Oh come t'inganni
se pensi che gl'anni
non han da finire:
bisogna morire...
La croce astile - lo dice l'aggettivo stesso - è una croce simile a quella da altare ma che, al posto del basamento, è fissata a un'asta decorata o dipinta piuttosto alta, funzionale ai riti di processione. La più antica croce astile del Molise è forse quella di Castel del Giudice, come suppone Franco Valente in un suo bell'articolo, il che la rende davvero interessante sotto diversi aspetti teologici.
Ma va detto che a Capracotta ne conserviamo una che, francamente, non è niente male. Realizzata in argento fuso cesellato nella prima metà del '700, forse in concomitanza con la consacrazione della nuova Chiesa Madre, la croce astile di Capracotta è un gioiello di fede e artigianato. Accanto ai motivi tradizionali del corpo esanime e crocifisso di Cristo vi sono infatti alcuni dettagli pregni di significato, a partire dal simbolo del teschio con le tibie incrociate presente al di sotto del Nazzareno. Interessanti poi le quattro figure che riposano sul nodo della croce. A destra e a sinistra Sebastiano Trotta riconosce due putti che, sebbene nell'iconografia barocca non sottostiano a regole precise, portano uno l'arco e l'altro il bastone, simboli del martirio del nostro Santo patrono. Sul fronte e sul retro della croce stanno infatti altre due figure che corrispondono alla Madonna Assunta e a san Sebastiano morente, trafitto dalle frecce.
Oltre a rappresentare la capracottesità, questa croce raffigura verticalmente il calvario, la morte e la resurrezione di Nostro Signore, i tre momenti fondamentali che fanno del cristianesimo la religione che è, così nuova e blasfema rispetto all'ebraismo, così chiara ed ottenibile rispetto all'islam, così santa e miracolosa rispetto alle dottrine orientali. Ma vi è un dettaglio a rendere ancor più originale questo oggetto d'arte religiosa, ed è l'incisione di un volto caprino sul retro della croce, forse in omaggio al clero che ne aveva commissionato la realizzazione. A differenza della capra giuliva incisa sulla ottocentesca custodia delle ampolline (qui), sulla croce d'argento la capra di Capracotta è austera, squadrata, tanto che, più che una capretta, pare un ariete!
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
R. Guénon, Il Re del Mondo, Adelphi, Milano 1977;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
E. Severino, Legge e caso, Adelphi, Milano 1979;
M. Sgalambro, Dialogo teologico, Adelphi, Milano 1993.