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La drammatica "favola" di Capracotta


Capracotta spazzaneve
Il Clipper in largo dei Sartori nel 1990 (foto: N. Mendozzi).

Capracotta 16 dicembre, notte.

Questo paesetto del Molise, il più alto della regione (è a quota 1.421), è al centro d'una singolare storia che, divulgata attraverso gli emigrati negli Stati Uniti, sta divenendo una favola soprattutto nel New Jersey dove è concentrata una "colonia" di capracottesi di oltre Atlantico.

Come in ogni inverno, con le prime tempeste di neve, l'abitato rimane spesso isolato a lungo e, talvolta, con drammatiche conseguenze non tanto per il cibo ed i medicinali, quanto per gli interventi chirurgici che non possono essere ritardati. E, invece, per giungere all'ospedale più vicino, quello di Agnone, vi sono ventidue chilometri con un itinerario molto aspro mentre più facile sarebbe recarsi a Castel di Sangro, pur distante trentacinque chilometri, se non vi fosse, su entrambi i percorsi, la neve che, non rimossa, perdurando il gelo, diventa una barriera.

 

Proteste degli abitanti

A Capracotta una commissione ha l'abitudine di segnare in nero sulle facciate la data e l'altezza raggiunte dalla neve nei varii inverni. Nel '56 la neve giunse a cinque metri. In piazza Stanislao Falconi, sul palazzotto del notaio Michele Conti, vi è il livello del '65: oltre sei metri. In quel periodo il divertimento di molti giovani fu di arrampicarsi sulla massicciata, in cui veniva aperto un sentiero con il piccone e, dopo essersi riscaldate le mani ai globi della luce elettrica, tenere comizi caricaturali sulle promesse delle prossime elezioni.

Questo dell'isolamento di Capracotta, dietro cui è il dramma di centinaia di paesi del Molise, dell'Abruzzo e della Calabria, è infatti un problema aperto da secoli. Nel libro "Il territorio di Capracotta: note, memorie, spigolature" di Luigi Campanelli - stampato nel 1931 - si legge che nel 1909 il presidente del consiglio provinciale di Campobasso, Nicola Falconi, «dopo lunga insistenza e opposizione, ottenne che la spesa per la manutenzione dell'intera rete fra i comuni fosse a carico di quella amministrazione». Nel primo dopoguerra il ministro dei lavori pubblici Umberto Tupini, martellato dalle interpellanze di un parlamentare democristiano del collegio, Remo Sammartino, rispose che il problema non riguardava l'ANAS. Allora i capracottesi documentarono che i tedeschi in ritirata innanzi alle truppe del maresciallo Alexander s'erano impadroniti di un loro spazzaneve e chiesero l'indennizzo. Ma il dicastero del tesoro, tramite il sottosegretariato ai danni di guerra, chiarì che uno spazzaneve non rientrava nell'elenco ufficiale degli oggetti da risarcire. Il governo militare alleato su cui pesava la responsabilità della sopravvivenza della popolazione risolse il problema con aerei che lanciavano soccorsi. E con la seta dei paracadute - bianca, rosa e celeste - molte famiglie confezionarono veli da sposa e corredi per bimbi dove si leggeva "U.S. Army".

Nel dopoguerra venne al paese la signora Eva Dinucci, moglie di un emigrato, Giovanni Paglione. Ritornata a Jersey City informò i compaesani di quanto continuava ad accadere. Fu organizzata allora una sottoscrizione e il sindaco di Jersey City, John V. Kenny, poi nominato cittadino onorario di Capracotta, accettò la presidenza di un comitato, Frank Sinatra cantò per spronare la gente e in tre mesi si raccolsero ventiquattromilaseicento dollari, con i quali si acquistò uno spartineve, chiamato Walter, che fu trasportato con il "treno dell'amicizia" organizzato sin dal '48 da Drew Pearson e caricato sull'Exiria che, quando lasciò l'Hudson, fu salutato da una speciale delegazione (ne faceva parte il sindaco di Nuova York, Vincent Impellitteri). A Napoli l'Exiria fu ricevuto da una folla di autorità fra cui l'ambasciatore degli Stati Uniti James Clement Dunn che, insieme alla moglie Mary, si recò a Capracotta (era il 16 gennaio del '50) con un corteo di lussuose auto nere. Guidava Walter un italo-americano, Armando Gaito, venuto per consegnare di persona lo spartineve "nelle mani" dei concittadini d'origine.

Cominciò così, dal 16 gennaio del '50, il calvario di Capracotta. Quando infatti, partiti gli ospiti, quei montanari si studiarono ben bene il dono, constatarono che avendo esso un'apertura di otto metri su vie larghe al più sei, occorreva almeno smontare i vomeri secondari, cioè farlo funzionare a capacità ridotta ma con pieno, spaventoso consumo - tre quintali di nafta al giorno - oltre l'olio più il costo del guidatore e del suo aiuto e di una massa (anche cento persone) di spalatori che completassero il lavoro dello spartineve, sostituendosi quei manovali alla macchina a turbina che, dopo la rottura del muraglione (operata dallo spartineve), polverizza il ghiaccio.

 

L'assedio dell'inverno

In un paesetto poverissimo dove un tomolo di terra costa trentamila lire ma nessuno lo compra, la spesa dello spartineve è stata per sedici anni un'emorragia di milioni. L'anno scorso, durante il Natale, centinaia di studenti, operai, impiegati venuti per le feste, non potendo rientrare, organizzarono una manifestazione di protesta ma il comune non si piegò: se la prefettura garantisce il rimborso - disse il sindaco Carmine di Ianni - lo spartineve e gli spalatori escono, altrimenti il paese continuerà a rimanere isolato. La prefettura intervenne, il varco fu aperto. «Tutti i comuni dell'Alto Molise, come Pescopennataro, San Pietro Avellano, Vastogirardi e altri, non hanno mai avuto regalato uno spartineve e ottengono dalla provincia, secondo il loro diritto, senza una sola lira di spesa, che sia mantenuto sgombro almeno un tratto delle strade, quando c'è neve alta. Ma dopo il clamore internazionale di quella festa, nel '50, di cui parlarono anche riviste straniere, il nostro diritto è ignorato e una lettera per garantirci il rimborso, scritta dall'amministrazione provinciale in ottobre, non ha ricevuto ancora risposta». Questo osserva il vice-sindaco Vittorino Giuliano, professore di scuola media.

Che accadrà ora che è ricominciato il lungo assedio dell'inverno? La solita guerra di telegrammi, telefonate, disordini, finché si provvederà per un'altra stagione. E ciò perché sedici anni fa gli emigrati di Capracotta ebbero l'idea generosa di alleviare i disagi dei loro compaesani rimasti in Italia.


Crescenzo Guarino

 

Fonte: C. Guarino, Da anni isolato dalla neve un comune del Molise, in «Corriere della Sera», Milano, 17 dicembre 1967.

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