Dopo aver pubblicato due articoli sulla cronaca nera dei decenni 1900-1909 e 1910-1919, mi accingo a chiudere il quadro generale dei delitti perpetrati prima dell'avvento della Repubblica nel nostro Comune, giungendo all'aprile 1936, quando l'"Eco del Sannio" - fonte primaria di questa ricerca - riportò l'ultimo fatto di cronaca nera capracottese prima di chiudere i battenti nel 1945. A differenza delle scorse volte, illustrerò i 10 fatti in ordine cronologico, mantenendo intatta la volontà di omettere il cognome delle vittime di crimini particolarmente esecrabili.
Il primo delitto perpetrato in quel sedicennio avvenne il 2 luglio 1920, quando alle 8 di mattina il diciannovenne Michele Carnevale, di Francesco, tentò di violentare la giovanissima Maria. Grazie a Dio venne prontamente denunciato alle autorità competenti ma va ricordato che soltanto a partire dalla legge n. 66 del 15 febbraio 1996 si affermerà il principio secondo cui lo stupro è un crimine contro la persona e non contro la morale pubblica. Questo mi fa pensare che il Carnevale fu semplicemente ammonito dai Carabinieri Reali di Capracotta e non trascorse nemmeno una notte in gattabuia.
Il secondo fatto di cronaca nera è del 4 settembre 1921, quando a mezzogiorno, «per cause non ancora assodate», si sviluppò un grande incendio «nella gran massa di bighe di grano vicino alla trebbiatrice elettrica». Le fiamme assunsero proporzioni tali che nessuno riuscì a placare quella furia devastatrice, tanto che il settantaduenne Mario Venditti, cercando di salvare il proprio raccolto, riportò ustioni in diverse parti del corpo, «guaribili in 40 giorni». I Carabinieri, che tentarono in ogni modo di spegnere l'incendio, si meritarono comunque gli elogi della popolazione e delle autorità civili, le quali constatarono che i danni ammontavano a 325.000 £ (circa 310.000 € di oggi), per cui si chiese al governo nazionale e ai privati di «venire in aiuto dei danneggiati miseri».
Un terzo delitto finito sulle pagine di giornale è quello del 15 luglio 1929, allorquando i nostri militari denunciarono Angelo Di Lando, Domenico Battista e Giovanni Battista «per furto aggravato in danno di Di Nucci Amicantonio di Pietro». Sempre nell'estate del 1929, precisamente il 10 agosto, i Carabinieri denunciarono Prospero Capussi per tentato stupro verso la giovane Rachele, mentre il 19 agosto Francesco ed Antonio Marcovecchio furono denunciati «per furto qualificato continuato in danno di Di Rienzo Ermanno».
L'anno seguente, il 2 marzo 1930, avvenne una «raccapricciante disgrazia»: quel giorno, infatti, alcuni scolari erano andati a «far chiasso sul Poggio dei Grilli» - lì dove oggi sorge la villa comunale di Capracotta - ed uno di loro «volle dar prova delle sue abilità a slittare sulla neve gelata; ma per poco non precipitò nel burrone». Il Poggio, infatti, non aveva allora le inferriate odierne e si presentava come un vero e proprio colle a dirupo sulla valle del Sangro. Con generoso slancio il «balilla» dodicenne Remigio Carnevale tentò di aiutare il compagno ma scivolò a sua volta «e non riuscendo a trattenersi [...] precipitò nel baratro per ottanta metri, arrossando il candore del ghiaccio con una tragica scia». Il giorno successivo - avvertì il cronista dell'"Eco del Sannio" - la Capracotta fascista gli rese i funerali d'onore. Va detto che il gesto di Remigio finì sui quaderni italiani dell'azienda grafica Pizzi & Pizio dedicati alle «Giovinezze eroiche».
Nel marzo 1931 i Carabineri Reali procedettero ad arrestare Alfredo Di Ianni, di anni 31, «per esecuzione di mandato di cattura spiccatogli dal Pretore di Isernia», ma non si conoscono i motivi dell'arresto.
