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Un'escursione a Capracotta in Molise (III)


Le Fosse del Campo

Fosse del Campo

Torniamo ora sulla vetta di Monte Campo per studiare un curioso fenomeno.

La piega da cui è formato, il cui asse ha direzione sud-sud-ovest-nord-nord-est, sul versante prospiciente Capracotta, fa un angolo acuto dirigendosi, dalla sommità, verso ovest-est. Seguendo il crinale che sovrasta l'abetaia del versante nord si giunge al varco di Portella Cieca, tra il Monte Campo e il Monte S. Nicola, che funge da passo, molto difficile e quasi abbandonato, tra il versante di Pescopennataro e quello del Verrino. Oltrepassato questo valico ci troviamo al cospetto di un'enorme frattura nella montagna dove si giunge a una serie di abissi spalancati, ben noti in paese col nome di Fosse del Campo. La feritoia principale, lunga oltre 450 metri, segue la direzione del crinale, che allo stesso tempo è quella dell'asse della piega; alla sua destra compaiono fratture parallele più piccole. Questo fatto, non raro nelle regioni piegate, è tuttavia molto difficile da cogliere, come qui; la freschezza della fessura mostra chiaramente che il fenomeno si è verificato di recente.

La larghezza della fessura è raramente superiore al metro e mezzo, mentre la profondità, in alcuni punti, è superiore a 20 m. Devesi però notare che non si può raggiungere da nessuna parte il fondo reale, perché i blocchi caduti sono rimasti sospesi - come incastrati in una tenaglia - ben prima di toccare il fondo e formano una specie di soffitto a metà altezza, oppure, in ogni caso, ricoprono il fondo di uno spessore non trascurabile.

La direzione generale della frattura è ovest-est; la sua apertura è spalancata in ogni punto, tranne che per una lunghezza di circa 80 m. dopo i primi 250 (fig. 6). Questa parte è riconoscibile all'esterno a causa del superficiale abbassamento del terreno a seguito della frattura. Le profondità maggiori che sono riuscito a raggiungere in corda sono quasi all'inizio della rottura, a Portella Cieca, dove son presenti tre pozzi aperti uno sotto l'altro, profondi in totale 20,9 m. ma non si ferma qui. Le altre profondità principali si trovano dopo l'interruzione della frattura, dove ci sono due voragini lunghe rispettivamente 15 e 18 m.

Le fessure parallele sono naturalmente molto più corte di quella principale. La fine della grande fenditura è a circa 300 m. dal Monte S. Nicola. Questa montagna è formata da una piega parallela a quella del Monte Campo, anch'essa fratturata lungo quell'asse e che ripete la stessa serie di terra dell'altro. L'asse della piega, giacente e diretta dapprima sull'asse nord-sud, curva bruscamente in direzione ovest-est non appena si supera la sommità del Monte S. Nicola. Gli scisti argillosi intrappolati tra la piega di S. Nicola e quella del Campo hanno subito ogni sorta di torsioni: si possono vedere, presso la base del Monte San Nicola, nella regione denominata Orto Janiro (non Jannero, come indicato sulla mappa), pieghe di bellissima arenaria, marne e scisti, il cui aspetto è parallelo a quello dei calcari del Monte S. Nicola. La figura 7 mostra una di queste pieghe, il cui arco è ancora conservato.


Monte San Nicola

In questa località si osservano due curiosi fenomeni dovuti al deflusso delle acque. Si tratta, in prima battuta, di una doppia cascatella formata da un ruscello che alimenta solitamente una misera sorgente, ma che, nella stagione delle piogge, acquista un discreto potere erosivo e il cui corso segue la piega ad angolo pressoché retto.

Attualmente la volta della piega, come si vede nel profilo di fig. 8, è formata da uno strato di arenaria abbastanza dura, sormontata da strati di scisto molto morbidi e in parte erosi, in cui è interposto, a poco distanza e sopra, un nuovo strato di arenaria.

Finora l'acqua non è stata in grado di erodere lo strato di arenaria della volta ma ha scavato in profondità gli scisti e ha formato una prima cascata di circa 3 m. di altezza, seguita da un secondo salto di 4 m., determinato dallo strato superiore di arenaria, che serve, per così dire, a sostenere gli scisti intercalati.

Il secondo fenomeno si manifesta poco più lontano, sempre sul prosieguo della piega, e consiste in varie forme di erosione create dai canali che solcano il pendio della montagna. Verso sud, il monte è formato dagli stessi scisti e dalle stesse arenarie quasi verticali, che sono la continuazione della parete orientale della piega. La pendenza della montagna è di circa 40° mentre l'incorporamento degli strati è di quasi 80°: pendenza e incorporamenti si dirigono verso est. I numerosi ruscelli che si formano durante le piogge han determinato la formazione di piccoli solchi la cui inclinazione è inferiore a quella degli strati; questi, di conseguenza, sporgono sotto forma di altrettante creste a forma di V rovesciata e, osservate a una certa distanza, potrebbero essere facilmente prese per vere pieghe degli strati stessi (fig. 9).

Senofonte Squinabol

Così si ripete in piccolo, per ciascuno di questi canali, ciò che avviene su larga scala nello scavo delle valli, quando queste e gli strati hanno la stessa direzione di immersione, e quando gli strati sono più fortemente inclinati del talweg di valle. Ho citato questo fenomeno non tanto per la sua importanza ma perché è difficile trovare riunite, in un'area relativamente piccola, caratteristiche forme di erosione così numerose, così recenti, così chiare.


Senofonte Squinabol

(trad. di Francesco Mendozzi)




 

Fonte: S. Squinabol, Une excursion à Capracotta en Molise: observations de géographie physique sur un territoire mal affermi, in «La Géographie», VIII:1, Société de Géographie, Paris, 15 luglio 1903.

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