitasse Capracotta? Pensare alla Coppa del Mondo è inammissibile? Io non ci giurerei.
Carlo Brena
Fonte: C. Brena, Sulla Coppa libra la voira, in «SciFondo», XXX:185, Bergamo, marzo-aprile 2008.