Il settimo delitto è datato 10 giugno 1934, quando un fulmine si abbatté sulla casa rurale di Pasqualino Conti e ne provocò l'incendio. All'opera di spegnimento accorsero molti volenterosi e, mentre tutti facevano del proprio meglio, un carabiniere pensò di incitare Giustino Di Lorenzo, che se ne stava «a fare il semplice spettatore, a prestare la sua opera che il momento richiedeva». Questi, però, si rifiutò categoricamente, per cui venne «invitato a favorire in caserma, onde poter sapere i veri motivi del rifiuto». Nel mentre sopraggiunse Antonio Di Lorenzo, che pretese il rilascio di suo fratello Giustino, il che causò un parapiglia coi militari. Alla fine della storia i fratelli Di Lorenzo vennero dichiarati in contravvenzione «per il rifiuto di prestare la propria opera» e furono pure tratti in arresto «per oltraggio ad un pubblico ufficiale». I danni dell'incendio furono invece stimati in 6.000 £ (circa 7.000 € attuali).
Nell'estate del 1934, invece, si registrarono un paio di furti in paese. Il 25 luglio Cesare Mosca non ritrovò la mula che aveva lasciato a pascolare liberamente alla Guardata. La Benemerita, dopo accurate indagini, ricostruì la vicenda e arrestò i malfattori: Edmondo Paglione, figlio «di ignoti», nel recarsi alla fiera di Torricella Peligna, aveva infatti chiesto a Giacomo Rosa e Pietro D'Amico, entrambi di Quadri, di custodirgli, dietro lauto compenso, una mula. Ai due il Paglione aveva detto di essere di Pescopennataro, tuttavia i cittadini quadresi non accettarono l'offerta, il che comunque non precluse a Edmondo la vendita dell'equino a un certo Giuseppe Amoroso di Lama dei Peligni. Quando il fatto fu scoperto, «venne intimato il fermo della mula rubata». Il 2 agosto 1934, invece, il falegname Celestino Monaco, di anni 36, avendo lasciato il proprio orologio d'argento Longines appeso ad un chiodo in una casa in cui stava lavorando, non lo trovò più al suo ritorno. Le indagini dei Carabinieri stabilirono che gli autori del furto rispondevano ai nomi di Giuseppe Potena ed Innocenzo Marinelli.
Il penultimo fatto di cronaca nera risale al 21 giugo 1935, quando l'orefice agnonese Vittorino Busico, di anni 38, fu dichiarato in contravvenzione «per esercizio abusivo sulla disciplina del commercio, perché sprovvisto di regolare licenza».
Il periodo preso in esame terminò con un assassinio. Il cronista dell'"Eco del Sannio" esordì scrivendo che «questa cittadinanza è sempre sotto l'impressione e la costernazione della brutta fine fatta dall'egregio concittadino sig. Pasquale Ianiro fu Remigio, ucciso, giorni fa, a Termoli, ove risiedeva, con un colpo di bastone in testa, tiratogli da un capraio, certo Di Palma. Costui avrebbe commesso la vile aggressione in seguito al risentimento dello Ianiro per l'esercizio abusivo di pascolo a suo danno, da parte del prepotente capraio. Commesso il delitto, per simularlo, il Di Palma ruzzolò il cadavere per un pendio».
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXVII:5, Agnone, 5 agosto 1920;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXVIII:8, Agnone, 28 settembre 1921;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXXVI:9, Agnone, 18 agosto 1929;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXXVI:10, Agnone, 15 settembre 1929;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXXVII:3, Agnone, 26 marzo 1930;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XXXVIII:2, Agnone, 10 marzo 1931;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XLI:5-6, Agnone, 25 giugno 1934;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XLI:8, Agnone, 31 agosto 1934;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XLII:6, Agnone, 11 luglio 1935;
Echi molisani, in «Eco del Sannio», XLIII:3, Agnone, 3 aprile 1936;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017.