Napoli, 27 gennaio, notte.
«Ieri sera alle 18:30 al chilometro 93,558 fra le stazioni di Vasto Girardi e Carovilli il treno 1783, per un franamento del terreno, ha deviato e le due ultime vetture di terza classe sono state rovesciate nel sottostante vallone. Vi sono quattro morti - due ferrovieri, un carabinieri e un giovanotto non ancora identificato - e dieci feriti, tutti leggermente. Il pretore del mandamento di Carovilli si è recato sul luogo per le constatazioni di legge».
Questo il laconico annunzio ufficiale dato oggi alle 16:30 dalla Stefani. Da Sulmona giungono intanto i seguenti particolari.
La linea Sulmona-Casarino-Caianello è la più alta dell'Italia centrale perché raggiunge, al piano della stazione di Roccaraso, metri 1.230 sul livello del mare.
Da Sulmona a Sant'Ilario di Sangro la linea è costruita quasi interamente su viadotti di una grande arditezza e per alcuni tratti presenta dei grandi pericoli di curve e di precipizii. Specialmente il tratto da Pettorano sul Gizio a Palena è pericolosissimo e i treni, specialmente nella stagione invernale con la locomotiva armata di robusti spazzaneve, procedono a velocità ridotta.
Il disastro avvenne a circa 90 chilometri da Sulmona fra la stazione di San Pietro Avellana, a dieci chilometri da Castel di Sangro, e quella di Vasto Girardi e precisamente al primo disco di questa stazione.
Il treno 1783 era partito ieri in perfetto orario dalla stazione di Sulmona alle 14 diretto a Caianello. Era formato di otto carrozze, compreso il bagagliaio e la vettura postale, e trainato da una macchina di vecchio modello in uso su questa linea.
Il viaggio era proseguito regolarmente attraverso il paesaggio solenne e nevoso sul piano di Pescocostanzo e il treno aveva raggiunto la stazione di Castel di Sangro con la prudente e consueta lentezza.
Le tre vetture di terza classe erano abbastanza affollate di popolani. In una carrozza c'erano pure parecchie balie di Intro d'Acqua coi bambini lattanti. Esse vennero salvate.
Alle 18:30 il piccolo treno fischiò e rallentò. Aveva superato il disco della stazione di Vasto Girardi.
A un tratto i vagoni furono violentemente sbattuti gli uni contro gli altri. Il treno si fermò quasi improvvisamente. La macchina era deviata per uno slittamento sul binario coperto di nevischio e aveva urtato contro il parapetto del ponte. Se la velocità fosse stata maggiore sarebbe caduta nel vuoto trascinando tutto il treno.
Per l'urto formidabile le due ultime vetture di terza classe si rovesciarono sulla sottostante scarpata. La penultima andava in frantumi rimanendo sul binario. Fu un momento di spavento e di confusione.
Dalla vicinissima stazione di Vasto Girardi accorsero il capostazione e il personale di servizio, i quali procedettero subito all'apertura delle carrozze ed a soccorrere i feriti che furono su lettighe improvvisate trasportati alla stazione, e depositati nella sala d'aspetto e nell'ufficio del capostazione.
I feriti dei quali non si conoscono ancora i nomi, sono una decina.
I morti sono un carabiniere che da Sulmona andava a Isernia, un giovane di cui si ignora l'identità, due frenatori fuori servizio che venivano da Sulmona a Isernia, certi Galassini Ruggero di Roma e Ferretti Carlo di Anagni. Tutti e quattro si trovavano nella penultima vettura di terza classe. Furono ritrovati orribilmente sfracellati. I due frenatori furono trovati abbracciati, stretti nello spasimo di morte.
I feriti sono quasi tutti contadini che emigravano in America. Per fortuna si tratta di lievi ferite.
Nell'unica vettura mista di prima e seconda classe viaggiavano il colonnello cav. Antonio Ricciardi e il tenente Arturo Salvi. I due ufficiali rimasero miracolosamente incolumi, poiché la vettura in cui essi viaggiavano si trovò schiacciata fra le forze opposte dei primi carrozzoni arrestatisi bruscamente e delle due vetture di coda rovesciate.
Parecchi dei feriti - di cui due sono ferrovieri - giunsero ieri sera stessa a tarda ora a Sulmona. Uno dei ferrovieri feriti ha le costole rotte; però le sue condizioni non sono gravi.
Venne operato il trasbordo dei soli viaggiatori, i quali in un treno speciale procedettero per Caianello.
