Quando si decide di sottoporre ad analisi la storia e la cultura di una piccola grande comunità come quella di Capracotta, è giusto e formativo ascoltare le critiche, perché si è costretti ad approfondire il tema per difendere le proprie tesi. Altre volte, però, si subiscono dei veri e propri attacchi personali, figli di assurdi ed arroganti convincimenti, duri a morire, ed è ciò ch'è capitato a me alcune settimane addietro per una storia che, a mio avviso, sarebbe terminata ancor prima di cominciare.
Il malinteso - chiamiamolo così per quieto vivere - è nato allorché mi è stato sottoposto un quesito: come mai su molti portoni di via Roma sono affisse delle piccole croci in legno? Qual è il loro significato?
Dopo aver verificato i riferimenti bibliografici sulla questione ed aver ascoltato persone di profonda e genuina cultura paesana (due sacerdoti e un falegname), la mia risposta è stata ed è tuttora univoca: in passato quelle piccole croci in legno di palma venivano consegnate dal parroco durante le rogazioni, ossia durante la processione propiziatoria che si svolgeva dopo Pasqua, il 25 aprile, e che aveva per fine quello di benedire le seminagioni.
Bisogna infatti sapere che fino alla prima metà del '900 si svolgeva a Capracotta la Via Crucis, che attraversava ogni rione del paese, toccando alcune delle croci stazionarie sparse per l'abitato, dalla Chiesa Madre al Santuario della Madonna di Loreto, fino al Calvario. Durante il periodo delle rogazioni non mancavano le preghiere e le litanie, per cui quelle piccole croci rientrano a pieno titolo nella tradizione meridionale legata alla Pasqua cattolica, che presso il popolo minuto potrebbe aver dato vita ad una quache forma di superstizione legata ai riti propiziatori dell'acqua. Persino sull'uscio della mia abitazione di via San Sebastiano è tuttora presente una di queste piccole croci.
Ovviamente c'è chi non è d'accordo con questa interpretazione, sostenendo che attaccare le croci in legno alla porta di casa fosse un rito pagano per scacciare le streghe (come le cruci d'azona siciliane), il che potrebbe essere pure una credenza legittima se non fosse che quelle crocette stavano anche e soprattutto sui portoni delle nostre chiese. Ma allora chiedo: è credibile che il clero abbia ceduto alla superstizione popolare andando a profanare gli ingressi delle chiese con amuleti e talismani? E perché quelle croci in legno sono pressoché di identica fattura, come provenienti da un solo fornitore?
Per rispondere a queste domande non ci si può basare soltanto sulla vox populi, come se questa fosse la voce tonante di Dio. È proprio questo atteggiamento di ignoranza e protervia che ha dato vita alle streghe e che poi le ha messe al rogo. A buon intenditor poche parole.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
E. Giancristofaro, Totemàjje. Viaggio nella cultura popolare abruzzese, Carabba, Lanciano 1978;
L. M. Lombardi Satriani, Santi, streghe e diavoli. Il patrimonio delle tradizioni popolari nella società meridionale e in Sardegna, Sansoni, Firenze 1971;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.