Tra il 1965 e il 1966 fui protagonista di un aneddoto molto curioso e divertente. Avevo allora 11 anni e mi trovavo, come di consuetudine, a trascorrere d'agosto le vacanze estive a Capracotta. Abitando proprio a ridosso della Chiesa di San Giovanni ogni giorno servivo lì la Santa Messa e, da chierichetto, davo una mano a padre Mario Di Ianni. Per questo motivo ogni mattina la mia cara mamma veniva a darmi la sveglia, sollecitandomi così:
– Nicò, àlzate ca già sona la campana. Ajùttate ca sennò fieà tarde alla Messa.
La mia mansione principale era quella di suonare il campanello durante l'offertorio per la consacrazione dell'ostia. Per sottolineare quel momento di grande importanza dovevo infatti suonare un campanellino che avevo in mano. Ma quella fatidica mattina, a mia insaputa, il campanello era sprovvisto di batacchio, cosicché, al momento di scampanellare, ci fu un angoscioso silenzio. Padre Mario, non udendo alcun suono, mi disse sottovoce:
– Nicò, sona re cuambaniéglie!
Al che risposi:
– Nen pozze sunà pecché z'è rutte...
Di nuovo sottovoce il parroco mi implorò:
– Nicò, fa' gnà vuó, ma sòna!
Preso dal panico, non mi scoraggiai, tanto che decisi di imitare il suono del campanello con la bocca:
– Drin drin drin...
Sul volto di padre Mario scorsi un sorriso a stento trattenuto. Alla fine della celebrazione, in sacrestia, il prete mi disse:
– Nicò, me sié fatta ride sopra all'altare!
Di rimando, risposi:
– Padre Mà, e ch'eva fà? Z'era rutte...
Quell'incidente terminò in un riso generale e tornai a casa soddisfatto. Ricordo sempre con allegria questa mia esperienza e ogni volta, al solo pensiero, mi faccio una grassa risata.
Nicola Carnevale