Fu aperta una inchiesta per ricercare le cause del disastro, che avrebbe potuto essere anche più grave. Secondo coloro che conoscono le condizioni di questa infelicissima linea, l'incidente va attribuito allo stato del binario e alla neve caduta.
Il ministro dei LL. PP., on. Rubini, d'accordo col direttore generale delle ferrovie, ha disposto che l'inchiesta sia affidata al capo del compartimento ing. Don e ai capi divisione ing. Talenti del movimento, ing. Mengoni-Marinelli della trazione, e ing. Steffenini del mantenimento, i quali sono subito partiti pel luogo del disastro.
L'unico viaggiatore giunto a Napoli fra quelli che si trovavano nel treno 1783 precipitato nel burrone presso la stazione di Vastogirardi fu il tenente aiutante maggiore del 39° fanteria, Salvi Arturo. Riuscii a sapere dov'era ed andai a trovarlo stasera. Egli era in letto ancora sotto l'impressione del disastro.
Mi narrò che tornava da Sulmona, dove si era recato a visitare la famiglia, e soggiunse:
Il treno 1783 era partito da Sulmona alle 14:14 ed era composta da una locomotiva, dal bagagliaio, da una vettura mista di prima e seconda classe e da due vetture di terza. La neve cadeva abbondantissima e i binari ne erano coperti per parecchi centimetri, tanto che il treno procedeva con parecchio ritardo, anche a causa del forte vento. Assieme a me vi era il colonnello Ricciardi, comandante il reggimento di fantera a Caserta, e Pasquale Capone, direttore del dazio di Isernia. Nella prima vettura di terza vi erano due ferrovieri, un carabiniere ed un giovanotto; nell'altra un soldato di cavalleria, un bersagliere e dieci contadini abruzzesi emigranti. Alle 19 precise, a circa 800 metri dalla stazione di Vastogirardi, il treno ebbe un brusco movimento, fermandosi poscia di botto. Immediatamente s'udì un enorme fragore di vetri infranti, di legno fracassato e di grida disperate invocanti soccorso. Io ed i miei compagni di viaggio riuscimmo a stento a saltare da un finestrino: ma un orribile spettacolo ci attendeva. Il treno era completamente deragliato e la macchina, che già aveva imboccato il ponte in muratura formante cavalcavia al sottostante vallone profondo 15 metri, giunta a circa metà del ponte, era uscita dalle rotaie e, sfondando il parapetto, si era messa di traverso ostruendo completamente il ponte e restando sospesa nel vuoto colle ruote anteriori. Il bagagliaio e la vettura di prima e seconda classe si erano obliquamente addossati al parapetto; la prima vettura di terza classe, rotti i ganci e capovolta, era precipitata nel vallone frantumandosi completamente, mentre l'ultima vettura, scivolando sulla scarpata, le cadeva accanto anch'essa capovolta. La neve, intanto, continuava a cadere con violenza, mentre l'oscurità più completa rendeva difficilissimo il salvataggio. Io ed i miei compagni, passato il primo momento d'orgasmo, unitici al personale del treno, discendemmo subito per la scarpata onde portare i soccorsi più urgenti ed operare quei salvataggi che fossero possibili. Infatti frantumando i finestrini della quarta vettura riuscimmo, dopo un enorme lavoro, ad estrarre feriti più o meno gravemente i dieci emigranti, fra i quali vi era una donna incinta, ed i due militari che erano quasi incolumi e che si dettero anch'essi all'opera di soccorso pei quattro viaggiatori della prima vettura. I disgraziati, però, sbalzati fuori dalla vettura, nella caduta erano rimasti completamente schiacciati dal carrello precipitato su di essi. Non si poté neanche tentare di estrarli. Il frenatore caduto dal bagagliaio, sebbene gravemente ferito corse alla stazione di Vasto per invocare soccorsi e per far impedire il proseguimento dell'altro treno inverso, che già era giunto in stazione. Dopo circa un'ora giunsero due treni di soccorso uno da Caianello, l'altro da Castel di Sangro, coi medici, gl'ingegneri, l'ispettore ferroviario e il giudice istruttore di Carovilli. I viaggiatori medicati alla meglio e scavalcando la locomotiva, si recarono a piedi fino a Vasto dove, sopra il treno merci, raggiunsero Caianello.
Fonte: Il disastro ferroviario di Vasto Girardi, in «Corriere della Sera», XXXV:28, Milano, 28 gennaio 1910.