Asseverasi che Chiavone abbia dato alle fiamme Rivisundoli e multati molti proprietarii liberali di Capracotta. Il giorno 13 i chiavonisti stavano accampati al Piano di Cinque Miglia e dintorni, quando furono attaccati dal generale Chiabrera; ma essi reputarono conveniente di non accettare il combattimento e quindi si ritirarono alle montagne, ove le truppe non ardirono di assalirli. In quello stesso giorno Chiavone minacciò il presidio di Roccaraso; e una parte della sua banda s'impadronì di Pietrascura. Il 14 il generale Cadorna fece ricognizioni sulla Maiella, in cui uccise 4 individui che si credono reazionari; poi si ricongiunse col generale Chiabrera nel Piano di Cinque Miglia, nel tempo stesso in cui Chiavone presentatosi a Gamberale, paese nel distretto di Lanciano, venivane respinto dalla guarnigione piuttosto numerosa che vi ha stanza.
Chiavone con un corpo di reazionarii che si fa sorpassare il numero di 400, dopo di avere cimentato le sue truppe a Casteldisangro, si aggira nel Piano di Cinque Miglia donde minaccia d'invadere questo e quel paese; ed il governo piemontese ha ordinato ai suoi generali di accerchiarlo e di batterlo. A raggiungere questo scopo sono partite truppe da Solmona, da Avezzano e Palena, ed altre sono partite da Napoli, da Isernia e da Chieti. Il generale Chiabrera mosse da quest'ultima città alla testa di alcuni distaccamenti, ed il generale Cadorna, che ha il comando in capo, partì subito da Aquila per dare battaglia ai reazionarii. Il 16 vi fu uno scontro fra le truppe e i chiavonisti, secondo i giornali di Napoli i reazionarii ebbero la peggio.
Parecchie provincie del napoletano sono spettatrici dal rinvigorirsi delle comitive reazionarie e degli scontri che esse con incessante accanimento sostengono colle truppe. Così Crocco, Caruso, Ninco-Nanco, Pilone, Tristany, Sambro, Bochicchio ed altri vengono dagli odierni giornali ricordati pe' conflitti in cui ora ottengono dei vantaggi, e ora delle perdite.
Domenico Venturini
Fonte: D. Venturini, Cronaca napolitana, in «Il Vero Amico del Popolo», XIV:70, Roma, 21 giugno 1862.