La pseudo grotta di San Nicola
Sul versante settentrionale del Monte San Nicola si apre una grotta detta anch'essa di San Nicola, situata a poche centinaia di metri dalla cima. Di questa grotta si parla in modo esagerato in un opuscolo sulla famosa Tavola Osca, in cui è riportata anche l'immagine dell'ingresso. L'autore, che non sembra aver visitato la grotta ma che l'ha descritta sulla base di informazioni, riferisce che era formata da un cumulo di massi ciclopici. Domenico Cremonese dice che questa grotta è infestata e abitata dai diavoli, che secondo la tradizione sono i custodi d'un tesoro. Dà anche una descrizione fantastica della volta della grotta e dei precipizi circostanti; parla di tenebre perpetue e di uccelli notturni. Niente di tutto questo. L'ingresso alla grotta, a quota 1-375 metri, si trova in un punto in cui la montagna scende con un pendio abbastanza ripido, ma senza formare un precipizio, ed è abbastanza facile arrivarci. L'ingresso, un tempo più ampio, è ora parzialmente bloccato da un masso caduto, quindi ci si entra solo strisciando.
Appena entrati ci si accorge subito di essere al cospetto non di una vera grotta scavata dall'acqua ma di un enorme crepaccio nella montagna rimasto spalancato proprio per i blocchi rimasti incastrati tra le due pareti e che sono stretti a tenaglia. Lo stesso fenomeno che abbiamo segnalato a Monte Campo si ripete qui; l'unica differenza è che i crepacci del Campo sono a cielo aperto mentre a S. Nicola le rocce e la terra sgretolata hanno formato un arco sopra il crepaccio, creando una sorta di galleria. Le pareti a strapiombo di questa grotta sono raramente a più di un metro di distanza e in diversi punti il passaggio è anche molto difficile.
La direzione generale di questa galleria mostra che anch'essa è una frattura. Infatti il fianco della montagna ha una direzione ovest-est, e la fenditura, che dapprima va in direzione est-sud-est, prende, dopo i primi 30 m., l'allineamento ovest-est, rimanendo pressoché invariato in direzione 80° nord-est fino al punto estremo che è possibile raggiungere, e tendendo addirittura fino al fianco della montagna, così delimitando completamente un'enorme fetta di roccia distaccata.
Ho anche verificato, a oltre 200 metri dall'ingresso, osservando attentamente il fianco della montagna, la presenza di anfratti che potrebbero ben indicare il punto terminale della grande frattura. Questa farebbe quindi una sorta di curva di cui il lato della montagna ne sarebbe la corda.
Ho detto che in punti come questo è molto difficile passare tra i muri; il fondo della pseudo grotta non presenta grandi difficoltà per i primi 10 o 15 m. ma l'esplorazione diventa poi estremamente pericolosa. Il terreno è disseminato di blocchi di tutte le dimensioni che sono caduti e che tuttora cadono ininterrottamente dal soffitto, formando un selciato la cui pendenza in alcuni punti è superiore al 50%. Inoltre, non appena uno dei blocchi non è più in equilibrio, si verificano molto facilmente le frane. Questo è ciò che mi è successo durante la mia visita. Devo esser rimasto per più d'un quarto d'ora con una gamba intrappolata tra un masso inferiore e un mucchio di rovine che vi si sgretolano sopra, contento di averne ricavato solo piccoli lividi. Sono riuscito a penetrare per circa 90 m. dall'apertura, scendendo 37 m., ovvero a quota 1.338 metri.
Le pareti ancora intatte e fresche, ricoperte qua e là da una debole incrostazione calcarea, dimostrano che la grotta, che è solo una specie di crepaccio, è di origine abbastanza recente e molto probabilmente contemporanea alle Fosse del Campo.
Mi è stato impossibile, a causa delle precauzioni che ho dovuto prendere durante la discesa, raccogliere alcuni insetti sotterranei che ho visto nascondersi sotto i massi e nelle fessure della roccia. Tuttavia, ho riconosciuto Anophthalmus, quindi sarebbe stato molto interessante essere in grado di determinarne la specie.
I presunti Laghi dell'Anitra
Avrei terminato di presentare i principali risultati della mia escursione a Capracotta e il territorio meriterebbe certamente uno studio più completo e soprattutto più ampio; voglio soltanto correggere un altro errore che ho trovato sulle mappe dell'Istituto geografico italiano, che indicano la presenza di due laghetti a nord del guado della Cannavina, tra il Monte Cerro e il Monte San Nicola, che vanno sotto il nome dei Laghi dell'Anitra.
Questi laghi non esistono, come ho potuto convincermi durante un'escursione che ho fatto proprio per studiarli. Ho trovato solo paludi insignificanti formate da un piccolo ruscello che scende dal Monte S. Nicola; queste paludi possono, senza dubbio, espandersi nella stagione delle piogge, ma non sono permanenti e non hanno i confini precisi mostrati sulle mappe. La prova di ciò è che al momento della mia visita si stava lavorando per costruire, proprio sulla presunta ubicazione di questi laghi, una strada statale che presto collegherà il borgo di Pescopennataro a quello di Castiglione Messer Marino.
Senofonte Squinabol
(trad. di Francesco Mendozzi)
Fonte: S. Squinabol, Une excursion à Capracotta en Molise: observations de géographie physique sur un territoire mal affermi, in «La Géographie», VIII:1, Société de Géographie, Paris, 15 luglio 1903.